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Conversazioni intorno alla rinascita dei blog

30 Dicembre 2011

Conversazioni intorno alla rinascita dei blog

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A scadenze regolari si annuncia la fine dei blog, cannibalizzati dai flussi in presa diretta dei social network. Eppure lo strumento blog è tutt'altro che morto, al contrario ne avremmo più che mai bisogno. Partendo da un dibattito in corso nella blogosfera italiana, abbiamo approfondito alcuni punti di vista

C’è una profezia che aleggia sul mondo Internet da molti anni e che riemerge nei periodi di bilancio, come quelli di fine anno: la morte dei blog. Lo sappiamo: la realtà del web, penso all’Italia, si è trasformata in dieci anni da una prateria punteggiata da blog personali – che mettevano in relazione contenuti e lettori in una (quasi) spesso coincidenza fra chi scrive e chi legge. Il lettore solitamente era un altro gestore di blog che da lì, oltre che dai commenti, rispondeva e rilanciava – a un suk denso di update di status, flussi di tweet, comunicazioni spesso fatiche (like, retweet), spalmabilità di contenuti raddoppiati tra i profili Facebook, Twitter, Google+, FriendFeed eccetera.

Ecosistema

L’afflusso massificato degli ultimi anni prima su Facebook poi su Twitter mi sembra abbia riportato alla nostra attenzione la necessità di riflettere sulla forma che questo ecosistema dei social media sta assumendo e lo spazio che il blog può avere come luogo in cui fermare il pensiero sottraendolo al flusso e alla necessità dell’essere continuamente newsificato, concedendo ai contenuti un archivio in chiave social (benvenuti a commenti di ampi respiro, risposte da altri blog, segnalazioni a compendio eccetera) che possano resistere al deperimento e alla volatilità di pseudo conversazioni a basso tasso di ricercabilità, come quelle presenti su Facebook o Twitter.

Su questo #risorgiblog (perdonate l’#hashtag volutamente ideologico lanciato su Twitter durante uno scambio sul tema) ho provato a stimolare una riflessione a partire dal post “Per un uso ecologico di Twitter”, nel quale ho cercato di mettere a fuoco l’emergere di un bisogno che avremo di ridare vita agli spazi blog in nuovi modi, tutti da sperimentare, relazionati ai flussi dei social network. La conversazione che è nata attorno a #rinasciblog è cresciuta attraverso diverso interventi dispersi tra blog e social network che ho cominciato ad aggregare “storificandoli” su #risorgiblog. A partire da questi stimoli ho cercato di approfondire parlandone con alcuni osservatori interni alla realtà dei social media italiani che in questi anni hanno saputo vivere e interpretare il mutamento, anche in modi molto diversi, e che, qualche anno fa, i giornalisti compiacenti avrebbero chiamato blogger. Il dato di partenza me lo ha fornito Vincenzo Cosenza partendo dai dati di fatto e spiegandomi che:

i blog su WordPress, la piattaforma più usata, sono in aumento e stanno per toccare i 70 milioni. Quelli su Tumblr sfiorano i 40 milioni. Certo non è dato conoscere il tasso di abbandono, ma la crescita delle nuove aperture è significativa. Quello che vedo è una mutazione del modo di usare i blog. Prima venivano usati per condividere lunghe elucubrazioni, brevi pensieri o contenuti scovati in rete. Ora si tende a mettere sul blog ciò che si vuole far rimanere nel tempo e ritrovare. Ai social network il compito di amplificare i pensieri del blog e accogliere frammenti di esistenza fuggevoli, utili a segnalare la nostra posizione in rete e a curare le relazioni amicali.

Conti

Luca Conti, che ha recentemente scritto un post sulla sua decisione di ridurre l’uso dei social network nel 2012 a favore dei suoi blog, mi ha spiegato le motivazioni di fondo:

Leggendo un po’ di ebook su minimalismo, stile di vita, dieta digitale, ecc., mi sono reso conto che Facebook e Twitter sono diventati quasi una droga, nel senso letterale. Posso farne a meno, certo, ma quando sono davanti al computer sono portato a controllare se qualcuno ha reagito a cosa ho scritto e questo è fonte di grande perdita di tempo e di interruzione. A proposito devo assolutamente stoppare le notifiche e i blip di iPad ogni volta che qualcuno fa qualcosa su Twitter e Facebook perché è una continua tentazione!! 🙂

 

GBA: La tua è una decisione personale e professionale assieme, mi sembra. Ma come vedi la relazione che si strutturerà fra mondo dei social network e blog? Credi sia una tendenza alla ricrescita di spazi conversazionali diversi oppure solo una distinzione tra luoghi più affollati e pubblici (e di immediata gratificazione: like, commenti, eccetera) e luoghi (seppur pubblici) più intimi con un pubblico?

