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Giro, faccio cose, vedo gente

02 Febbraio 2009

Giro, faccio cose, vedo gente

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La famosa frase del film di Nanni Moretti sintetizza bene un'alternativa emergente rispetto alla fruizione passiva e caotico-puntuativa della tv broadcast, un mix di comportamenti mediatici completamente diversi, che dal modello grande fratello (orwelliano) va verso il modello villaggio globale/locale anticipato da Mc Luhan

Per fortuna emerge un comportamento mediatico diverso, se non addirittura opposto, rispetto a quello caotico-puntuativo che ho descritto in un precedente articolo. Accanto o in antitesi con la tv che si accende in salotto o in cucina e si lascia lì continuando a fare le proprie faccende, c’è un mondo articolato e variopinto di altri media: tv satellitare e digitale terrestre, pay tv, business tv, streaming video local e web, tv prosumer di YouTube e simili, i podcast, l’universo dei blog, wiki e social network, l’iPod e i telefoni Mms, i passaparola virali. Quali sono le modalità di comunicazione di questo mondo? Come si emettono i messaggi? Come si ricevono? Che cosa succederà quando queste modalità avranno preso il sopravvento sulla televisione così come la conosciamo ora?

Nel Grande Fratello di Orwell c’è un solo emittente che parla a tutti da una sola rete, e impone lingua, opinioni, modo di pensare e di agire. Tutti devono uniformarsi, perché il Grande Fratello può spiare e controllare ogni persona. Per fortuna, con la liberalizzazione delle emittenti le cose non sono andate proprio così, anche se in Italia ci sono i due blocchi dominanti Rai/Mediaset con tutti gli altri dietro. La fusione fra tv, telefonia e informatica, prevista da Negroponte già nei primi anni ’90, è ormai avvenuta, creando un insieme di linguaggi e di media completamente diversi da quelli precedenti.

La tv induce a una fruizione piuttosto stupida perché agisce in modalità stupida: usa un solo canale per volta, è lineare, verticistica, rigida, un palco da cui gridare, non un ambiente a risorse illimitate in cui interagire. E se c’è una sola persona che parla senza ascoltarmi, io posso solo distrarmi, far finta di ascoltare ma pensare ai fatti miei, o cambiare canale dove c’è un altro che parla senza ascoltarmi. Per accontentare tutti, chi parla deve livellarsi verso il basso – aprire un pacco per vedere che cosa c’è dentro – e ripetere sempre le stesse cose, in modo che i distratti prima o poi ne colgano qualcuna.

La rete, un termine con cui vogliamo significare l’insieme mediatico di internet, web, telefonia multimediale, home, pay e cable tv, televisione e localizzazione satellitare, si serve di canali illimitati e tutti condivisi. In rete avvengono scambi di dati bidirezionali, senza orari, inizio, svolgimento e fine. È topologica e ipertestuale, non temporale e sequenziale. Tutto quello che sta al di fuori della rete si legge in sequenza ed è venduto in un pacchetto con inizio e fine, quello che funziona in rete è non confezionato, non lineare, senza inizio, senza fine, senza svolgimento. Ognuno si fa la sua sequenza personale, si impacchetta da sé il prodotto o il pezzetto di informazione che gli interessa al momento, lo fruisce in tempo reale o lo scarica e lo conserva, se lo tiene per sé o lo condivide con colleghi, amici, perfino con sconosciuti.

Don Tapscott, autore di Wikinomics, dice che per i giovani la tv sta andando sempre più nello sfondo di fronte agli altri media, perché i giovani si orientano verso la scelta e la personalizzazione (choice&customization), e si muovono in un ambiente unico e interattivo di fun/working/learning/playing, ossia divertimento, lavoro, studio, gioco, in cui amano prendere e dare, conoscere e farsi conoscere, sapere e far sapere. Le mie nipotine (11-13 anni) hanno il loro blog personale che condividono con le amiche e gli amici. Ciò significa che quello che per una ragazza era lo strumento più segreto e più intimo, che neanche la mamma poteva guardare, e cioè il proprio diario, ora diventa un blog praticamente pubblico, che si scosta dal diario segreto per diventare lo scambio di confidenze fra amichetti.

