I temi sollevati da Irina Raicu su Re/Code nel suo Metamorphosis sono annosi e richiedono attenzione. Mi chiedo se siano sopravvalutati e se sia il caso di adottare, finalmente, almeno un principio di fiducia.
L’articolo racconta una distopia individuale nella quale il protagonista, chiamato Sam Gregorsa per stare dietro al titolo del pezzo, si sveglia dopo una notte di sogni inquieti e cerca il proprio lettore di ebook.
Stava da qualche parte sotto la sua schiena, duro come una corazza. Doveva essersi addormentato durante la lettura ed essergli finito sopra. Lo estrasse, ma non si accese. Invece stese il braccio verso il bordo del cuscino, dove il telefono ronzava. Un messaggio. “La tua biblioteca personale è stata aggiornata. Buon divertimento!”
Il messaggio giunge da Amaizin, poco fantasiosa produttrice del lettore. La quale teneva traccia di quello che Sam leggeva, quando, per quanto tempo. Dei libri che non finiva, o leggeva lentamente al contrario di altri che divorava.
L’aggiornamento della libreria di Sam si rivela un riassunto degli scandali più o meno grandi che hanno investito l’editoria elettronica e i suoi dintorni negli ultimi anni. La sparizione improvvisa di libri di Orwell dai Kindle degli acquirenti; una grottesca sostituzione di termini in una edizione specifica di Guerra e Pace; un poco a sproposito, il regalo non richiesto delle Songs of Innocence degli U2 ai titolari di un account iTunes.
Si intuisce che il finale manifesta inquietudine per l’idea che il fatidico controllo del device sfugga dalle mani del proprietario e la biblioteca personale di ciascuno diventi quella che preferisce la Amaizin di turno. Preoccupazione legittima, ma quanto realistica? I tre episodi citati coprono un lustro. La cancellazione dei libri di Orwell ha portato a questa comunicazione pubblica di Amazon a firma dell’amministratore delegato:
Queste sono scuse per il modo in cui abbiamo trattato su Kindle le copie vendute illegalmente di 1984 e altri romanzi. La nostra “soluzione” al problema è stata stupida, malpensata e dolorosamente fuori linea rispetto ai nostri principî. Ce la siamo inflitta da soli e meritiamo le critiche ricevute. Useremo le cicatrici di questo doloroso errore per prendere future decisioni migliori, che corrispondano alla nostra missione.
Seriamente si pensa che potrà succedere ancora? Il che non esclude la giusta attenzione e riflessione su licenze di utilizzo, diritti di possesso, fair use eccetera. Che davvero vengano messe le mani nelle biblioteche individuali è un timore esagerato, sconfessato dagli avvenimenti.
Altro tema è la profilazione del lettore. Kobo ha recentemente pubblicato il libro bianco (in inglese) L’editoria nel tempo dei Big Data. Fare editoria digitale implica confrontarsi con le sue implicazioni e digitale è sinonimo di numerico. Non sono cose nuove, Ivan Rachieli ne dava conto un anno e mezzo fa su queste pagine.
Se sembra uno scandalo che i nostri pattern di lettura facciano commercialmente gola a una Amazon (pardon, Amaizin), la novità dell’altroieri è la serrata di alcune catene americane di grande distribuzione verso la tecnologia di pagamento di prossimità NFC. I venditori intendono sostituirla con un sistema alternativo, che tagli fuori le carte di credito e permetta maggiore profilazione. NFC è in circolazione da tempo, solo che adesso Apple pubblicizza il proprio sistema come sicuro e privato.
Nessuno imporrà a Sam Gregorsa libri che non vuole leggere. Tutti cercheranno di capire che cosa legge per farlo leggere (e comprare) di più. E questo lo faceva anche il libraio sotto casa.