Luca Conti: Personale nel senso che voglio ridurre il tempo dedicato alle relazioni attraverso i social network, a favore di relazioni fuori dai social network. Nel 2011 mi son reso conto di aver speso e investito molto tempo in cura di relazioni con persone a distanza, alcune anche mai ancora conosciute di persone. Alcuni di questi investimenti non sono stati fruttuosi e quindi mi interrogo quanto paghi e quale equilibrio avere nel curare relazioni mediate dai social network. Non li rifuggo, ma credo di dover tornare su un equilibrio che ne riduce il tempo e l’investimento. Non necessariamente questo significa sostituire quel tempo con la cura del blog personale. Non ho mai usato le note su Facebook, per capirci, quindi non intendo usare il blog personale in sostituzione degli aggiornamenti di stato di Facebook o Twitter. Questi restano per segnalazioni brevi sul piano professionale.

Mi rendo conto di aver disperso parte del potenziale accumulato nel tempo con Pandemia, un po’ per naturale uso dei social network come complemento alla produzione, diffusione, personal personal branding, un po’ per mancata cura degli spazi propri, come avrebbero necessitato. Oggi chi vuole farsi una opinione professionale del sottoscritto può dedurre qualcosa da Pandemia ma dai miei blog personali, in italiano e in inglese, trova poco a cui riferirsi e questo è un potenziale danno per le mie attività. Danno a cui devo riparare, anche con un aggiornamento grafico di Pandemia, troppo trascurato e vecchio ormai.

GBA: In Italia abbiamo sempre parlato annualmente di “fine dei blog”. L’arrivo dei social network – e l’affluenza di massa – mi sembra abbia mostrato l’esistenza di luoghi sensati per produrre e condividere contenuti senza la “pesantezza” della struttura editoriale del blog. Eppure oggi mi sembra che (a livello non solo italiano) ci sia l’esigenza di riaffermare una rinascita del blog.

Luca Conti: Credo che ognuno che abbia cominciato a vivere il social web con un blog, trovi oggi il proprio equilibrio nell’uso del blog e dei social network dopo averne sperimentato l’uso per un tempo ormai sufficientemente ampio da capirne i pro e i contro. Voglio dire che ognuno di questi strumenti risponde a esigenze solo in parte sovrapponibili, quindi poco sostituibili tra loro. L’uso e l’abuso dei social network, per novità, per affezione, per facilità d’uso, per dipendenza da attenzione, vedono oggi un riflusso da parte dei blogger della prima ora o di quelli più consapevoli, non perché ci sia un male nell’uso dei social network e un bene nel blog, ma perché il blog mantiene e rafforza la propria identità digitale e la conserva nel tempo.

La differenza oggi e il potenziale riflusso verso il blog è determinato da una maggiore consapevolezza, tutto qua. Non vedo contrapposizioni e non vedo i blogger duri e puri come vincitori, anzi! Dal mio punto di vista la vita di cittadino digitale oggi non può prescindere dalla cura e dall’interazione su Facebook e su Twitter, perché quelli sono i luoghi di dibattito pubblici. Arroccarsi sul proprio blog è un po’ come restare chiusi in casa con la porta aperta, lasciando entrare gli amici e i passanti, più o meno fedeli, ma la vita online è anche altrove.

Mantellini

Massimo Mantellini, intervenendo e rilanciando il dibattito – va ricordato che il suo è uno dei blog più letti del panorama nazionale – notava come nell’ultimo anno i post dei blog da lui seguiti sono calati inesorabilmente e per questo gli ho chiesto di approfondirne le motivazioni.

GBA: Mi interessa approfondire la tua percezione di una presenza ridotta dei contenuti della blogosfera. Al di là del numero dei blog esistenti, come tu dici, dipende anche da quanti contenuti produci e da quanta conversazione (aggiungerei io) si produce. Mi interessa capire allora se secondo te – a parte anomalie – la realtà della forma blog sta assumendo i tratti del commento (vedi i singoli blog dei quotidiani online) o dell’editoria (vedi ilPost) e se, di conseguenza, il blog “personale” tradizionalmente inteso ha ancora senso.

Massimo Mantellini: Io credo che per quello che leggo io i blog abbiano abbandonato in gran parte la loro connotazione diaristica (ci sono strumenti che un tempo non esistevano molto più affini al diario) e mostrino oggi due vie di sviluppo principali: una strettamente personale simile a quella degli esordi ma liberata dai piccoli contenuti che oggi finiscono altrove, si tratta di luoghi che mantengono necessariamente un basso profilo numerico e producono in gran parte opinioni e punti di vista con un raggio di esplorazione vario.

