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I codici a barre su Panorama, è solo l’inizio

05 Marzo 2010

I codici a barre su Panorama, è solo l’inizio

di

Il periodico di Mondadori sperimenta la crossmedialità tra rivista e web, per approfondire i contenuti di alcuni articoli. Breve intervista al publisher Filippo Gramigna

Da Wired me lo aspettavo. Da Panorama, onestamente no. Sto parlando dei QR Codes, quei codici a barre di cui ogni tanto parlo. Visti sul primo numero di Wired ci stavano: tecnologia, crossmedialità… poi sono un po’ spariti dal geek-mensile. Da Panorama (rivista che frequento un po’ meno) invece non mi aspettavo questa incursione nella tecnologia, anche perché ho scoperto che non sono state operazioni spot, di buzz generation, ma sono una costante della rivista; in ogni numero un piccolo contributo di arricchimento crossmediale ad alcuni articoli. La faccenda mi ha stimolato la curiosità e ho approfittato di un’occasione (una collaborazione con Panorama First) per fare un po’ di domande in giro e capire cosa c’era sotto, se c’era un pensiero, e quale.

Così sono andato a chiedere a Filippo Gramigna, publisher dei periodici maschili di Mondadori e l’ho un po’ intervistato. Dato che non sono bravo a prendere appunti e a fare il bravo giornalista, riassumo drasticamente i punti chiave della chiacchierata, che sembrano soddisfare tutte le critiche di noi geek, commentatori digitali, opinionisti virtuali, profeti di sventure terribili per le riviste tradizionali se non si danno una mossa verso un cambio dei modelli editoriali (e anche dei modelli di business, ma questa è una storia più complicata ancora).

Una foto del progetto

Alla mia domanda sul perché questa operazione, Gramigna risponde: «In effetti l’uso dei QR code per Panorama risponde a una strategia editoriale; è il primo passo di un cammino di innovazione, che nasce da un chiaro rendersi conto che la carta stampata deve evolvere per continuare a fare numeri e lettori. L’operazione è attiva già dal mese di dicembre 2009 ed è previsto continui su base regolare, con in media una decina di codici per ogni numero, che portano a contenuti multimediali correlati agli articoli, come foto, immagini, musiche, filmati. E la sperimentazione sta dando risultati interessanti in questa esplorazione del potenziale crossmediale della rivista: se il primo numero ha visto oltre 50.000 accessi a contenuti attraverso i QR codes, oggi siamo in media a 10.000 accessi per ogni numero». Scopro poi che Panorama non è l’unica testata coinvolta nel progetto: «Questa tecnologia è stata estesa anche a Ciak e a Economy, che ha realizzato un sondaggio d’opinione attraverso un codice posto in copertina».

A questi punto mi è stato impossibile trattenermi dall’ ipotizzare che stiano facendo delle belle pensate su come monetizzare questi accessi. «Uno dei modi in cui stiamo lavorando a questo aspetto è quello di coinvolgere gli inserzionisti del giornale nell’uso dei codici, attraverso meccanismi pubblicitari studiati ad hoc». Il fatto che non si tratti di una sperimentazione tocca e fuggi mi sembra poi confermato dal fatto che l’inserimento dei codici è stato integrato nel sistema editoriale, quindi è direttamente il giornalista che crea in autonomia il proprio codice e lo inserisce nell’articolo attraverso i software che usa per scrivere gli articoli. Il senso dell’operazione è comunque, a quanto dichiarato, di portata più ampia: è un’esplorazione delle potenzialità della crossmedialità senza fermarsi al codicillo (invero bruttino, lo si potrebbe rendere più sexy) così come lo vediamo.

Il primo passo sarà quello di arricchire la piattaforma andando a esplorare le declinazioni in ambito di couponing, di concorsi, di geolocalizzazione. L’aspetto più interessante è però che i codici a barre sono solo il primo passo di un percorso di evoluzione tecnologica. E il prossimo passo su tecnologie diverse (non mi è stato rivelato quale, ma ho imparato a gestire la mia curiosità infantile) si vedrà proprio nel numero in edicola questa settimana, per poi estendersi a applicazioni di grande impatto mediatico nei prossimi mesi.

Un inizio?

Per Panorama pare di sì. A questo punto sarà interessante stare a vedere come si muoverà il resto del panorama editoriale, specialmente se questo tipo di applicazioni riusciranno a smuovere tre fattori chiave: il numero dei lettori, il ritorno o l’accesso per la prima volta di lettori non abituali verso la carta e le revenue pubblicitarie. Qui si tratta di esplorare le possibili interazioni tra carta e web che sono state francamente molto trascurate in quella corsa che ha caratterizzato i primi dieci anni del nostro web. Un corsa che ha sempre messo in contrapposizione la carta, il tradizionale contro il digitale, il nuovo; fallendo finora nel costruire significative integrazioni editoriali su piattaforme diverse.

Pur togliendosi il cappello di fronte a siti di eccellenza come quello del New York Times, va rilevato che carta e digitale sembrano percorrere strade parallele, sostitutive e finora ben poco complementari e integrative. Forse si può fare di più. E non mi farebbe schifo se un po’ di innovazione partisse dalle aziende di casa nostra.

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