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Dall’Europa al Brasile, il pinguino promette bene

16 Giugno 2003

Dall’Europa al Brasile, il pinguino promette bene

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Rosee previsioni di IDC per l'ambito server, mentre l'80 per cento della PA brasiliana inizia il passaggio a Linux

I server Linux-based vanno spopolando anche in Europa. Secondo recenti proiezioni di IDC, entro fine anno le vendite raggiungeranno le 182.000 unità, per triplicare nei prossimi anni, fino al raddoppio del volume d’affari da qui al 2007, pari a quasi due miliardi di dollari. Queste le cifre incluse in un white paper (“Linux as a Platform for Business”) che IDC presenter`a ufficialmente nel corso del primo LinuxWorld UK il prossimo 3-4 settembre. Sulla base di queste indicazioni, “nulla potrà fermare Linux”, riporta un articolo della testata online inglese vnunet.com. Aggiunge Martin Hingley, vicepresidente dei sistemi europei presso IDC: “È troppo tardi per strangolarlo alla nascita, pur se potrebbe aversi qualche rallentamento per la soluzione delle questioni legali in sospeso sull’open source. Ma è certo che tali questioni verranno risolte.” Anche in Europa, il settore pubblico si mostra sempre più interessato al pinguino, con la contemporanea penetrazione in cruciali settori industriali quali i servizi finanziari e il commercio al minuto. Durante l’anno in corso Linux ha conquistato fette di mercato già appannaggio di Windows, non soltanto del vecchio Unix. Insistono ancora gli analisti di IDC: “Il trend è dovuto ai singoli utenti; quando c’e’ un rallentamento economico, come è il caso attuale, i rivenditori devono ascoltare le preoccupazioni degli utenti sul livello di spesa.”

Il rapporto, che tiene conto anche dei commenti forniti direttamente da un migliaio di aziende varie, sottolinea i benefici di Linux già segnalati dagli utenti in ambito internazionale: robustezza, scalabilità e capacità gestionali (nell’ordine). Importante anche la “peer review” del codice aperto, motivo cruciale alla base dell’alta affidabilità del prodotto finale, soprattutto se paragonata ai sistemi proprietari come le varianti Unix e ovviamente Windows. Uno dei passaggi della ricerca dichiara tra l’altro: “Le soluzioni Linux vanno migliorando, rendendo possibile prevedere un giorno del prossimo futuro in cui l’infrastruttura basata su Linux adatta alla gran parte delle applicazioni aziendali.” Proseguono dunque le analisi positive per il settore server, che tuttavia non portano necessariamente a posizioni analoghe in ambito desktop. Nonostante oltre un 15 per cento di utenza europea sia alla ricerca di concrete alternative aa Windows, gli analisti sostengono che in questo settore sia troppo presto per fare previsioni serie e che le procedure d’installazione devono chiaramente migliorare, a partire dall’interfaccia grafico delle varie distribuzioni.

Altre buone notizie arrivano dal Brasile: la PA locale prevede di passare a Linux per l’80 per cento delle macchine destinate al settore pubblico. La notizia, ripresa dal quotidiano economico “Valor”, in questi giorni circola online specificando però che al momento è previsto soltanto l’avvio di un progetto pilota limitato ad unico ministero, per essere completata nel giro di tre anni, qualora tutto proceda nel migliore dei modi. Obiettivo centrale di un tale passaggio rimane il risparmio economico come alternativa agli alti costi delle licenze proprietarie, presenti e future. In particolare viene riportata l’opinione di Sergio Amadeu de Silveira, presidente dell’istituto nazionale per l’info-tech: “Non vogliamo procedere a una migrazione ultra-rapida perché la nostra maggiore preoccupazione rimane la sicurezza e la fiducia dei cittadini… ma la maggiore resistenza a qualsiasi cambiamento arriva dall’attuale inerzia culturale del paese.”

La decisione governativa di adottare Linux, aggiunge De Silveira, avrà come essenziale effetto a latere la diffusione del sistema operativo alternativo nell’imprenditoria e tra gli utenti in genere. Oltre a stimolare la produzione di software locale, puntando a una sorta di “democratizzazione dell’accesso alla conoscenza.” Iniziativa a tutto tondo, quindi, che non manca però di suscitare qualche preoccupazioni. Secondo Tony Stanco, direttore dello statunitense Center of Open Source & Government, la decisione di rendere obbligatorio il passaggio a Linux nella PA alla lunga potrebbe rivelarsi controproducente. “È molto meglio per lo stato impostare un campo veramente equo per le policy nella scelta dei sistemi e poi lasciar decidere al mercato,” scrive Stanco. “E se un prodotto non riesce a farcela nel mercato senza il sostegno governativo, la storia ha dimostrato che non ce la farà neppure con il supporto statale.”

In sostanza, si suggerisce alle autorità brasiliane di implementare delle policy finalizzate all’acquisto del miglior software disponibile per le varie esigenze tecniche, sia che si tratti di open source o proprietario. Ovvero: se il Brasile sceglie programmi open source soltanto perché sono tali piuttosto che per le capacità da questi offerte, allora in tempi lunghi saranno proprio i cittadini a soffrirne. “Il Brasile dovrebbe riconsiderare la propria strategia,” conclude l’esperto USA, dichiarandosi comunque convinto della complessiva superiorità dell’open source per l’infrastruttura della PA, ancor meglio puntando alla didattica come ambito ideale per lo sviluppo di “programmi indigeni” e di una efficace cultura dell’open source a livello locale.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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