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E tu di quale Club sei?

05 Giugno 2000

E tu di quale Club sei?

di

Storia di piccoli gruppi di "navigatori indipendenti"

È da qualche settimana che in Rete gira la parola “club” causando una sana e crescente curiosità tra gli “addetti ai lavori”. Non è la prima volta in verità che un termine apparentemente d’uso comune entra a far parte del vocabolario dei surfer. Così è stato per parole come mailing list, spamming, newsletter, portale o semplicemente Internet Marketing.

È strano e allo stesso tempo affascinante, come la Rete e i suoi abitanti si impossessino di nuovi idiomi e li diffondano spontaneamente trasformandoli così in linguaggio (virtuale) comune. Tanto che qualcuno, ormai da qualche anno, ha sentito la necessità di raccogliere e categorizzare le parole d’uso più frequenti su Internet realizzando dei veri e propri “vocabolari digitali”1. Affronteremo un’altra volta il tema del linguaggio utilizzato nelle comunità virtuali on line, ormai vera e propria disciplina di studio, che ha portato qualcuno a ipotizzare la nascita di forme di “dialetti” telematici.

Come tutti i fenomeni che nascono da un meccanismo di passaparola, anche quello dei club ha sollevato presso molti di noi una turbinio di indiscrezioni sul fenomeno tanto che girando per la rete ogni notte si trovano sempre più portali che offrono la possibilità di costituire queste aree di aggregazione e relazione. Ma di cosa si tratta esattamente? Siamo finiti su Yahoo, storico sito (oggi anche lui definito portale come molti altri suoi coetanei) ideazione di Jerry Yang e David Filo che proprio sembrano non avere perso la vena creativa a vedere da quanti servizi da community offrono.

I due ex-studenti di Stanford sono partiti, come sappiamo, nell’aprile del 1994 da un’idea semplicissima e dirompente, quella di categorizzare i siti web in directory e così hanno costruito il più grande motore di ricerca del mondo (scusate ma a me piace chiamarlo ancora così) tanto che Yahoo per molto tempo è rimasto sinonimo (come dicono gli amici americani) di finding it on the Web. Oggi a distanza di ben sei anni web, paragonabili a 18 anni (“luce”) secondo le nuove e più diffuse teorie economiche digitali, Yerry e David scoprono che quell’idea dirompente è ancora assolutamente valida, solo che al posto di organizzare indirizzi web aiutano persone a organizzarsi tra loro.

E arrivano i club. Essi rappresentano una nuova modalità di “tenere insieme esseri umani”, dai membri di una famiglia, agli amici più cari e fedeli ai colleghi di lavoro più simpatici che condividono interessi momentanei o di lungo respiro come il caso ad esempio dell’uscita di un particolare libro o di un film proveniente da oltreoceano, fino agli appassionati di uno specifico genere musicale o cinematografico. L’elemento di innovazione rispetto alle classiche web communities alla Tripod, Geocities o Lycos, è che i club sono gruppi molto più ristretti di persone che interagiscono tra loro costruendo e arricchendo tutti insieme il loro ambiente di relazione (il sito) piuttosto che incontrandosi in luoghi del cyberspazio creati grazie all’impegno (tipicamente) di uno solo di loro. Se pensiamo a Geocities, storica e forse davvero la prima comunità web spontanea di surfer, dobbiamo per forza immaginarci quartieri che ospitano siti tematici di singoli appartenenti alla comunità. Costoro possono interagire in varie forme, incontrandosi a turno sul sito di uno degli appartenenti per chattare di argomenti di interesse comune oppure creando links tra le pagine dei diversi siti di uno stesso quartiere. Forme più raffinate sono da qualche mese disponibili come nel caso dei cosiddetti web rings, gruppi chiusi di siti che attraverso una sorta di banner ospitato su tutti e solo i siti degli aderenti all’iniziativa, si rimandano l’uno con l’altro.

