Un avventuroso genio, o un divulgatore costruttivo. James Newman ha realizzato un microprocessore grande. Molto grande: dieci metri per due. E tutto a transistor, molti transistor: quarantaduemilaquattrocento transistor.
È tutto molto visibile: diecimilacinquecento LED. Con tante resistenze: cinquantamilacinquecento. Per non parlare dei cavi, che si sviluppano per quasi dieci chilometri, o dei punti di saldatura, che ha avuto la pazienza di realizzare uno per uno, e sono duecentosettantaduemilatrecento (due chili e mezzo di stagno). Anche le domande sorgono numerose. La prima: perché? James è lapidario:
Perché l’ho voluto.
Salvo poi aggiungere:
I computer sono tendenzialmente opachi: guardandoli è impossibile vedere come funzionano. Sarebbe bello guardarci dentro e vedere cosa sta succedendo. Il problema è che non possiamo diventare piccoli abbastanza da entrare nei chip di silicio di cui è costituito.
Lui ha fatto allora il contrario: ha ingrandito l’hardware abbastanza da poterci camminare in mezzo, ma non solo. Ha piazzato dei LED ovunque fosse possibile per mostrare il percorso fisico di ogni singolo segnale.
Il risultato è grandioso: i pannelli risultanti, alti un paio di metri, sembrano le luminarie di Natale, ma con una logica stringente. Ogni segnale lo possiamo vedere fisicamente e ci sembrerà di camminare nei sogni dei bambini quando la fantasia s’immagina un calcolatore: una parete di lucine tanto lampeggianti quanto affascinanti.
Dove? A Cambridge, oppure su YouTube, con tanto di spiegazioni realizzate su pannelli appositamente realizzati. Fantastiche, anche per i nostri studenti o tutti i curiosi che abbiano voglia di capire come funziona un transistor, una volta per tutte.
Dobbiamo essere sinceri, lo invidiamo. Siamo cresciuti con l’elettronica integrata e i chip, seppure anche gli iniziali 8080 e Z80 di buona memoria, ma lo spirito divulgativo c’è ancora tutto e a lasciarci prendere da un momento di nostalgia dobbiamo ricordare i primi esperimenti sui Bugbook di Peter Rony, David Larsen e Jon Titus.
Roba da museo, ma a volte anche i musei servono. Grazie James Newman di Cambridge: le quarantamila sterline che dici di avere speso per questo progetto le faremo fruttare in diffusione di cultura tecnologica. Oggi come oggi, non è poco.