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Gap socioeconomico anche nella didattica online

20 Dicembre 1999

Gap socioeconomico anche nella didattica online

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Anche la didattica online si scontra con il tipico divario socioeconomico tra “have” e “have nots”. Gli studenti che hanno in casa un PC con accesso a Internet traggono maggior …

Anche la didattica online si scontra con il tipico divario socioeconomico tra “have” e “have nots”. Gli studenti che hanno in casa un PC con accesso a Internet traggono maggior giovamento dai corsi sul Web rispetto a quanti devono invece accontentarsi di usare soltanto le postazioni del campus. Uno scenario forse scontato ma per nulla esaltante nella corsa all’accesso universale in atto nelle istituzioni educative degli Stati Uniti. Queste le conclusioni di un apposito studio curato da due ricercatori tramite il cosiddetto WebCT (Worldwide Web Course Tools), che offre a studenti di college la possibilità di migliorare lo spagnolo scritto tramite corsi online.

Nonostante il generale apprezzamento per la notevole flessibilità di questi ultimi, almeno il 20 per cento dei partecipanti ha dimostrato evidenti problemi nel portare a termine i compiti assegnati. Ciò perché si trattava di studenti che ricorrevano soltanto ai computer lab degli istituti, ovvero privi di accesso alle macchine, a Internet e alle ultime versioni dei browser da casa propria. Un gap che, fanno notare gli autori della ricerca in calce alla stessa, va colmato quanto prima. “Se alcuni studenti sono dotati delle attrezzature necessarie e altri invece devono andare al campus di notte o fare la fila per potervi accedere, allora anche i corsi online funzionano come le automobili e i vestiti – strumenti basati sulle differenze di reddito. La questione dell’accesso a Internet impone agli istituti di decidere quali debbano essere gli apparecchi necessari per tutti, fare passi concreti per agevolarne l’acquisto da parte di tutti gli studenti nonché offrire istruzione per l’adeguato utilizzo.”

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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