Poi una seconda via di sviluppo che è più francamente editoriale e che segmenterei in due gruppi: blog gestiti spesso da un singolo che si occupano di temi specifici, progetti con una qualche aspirazione giornalistica/specialistica, e invece progetti multiautore, anche in forma di aggregatore sul tipo di quelli nati negli ultimi due anni da Il Post in avanti ma anche del tipo “aggregazione di persone intorno ad un tema” (pensa a ValigiaBlu) Questi ultimi strumenti si immaginano generalisti in uno spazio in parte occupato dal nanopublishing (che per quanto sia in Italia fa ancora bei numeri) ma con chiare aspirazioni editoriali

GBA: Che relazione fra blog e social network si sta a tuo parere sviluppando in Italia (e se la ritieni diversa da quella che osservi altrove).

Massimo Mantellini: Mi pare di vedere una grande divaricazione: mentre il flusso dai blog verso i social network è naturale e voluto, il contrario avviene per forza di cose con meno frequenza. La riduzione di attenzione verso i blog è in buona parte secondaria alla migrazione dell’attenzione verso i social network. Se c’è una economia dell’attenzione questa moneta prima o poi finisce. Resta da capire quanto ci convenga in termini generali (visto che sono un lurido moralista, moraleggio) preferire la navigazione rapida sulla superficie delle cose piuttosto che tentare la sua analisi in profondità. Ma ho come la sensazione che la direzione di simili scelte sia molto adeguata ai nostri tempi.

Granieri

Poiché questo dibattito chiama in causa direttamente il modo che abbiamo di usare i nostri blog, Giuseppe Granieri ha scritto un bel post per descrivere i motivi che abbiamo oggi per tenere un blog: «Se hai qualcosa da dire, probabilmente il blog è il posto migliore per farlo. Per una serie di ragioni: è completamente ricercabile, hai totale controllo sul contesto e sul messaggio».

GBA: È ovvio che siamo passati dalla supremazia della blogosfera alla distribuzione dispersa di contenuti che i social network ci ha insegnato. Questo forse ha modificato in Italia il modo di “dire” e “fare” in Rete. Pensi che i blog rappresentino, quindi, una specie di battaglia di retroguardia o la loro posizione nell’ambiente dei social media ha nuovo senso?

Giuseppe Granieri: Non so se sia vera supremazia. Dipende dalle abitudini e dalla posizione che ciascuno di noi sceglie in rete. Se guardo le mie abitudini i blog (quelli che leggo) stravincono sui social network, che uso fondamentalmente come ripetitori, come canali di distribuzione. Le mie fonti, cui non rinuncerei per nulla al mondo, sono i blog. Anche quando vengono riassemblate con strumenti molto evoluti come Zite. Alla fine la tecnologia va verso la specializzazione e ciascuno utilizza alcuni degli strumenti disponibili e lo fa nel modo in cui gli servono. Con tanta offerta di strumenti e con attenzione limitata non si può fare diversamente.

I blog sono l’approdo per chi ha qualcosa da dire e vuole farlo, ma non possiamo pensare che tutti, tutti i giorni abbiano qualcosa da dire. Io vedo abbastanza fisiologico l’assetto che si sta delineando, con i contenuti di segnalazione e relazione che si spostano sui social network. Ma personalmente reagirei in modo tiepido alla chiusura di un social network, mentre invece mi sentirei molto meno intelligente se perdessi l’accesso alle mie fonti che mi danno modo di costruirmi opinioni più ricche e strutturate.

GBA: Oltre al tuo blog personale gestisci anche blog di lavoro e un blog per la Stampa. Abbiamo pensato nel passato che la produzione dei contenuti dal basso stesse nei nostri walled garden ben pettinati. Ci siamo trovati di fronte ai suk prodotti dai social network. Mi sembra che il blog stia diventando uno strumento che necessita di una maggiore cura editoriale, più vicino ad un prodotto meno estemporaneo. Che sia l’indice di come nella relazione pro-am la dimensione pro conti?

Giuseppe Granieri: Anche qui, non c’è più spazio secondo me per le grandi generalizzazioni. Il blog è sempre più un canale editoriale, ma editorale nel senso che ti obbliga a editorializzare il tuo pensiero, a dargli una forma compiuta, a farne una lettura in qualche modo completa. Poi, puoi usarlo per scopi professionali o personali, o di finzione, in un contesto comunque sempre più strutturato rispetto ai social network. Il ragionamento a mio parere va impostato rispondendo alla domanda: qual è il lavoro che fa lo strumento che uso? Il blog è per i contenuti, per la loro permanenza e ricercabilità. I social network sono l’estemporaneo, l’evenemenziale, la relazione, la distribuzione. È vero che ciclicamente si parla di “morte del blog” o si fa il punto della situazione sugli strumenti ma io credo che stavolta stiamo entrando in una nuova fase.

