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Ecco il voto elettronico stile open source

26 Aprile 2004

Ecco il voto elettronico stile open source

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L'Open Voting Consortium promette di dare una grossa mano -- se non proprio risolvere -- problemi e impicci dei sistemi e-vote made in USA

Negli Stati Uniti da qualche tempo l’e-vote è balzato agli onori della cronaca. O forse meglio, ai disonori: problemi, inghippi e inaffidabilità delle apposite macchine elettroniche. Con annesse ricadute sull’efficacia del sistema elettorale, e per estensione dell’intera struttura democratica. Un panorama tutt’altro che chiaro, dunque, come hanno illustrato in più occasioni esperti ed attivisti, a partire dal libro & blog Black Box Voting, ideato e continuamente aggiornato da Bev Harris. Un contesto nel quale arriva ora un progetto open source che sembra promettere buone nuove: Open Voting Consortium, gruppo di professori e programmatori volontari il cui lavoro è mirato allo “sviluppo di un sistema di votazione tecnicamente ben fatto, sicuro, accurato, poco costoso e uniforme.”

Riassumendo lo scenario attuale (vedi il recente articolo su Wired News), il gran lavoro di un pugno di attivisti ha messo in luce gli impicci dei produttori di macchine per e-voting, i loro continui intrecci con politici di alto rango, e finanche il disinteresse dei tribunali e delle autorità locali. Di pari passo alla puntuale annotazione di dati strampalati quando non fasulli (anche durante recenti elezioni, come il recall per il governatore in California), grossi bachi alla sicurezza, software e hardware inaffidabile, mancanza di verifiche su carta. Dopo le clamorose vicissitudini alle presidenziali 2000 in Florida, sono state introdotte sul territorio nazionale nuove macchine tipo “touch screen” o simili — anche come strumento principe, così si dice, per far risalire i tassi di partecipazione elettorale sempre più in ribasso. Peccato che non abbiano affatto convinto. E oltre a quanto sopra, non mancano i preoccupati rapporti di programmatori ed esperti che evidenziano soprattutto le possibilità d’infrangerne la sicurezza e la mancanza di riscontri cartacei sui singoli voti. Mentre consorzi industriali e finanche appositi disegni di legge parlamentari spingono per la necessità di riformare le attuali disposizioni (e annesse macchine).

In una simile situazione, l’Open Voting Consortium ha presentato pubblicamente in quel di Santa Clara, cuore della Silicon Valley, la prima versione di un apposito sistema al di sopra di ogni sospetto (e frode). “Stiamo cercando di dimostrare come sia possibile fare sistemi sicuri,” ha spiegato Arthur Keller, professore associato di computer science presso la University of California di Santa Cruz. Mentre Alan Dechert, sviluppatore che ha dato avvio all’entità non-profit, aggiunge che il sistema include una ricevuta cartacea, come viene richiesto da molte fonti, e costa meno di ogni altra macchina analoga perché, udite udite, usa hardware di base e software open source. Non solo: essendo quest’ultimo disponibile per qualsiasi revisione pubblica, ciò dovrebbe condurre a una maggiore fiducia del pubblico in generale nelle pratiche di e-vote. Ha spiegato Dechert: “Non siamo favorevoli a un processo pubblico gestito da aziende private che vogliono tenere tutto sotto il segreto commerciale,” come accade tipicamente nel settore sulla base del modello proprietario. Ecco perché i sorgenti del software in questione vengono diffusi su SourceForge.net, noto sito che raccoglie una miriade di progetti di sviluppo open source.

Il prototipo gira su PC di basso costo, contiene funzioni integrate di sicurezza, opera con differenti lingue e metodi di calcolo, e può accomodare votanti con varie difficoltà. Altrettanto importante, il progetto si affida alle donazioni dei singoli (anche via web) e sta cercando di ottenere dei fondi pubblici per la ricerca sui sistemi elettorali. Unica modalità, tra l’altro, per commercializzare al più presto il prototipo messo a punto. in altri termini, finora governi federali e statali hanno stanziato miliardi di dollari per l’acquisto di nuove macchine, lasciando budget irrisori per la ricerca. Al contrario di quanto accaduto invece in altri paesi, quali Australia e Brasile, che hanno spinto con forza l’aperto sviluppo di nuovi sistemi. Nel 2001 l’Australian Capital Territory ha usato per la prima volta uno di tali sistemi basato su software open source. E pur se quello usato di recente in Brasile non è tale, il sistema prodotto è comunque basato su un design creato direttamente dai ricercatori governativi.

La recente presentazione dell’Open Voting Consortium ha ricevuto ottime valutazioni da parte di esperti e testate locali, in particolare un articolo del San Josè Mercury News che definisce l’iniziativa “il sacro grail dei responsabili elettorali.” Dopo aver passato al vaglio l’intero sistema e aver insistito per la necessità di budget statali onde implementare il prototipo a livello commerciale, l’editoriale si chiude in maniera promettente: “L’Open Voting Consortium sembra possedere ciò che serve per ispirare fiducia nel voto elettronico. Non è il caso di attendere oltre per lanciarne sul mercato il sistema.”

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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