A differenza di questi esempi citati, nei club è possibile realizzare il comune luogo di incontro senza conoscere neppure una riga di codice HTML, né tantomeno dover affrontare le problematiche di hosting e housing tipiche dei siti web tradizionali. Essendo un club solitamente ospitato all’interno di un portale e rappresentando di fatto un’insieme di pagine dinamiche autogenerate alla richiesta degli utenti, esso rappresenta una forma di aggregazione molto più flessibile e dinamica nonché un ambiente di interazione molto più facile da realizzare. Creare un nuovo club su Internet costa solo pochi minuti di tempo, qualche buona idea e la conoscenza di un gruppo di amici da mettere insieme, intorno a un indirizzo web tutto e solo dedicato appunto ai membri del club. Per fare ciò qualsiasi surfer può decidere di creare un club on line ricorrendo a tools molto semplici e potenti per creare successivamente la propria web community. Per esempio creando all’interno del club delle aree chat, lavagne condivise, album di foto, calendari personalizzati per il gruppo di aderenti, rubriche condivise di contatti, email, news, ecc. Come nelle migliori tradizioni, ogni club ha bisogno di un fondatore e di alcuni soci sostenitori, del consiglio direttivo e del comitato scientifico che approvi tutti i progetti che si intendono sviluppare nelle aree di discussione e di publishing sul web create appositamente per dare sfogo alla voglia delle persone di stare insieme e di “costruire” qualcosa di “unico”.

Fondare un club devo dire è una esperienza emozionante, ma anche partecipare rispondendo all’iniziativa di un amico ha un sacco di vantaggi. Innanzitutto il gruppo è una vera e propria tribù che basa il motivo stesso di stare on line nella convinzione dei poter condividere esperienze interessanti e di poter stare così insieme. Quindi la prima caratteristica del club è che proprio per il suo dimensionamento inizialmente limitato e per le motivazioni stesse della sua fondazione rappresenta un ambiente a forte clima cooperativo. Si comincia di solito a navigare tra i club disponibili e già esistenti, tra vere e proprie root di aggregazioni per temi dominanti di interesse (economia>borsa>ecc.) esattamente come accade in Yahoo.

Una volta trovato il club che interessa si è nominati “visitatori”. In un club, infatti, si possono coprire tre ruoli e solamente uno solo per volta. Il visitatore, il primo ruolo, è di fatto un non-membro che può accedere solo a risorse limitate del club e, come si dice in gergo informatico, solo in lettura. Quando si decide che il club che si sta visitando fa al caso nostro allora è possibile diventarne membri previa ammissione del fondatore che è il vero deus ex machina di tutto il divertimento. Il nuovo membro, una volta preso parte alle cerimonie di accoglienza di rito da parte degli altri, essendo un componente “registrato” del club può di fatto accedere a tutte le aree di interazione già “popolate” dagli altri amici. Una volta membri, poi, Yahoo Club offre la possibilità di poter condividere con gli altri aderenti calendari e message boards, chattare in area riservata del club, inviare e incollare photos all’album “sociale” che potrebbe riportare i ricordi di una vacanza, di una conferenza o di un corso, detenere uno stock portfolio in comune, invitare altre persone mediante meccanismi di email a prendere parte alle attività del club.

Come vedremo in futuro questa particolarissima forma di aggregazione delle communities punta a rappresentare l’ambiente ideale per le cosiddette Virtual Communities of Consumption, cioè le comunità virtuali di consumo di beni e servizi, che in Italia non sono ancora una realtà manifestata. L’ultima e forse più eccitante esperienza che riserva il club in ordine di partecipazione è quella del fondarne uno tutto proprio. Personalmente sono iscritto a due club su Yahoo, uno di cui sono fondatore (Internet Economia) e l’altro di cui sono membro (M395 Stanford S99). Il fondatore ha la possibilità di decidere chi può prendere parte al club e nel caso accada che qualche “presenza” mini la serenità del gruppo,da costringere a richiami privati (sempre secondo la netiquette di ogni buon moderatore di community) o addirittura invogliare il malcapitato membro alle dimissioni spontanee. Il fondatore scrive anche il messaggio di benvenuto e lo statuto delle regole del club, decide il logo da dare al club (meglio se di comune accordo con i membri) e in generale fa le veci di chi deve coordinare e gestire una vera virtual community.
Se non avete ancora provato armatevi di idee e provate a fondarne uno, invitate i vostri amici a parteciparvi, ritroverete l’antico gusto intellettuale di far parte di una forma di socialità aperta e allo stesso tempo premiante… wow !

In Internet, così come in una qualsiasi buona libreria, è possibile trovare diversi testi che fanno “il verso” alla Rete interpretandone i novi idiomi in termini di glossario. Tra i più interessanti mi piace ricordare “Internet Pinocchio e il Gendarme” del sempre illuminante Franco Carlini, “New World New Trends” edito dalla Sansoni addirittura nel 1992 (sottotitolo “le parole nuovissime del Villaggio Globale”), fino al recentissimo e molto interessante “Dizionario dei new media. Internet, multimedia, tv digitale, realtà virtuale, telecomunicazioni, intelligenza artificiale” di Stefania Garassini, 1999.

“Su gentile concessione di Web Marketing Tools

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