La prospettiva non è più uniforme come prima, le informazioni (nel senso più generale possibile) si stanno sgretolando non solo in più strumenti ma in più livelli di percezione. È vero che il blog non è mai morto, o forse è morto e poi resuscitato, ma è anche vero che il mondo dei blog di 10 anni fa non esiste più. Da una prospettiva “editoriale” non è più possibile una Teoria del Tutto, in cui il blog aveva un suo posto ben preciso (e un suo ritmo), i social media offrono più livelli di percezione e il blog ne esce cambiato. L’informazione ora è un fiume che scorre a diverse velocità in differenti punti e quindi non ha più senso cercare il “social network” perfetto che possa racchiudere contemporaneamente conversazione, coinvolgimento, identità, relazioni. Lo strumento blog, quindi, diventa ancora più importante come complemento di questi fattori, a patto di adattarsi.

Alagna

La complessa relazione fra blog e ambiente dei social network ci porterà quindi a ripensare il nostro modo di “confezionare” editorialmente un blog. Per questo credo occorra il coraggio di sperimentare nuovi formati, nuovi linguaggi e forme di integrazione. E non parlo del lato “tecnico” della faccenda. Non quindi di come integrare i like di Facebook o le segnalazioni facili di Twitter in coda ai post. Ma di come cambiare il frame in cui incorniciare nel blog – per quello che sta diventando – contenuti “adatti” alle grammatiche dei social network e allo “spirito” di quell’ambiente. Trovo che una bella sperimentazione in questo senso la stia facendo Luca Alagna a cui ho chiesto di condividere il suo modo di pensare/confezionare i post.

GBA: Come vedi la relazione fra il blog personale e la presenza delle segnalazioni/conversazioni sui social network? E quale modello stai usando tu di integrazione? Dico integrazione non in senso tecnico ma concettuale perché mi sembra che sia nel design che nel modo di concepire i post e le sezioni, hai sviluppato un’integrazione che presenta una piattaforma interessante.

Luca Alagna: Il modello che ho iniziato a usare nel mio blog dedicato alle news instant.stilografico.com è abbastanza chiaro, lo sperimento da tempo (come nel caso del post che scrissi in questo modo su Sucate per 140nn, riscoperto e dibattuto mesi dopo) e ormai lo identifico concettualmente con “instant”: il blog si inserisce nel flusso più veloce ma mantiene una sua natura più lenta. Il tweet è un post, ma il post è incapsulato in un tweet, le informazioni dei social media vengono rallentate per poterle approfondire, espandere, e poi vengono riaffidate alla corrente veloce. È anche fratello di altri tentativi (tra i quali quello eccellente è il blog The Lede sul New York Times), a volte nati per necessità (dalla blogosfera iraniana del 2009 ai blog della Primavera Araba), altre volte già presenti sui quotidiani online (come fa a volte Il Post o l’Huffington Post).

Ma mi interessa rimarcare la differenza concettuale di questa idea, che vive volutamente nel suo ambito con una linea editoriale ben precisa, non dettata necessariamente dall’Agenda generale, e si presta per sua natura alla cooperazione. Anche graficamente l’intento è di chiarezza e di priorità cronologica. Mi sto convincendo sempre più che i quotidiani del prossimo futuro (che saranno ancora il punto di riferimento dell’informazione) su web avranno definitivamente la forma del blog.

Newsification

Una lunga panoramica, la nostra, sulla complessità da mettere in gioco sul tema #risorgiblog. Quello che è certo che mi sembra ci sia spazio nel 2012 per ripensare la bulimia da social network ed osservare come la blogosfera italiana risponda a nuovi bisogni latenti di approfondimento e cura editoriale post segnalazione e newsification. Perché, come ha scritto Massimo Mantellini in un accorato post:

lo strumento blog resta un campo di gioco formidabile e sarà ancora frequentato da chi ha voglia e idee. E la metadiscussione sui blog di questi giorni ci dice anche che la blogosfera, grande o piccola che sia, può essere anche un grande social network. Molto meglio strutturato e stabile di tanti altri, capace di tirar fili in mezzo al niente, collegando persone che magari non si conoscono: senza che qualcuno li abbia fatti diventare amici o followers.

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