In uno sceneggiato tv una ragazza un po’ timida è corteggiata dal bello della scuola. Lei stenta a credere a questa sua fortuna, finché lui la bacia e durante il bacio tira fuori il telefonino e fa una foto. «Che fai?», dice lei. E lui: «Faccio una foto e te la mando, così finalmente ci credi». Per rendere veramente credibile la situazione non basta averla vissuta, va verificata e rivissuta come informazione Mms. Niente di male; anche il diario era (o è ancora?) un modo per rivivere un momento vissuto attraverso informazioni verbali, visive e simboliche.

La tv multimodale dunque non è più broadcast, ma conversazione. Non più rapporto unidirezionale fra un emittente e un ricevente che non si conoscono, ma rapporti pluridirezionali fra soggetti che si conoscono e si scelgono. Ora, se scelgo qualcuno o qualcosa, poi lo sto a sentire, anche perché devo rispondergli, interagire con esso. Ecco dunque un’alternativa molto significativa a quella fruizione della “vecchia” tv distratta e casuale, passiva e “ignorante” (nel senso che ascolto qua e là senza sapere chi parla, che cosa dice e perché). E per fortuna è un comportamento mediatico molto diffuso fra i giovani.

Sempre Tapscott dice che John Fitzgerald Kennedy fu il primo presidente della tv e che Barack Obama è il primo presidente del web. Che sia la vittoria dell’atteggiamento selettivo/personalizzato rispetto a quello caotico/puntuativo della baby boom generation? Che le elezioni dei tempi che verranno ci diano risultati migliori di quelli attuali? Da qualche anno frequento social network come LinkedIn, Neurona>Xing e ora Facebook, che sta vampirizzando tutti gli altri, perché presenta insieme l’aspetto professionale e personale di qualcuno, i suoi orientamenti politici e ideologici, le sue preferenze culturali e ludiche, ed è l’immenso paese globale e locale in cui possiamo incontrare tutti e andare dovunque, ma frequentare le nostre piazzette e i nostri circoli preferiti. È probabile che in futuro Facebook diventi l’unico ambiente di navigazione, eliminando gestore di posta e browser? O ci saranno diversi strumenti ancor più specializzati, come vorrebbe Don Norman?

Quando da ragazzo vivevo a Lanciano, una cittadina abruzzese, nel tardo pomeriggio si usciva a spasso per il corso, e lì si incontravano conoscenti e amici, ragazze da corteggiare, persone con cui parlare della critica della ragion pura o fare un po’ di gossip. In tutti i centri abitati c’era una piazza, una strada, un portico in cui ci si incontrava, si andava al bar e si facevano due chiacchiere. Si potevano fare nuovi incontri, o rivedere vecchi amici che tornavano dopo tanto tempo. Con le grandi città, l’automobile e la televisione tutto questo è finito. Oggi per incontrarsi bisogna prendere appuntamento, e non sempre ciò è possibile con persone che si conoscono appena. Oppure bisogna frequentare ambienti dedicati a un hobby, uno sport, un interesse culturale o sociale, ma anche lì si incontrano solo persone che praticano quello stesso interesse, e si rischia una comunicazione autoreferenziale.

Un ambiente virtuale come Facebook (o anche Linkedin, con i relativi gruppi come Professional People in Urbe o Milan-In) ripropone un corso, una piazza, un bar di paese, o una libreria, un negozio, un circolo culturale, in cui ci si incontra, si fa amicizia, si scambiano opinioni, consigli di acquisto e di lettura, foto, video. In tal modo l’interazione mediatica è tutta diversa da quella della tv broadcast. Io posso guardare la Littizzetto in diretta a Che tempo che fa nell’orario previsto dal palinsesto, oppure posso andare sul sito Rai.it e guardare la clip in streaming, o scaricarmela con un tv-catcher, o ancora guardare il link che mi ha mandato la mia amica Patrizia. Sono modalità differenti, dove l’ultima non solo è la mia scelta di guardare la clip, ma è una mia conversazione con Patrizia, con cui posso commentare la clip. Ma anche tutti gli altri miei amici di Facebook possono partecipare, quindi quella diventa una nostra clip, che abbiamo tolto dal suo contesto broadcast e inserito in un contesto narrowcast personalizzato.

Per ora mi fermo qui. Ci sarebbe ancora tanto da dire. Ma come al solito ne parliamo in un prossimo incontro, nel bar virtuale di Apogeonline.

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