All’università di Fort Collins, nello Stato americano del Colorado, una professoressa di chimica dei materiali di nome Amy L. Prieto potrebbe passare alla storia quanto i marchi Duracell, Energizer, Varta e analoghi.
Sua è infatti la Prieto Battery, società fondata per commercializzare una scoperta dei suoi laboratori: una nuova batteria che potrebbe rimpiazzare tutte quelle attualmente in uso nei cellulari e nei computer portatili.
Fino a oggi le batterie hanno seguito, in modalità più o meno sofisticate, il principio costruttivo di Alessandro Volta, ovvero una struttura costituita da due elettrodi contrapposti con un elettrolita in mezzo. Se ripeschiamo dalla memoria qualche riminiscenza scolastica, ricordiamo qualcosa che fa scorrere particelle cariche tra due pezzi di metallo da cui, attaccati i fili, si prelevano cariche elettriche. Più o meno è così, anche se i pezzi di metallo sono passati dall’essere zinco e rame ai più sofisticati strati di litio, nichel o quant’altro fa di una batteria una moderna fonte di energia.
La batteria delle caverne
Purtroppo ogni volta che buttiamo una batteria o subiamo lo stress di doverla ricaricare, confermiamo che a fronte di dispositivi insaziabili le fonti di energia portatili sono ancora a uno stadio primitivo. Qualcuno ha provato con l’idrogeno, ma non è facile maneggiarlo e si tratta di dispositivi di notevole dimensione.
L’equivalente di una batteria da cellulare costruita con la nuova tecnologia Prieto è invece un concentrato interessante: si ricarica in cinque minuti per ottenere un’autonomia di dieci ore, non può esplodere o incendiarsi, è facile da costruire perché costituita da un solo pezzo e si utilizzano processi che coinvolgono solamente acqua, senza l’intervento di composti tossici o pericolosi. A differenza delle attuali batterie a stilo, che si chiamano alcaline perché l’elettrolita è imbevuto di pericoloso idrossido di potassio, sostanza che è meglio non incontrare sulla propria pelle e tantomeno negli occhi.
Che l’energia sia una frontiera di ricerca sempre attuale è quindi risaputo ed è naturale che ricada nei progetti dei grandi investitori, quali appunto Intel Capital, finanziaria attenta alle startup emergenti, che ha profuso su Prieto parte del portafoglio di 22 milioni di dollari destinati alle novità.
Purtroppo è invece difficile che a tali forzieri riesca ad accedere il mondo maker, nel quale ci sentiamo d’inserire l’iniziativa Salt, Sustainable Alternative Lighting, che non ha (ancora) ricevuto molti soldi anche perché, come affermano i due fondatori Mijeno (fratello e sorella),
Questo non è un semplice prodotto, ma un movimento sociale.
Con un bicchiere d’acqua e due cucchiai di sale la loro lampada a Led funziona per otto ore. Una manna per i paesi dove la distribuzione di corrente elettrica non esiste: solo nell’arcipelago delle Filippine sono settemila le isole non servite con elettricità. Una presa Usb compresa nel contenitore consente perfino la ricarica dei cellulari, così possibile anche in posti impensabili o costretti a rinunciare alla fornitura di corrente, per esempio dopo un terremoto o un cataclisma naturale.
Come alla professoressa Prieto, intitoleremmo volentieri il nome di una batteria anche ai giovani Mijeno, se non altro per averci regalato queste esperienze tecnologiche. Comunque illuminanti.