La scrittura inaugura il linguaggio come noi lo pensiamo, con la sua grammatica rigorosa, la sua semantica definita, la sua sintassi articolata. Con la scrittura nasce il pensiero logico, riflessivo, “scientifico”. E noi, oggi, siamo ancora immersi in quell’onda lunga della scrittura, anche se risulta ormai insidiata da altre modalità comunicative (sonore, iconiche soprattutto) e da altri linguaggi, come pure da nuove forme di scrittura che però non ne cancellano la funzione e la centralità: soltanto ne ridescrivono i confini.
Collocati come siamo, secondo Raffaele Simone, in quella “Terza Fase” che, carica anche di rischi, dà corpo “a un cambiamento di modalità di linguaggio, che sta spostando l’accento da forme strutturate e precise a forme generiche e destrutturate” (Raffaele Simone, La Terza Fase, Laterza, Roma-Bari, 2000, p. xv. x Presentazione), di essa però dobbiamo e possiamo attraversare la realtà e la possibilità ad un tempo.
La realtà del polimorfismo della comunicazione, anche dell’erosione della centralità/unicità della civiltà della scrittura, perfino di una serie di attacchi al pensiero logico-sintattico che è figlio della scrittura stessa. La possibilità di rilanciare la scrittura anche sotto nuove forme, senza vincolarsi al testo scritto della tradizione, come modello unico (a carattere formale; elaborato secondo standard retorici; chiuso in sé e non aperto alla comunicazione/interpretazione), e di riconfermarla così nel Tempo dell’Informatica come un paradigma essenziale del pensiero e dell’agire umano in generale.
La neoscrittura del nostro Postmoderno avrà ancora e più di ieri una precisa funzione formativa: di atteggiare il pensiero in molte forme e di collocarlo, attivamente, in uno spazio sociale che accorda sempre più (e più intimamente) scrittura e comunicazione.
Le diverse frontiere della neoscrittura, il suo stesso valore cognitivo e formativo, le forme del suo uso didattico, le capacità di costruire testi diversi e per l’espressione e per la comunicazione, gli stessi echi psicologici della lettura/scrittura sono i differenti, ma saldamente collegati, temi che Alessandra Anichini affronta con lineare chiarezza e con acuta perspicacia nel presente volume, che si offre sì come uno strumento didattico, di uso scolastico, ma non solo. È anche una riflessione precisa e acuta sul ruolo della scrittura, attuata ripercorrendone ora la storia e la struttura ora le tipologie testuali, per passare poi al testo per immagini e, infine, agli ipertesti.
Cosicché accanto al “manuale” corre un testo riflessivo che ci conduce in pieno nella condizione inedita (storicamente) e problematica della testualità contemporanea. Questa si sa, sì, disseminata in molte forme, indebolita anche dall’esplosione dell’iconico, ma si sa pur sempre capace – e qui sta il “legato” centrale dell’indagine dell’Anichini – di riassorbire in sé la problematicità e le asimmetrie del presente comunicativo e di regolarle ancora con quel dispositivo-scrittura che la nostra civiltà ha prodotto come svolta decisiva e del quale non può (né potrà) fare a meno ora.
Si tratta di assumere la scrittura, insieme, e nelle sue forme più sofisticate e riflessive e in quelle più legate alle nuove tecnologie, ai loro linguaggi e alle loro pratiche di rielaborazione discorsiva dei vari messaggi. Dalla riflessione alla comunicazione, attraverso la narrazione: così potremmo sintetizzare il percorso del volume. E il suo traguardo. Utile in sé, ma soprattutto per chi opera nella formazione e nella scuola.
Franco Cambi
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