Home
Come ti cracco X-Box (e soprattutto perché)

04 Giugno 2002

Come ti cracco X-Box (e soprattutto perché)

di

La console per videogiochi di Microsoft è in realtà un personal computer intenzionalmente menomato. Gli hacker sono all'opera per liberarne le vere potenzialità, ma non per piratare meglio i videogiochi: per trasformarla nel primo vero PC a basso costo. Ma attenzione alle trappole

Basta leggerne le specifiche tecniche per capire che X-Box è molto più di una semplice console per giochi: processore Intel a 733 MHz, 64 megabyte di RAM, disco rigido da 8/10 gigabyte, lettore DVD, porta Ethernet, processore grafico nVidia ad altissime prestazioni, risoluzione video di 1920 x 1080 pixel, scheda audio, uscita TV, memory card da 8 megabyte… Sono specifiche superiori a quelle del computer sul quale sto scrivendo questo articolo. Aprendo X-Box, come documentato fotograficamente per esempio da Van’s Hardware, la somiglianza con un PC balza all’occhio inequivocabilmente. Se poi si considera che il sistema operativo di X-Box si basa su una variante del kernel di Windows 2000, gli ultimi dubbi svaniscono: X-Box è un PC travestito da macchina per videogiochi.

Il bello è che X-Box costa ora 299 euro, ossia meno della metà di un personal computer analogo. Viene spontaneo quindi pensare di attaccare a X-Box una tastiera, un mouse e un monitor per trasformarla in un vero e proprio PC a basso costo.

Non è così semplice. Microsoft, come del resto molti altri produttori di console, ha fatto di tutto per impedire questa trasformazione. Il disco rigido della X-Box, ad esempio, è un normale disco della Seagate, ma è protetto da password e contiene firmware scritto su misura per X-Box. Traduzione: non si può semplicemente estrarlo dall’X-Box e montarlo su un PC per leggerne o scriverne il contenuto, né si può installare nella X-Box un normale disco rigido più capiente. I game pad sono normali dispositivi USB, ma il connettore e i cablaggi sono fisicamente diversi e quindi non basta comperare tastiera e mouse USB e attaccarli alla X-Box. Soprattutto, X-Box è concepita in modo che possa eseguire esclusivamente programmi autorizzati e “firmati” digitalmente da Microsoft. X-Box è sì un PC, ma è un PC al quale sono state tarpate le ali perché non possa volare libero.

Hacking allo stato puro

Ma gli hacker amano le sfide, specialmente quando c’è di mezzo un prodotto Microsoft, e i risultati non si sono fatti attendere. È nato un numero impressionante di siti dedicati allo “smanettamento” di X-Box, che offrono modchip (circuiti integrati da installare fisicamente nella console) per superare gran parte delle protezioni adottate da Microsoft.

La protezione regionale dei giochi, simile a quella adottata per i DVD contenenti film, è già stata scavalcata da soluzioni come Xtender; è già possibile fare il backup del disco rigido di X-Box, disattivare la protezione Macrovision dei film su DVD in modo da poterli riversare su videocassetta tramite la console, e con qualche acrobazia si riesce anche a convincere la X-Box a leggere i DVD video di tutte le regioni in cui l’infinita presunzione dei magnati dei media ha tentato invano di suddividere il mondo. La password sul disco rigido è stata scavalcata con un abile inghippo da un gruppo di linuxiani. Cosa più importante, kit come Enigmah-X consentono a X-Box di eseguire anche programmi non-Microsoft.

In altre parole, già a questo punto le potenzialità della X-Box sono state ampliate notevolmente. Forse non nel senso in cui vorrebbe Microsoft, ma è comunque indubbio che a 299 euro (più eventualmente la spesa del modchip e il coraggio di infilare il saldatore nella console), la X-Box è un ottimo affare: a parte le sue prestazioni come macchina per giocare, è anche un buon lettore DVD video collegabile al televisore e all’impianto stereo. È prevedibile che tra breve si arrivi al Sacro Graal dell’hacking di questa console, ossia la sua conversione in vero e proprio PC: c’è addirittura chi sta lavorando per far girare sulla X-Box quel Linux che Microsoft gradisce come il diavolo l’acqua santa. Gli hacker sarebbero ben lieti di farci girare Windows, ma ironicamente non possono farlo per motivi legali.

Molte di queste modifiche vi potranno sembrare motivate da fini illeciti, ed è ferma intenzione di Microsoft rinforzare quest’impressione con cause legali di alto profilo contro chi fabbrica e distribuisce modchip. L’equazione che si vuole imprimere nella mente dell’utente comune è modchip uguale pirateria. Ma in realtà modificare la propria console non è affatto illegale (una volta acquistato, l’oggetto è mio e se voglio lo posso segare in due o farne un fermaporta); al massimo rende nulla la garanzia del produttore. Anche i modchip per X-Box sono legali se non contengono software rubato a Microsoft e non usano soluzioni tecniche coperte da brevetto.

Soprattutto, le modifiche descritte hanno usi legittimi niente affatto trascurabili. Scavalcare la protezione regionale dei giochi non serve soltanto per giocare con le copie pirata: serve anche per usare giochi legalmente acquistati che però non sono disponibili nel proprio paese. Disattivare la protezione Macrovision serve anche per riversare su videocassetta i propri DVD, a scopo di backup o per portarne una copia in vacanza dove non c’è un lettore DVD. Convincere X-Box a eseguire programmi non-Microsoft non lede in alcun modo i diritti di Microsoft né causa danni economici (anche se vedere Linux che gira su X-Box può essere umiliante).

Attività di questo genere, semmai, sono la dimostrazione di ciò che si può fare con l’hacking inteso nel senso originale di questo termine: studiare e modificare il comportamento di un prodotto per ricavarne prestazioni superiori a quelle previste dal fabbricante. Rivelano, in particolare, quell’imbroglio che molti sospettano già da tempo, ossia che la maggior parte degli apparecchi in vendita è in grado di fare molto di più di quello che ci viene detto e viene anzi intenzionalmente menomata dai fabbricanti a fini commerciali.

La scatola nera

A differenza delle controverse modifiche per superare le protezioni sui giochi, la possibilità di convertire X-Box in un PC a basso costo sembra decisamente una classica Buona Cosa Per Tutti: gli utenti possono acquistare senza svenarsi un buon personal computer sul quale si può anche giocare e vedere DVD, Microsoft produce console a palate, e tutti vivono felici e contenti.

Ma pur di conquistare il mercato delle console, Microsoft sta vendendo X-Box sostanzialmente in perdita (specialmente al prezzo americano di 199 dollari, arrogantemente assai più basso di quello europeo). Probabilmente già prevede di offrire un kit per convertire X-Box in PC, ma di certo non gratuito e basato su Linux (orrore!) come quello che stanno creando gli hacker. I sistemi di protezione della sua console sono stati in gran parte aggirati. I piani di Microsoft sembrano dunque seriamente compromessi.. Al consumatore conviene approfittare subito dell’imbarazzante situazione, portarsi a casa una X-Box invece di un ben più caro PC, e attendere gli imminenti kit di conversione.

Il consumatore vince, Microsoft perde? Troppo bello per essere vero. Innanzi tutto, con riserve in contanti pari a ottantamila miliardi delle nostre defunte lire, Microsoft può permettersi di lavorare in perdita per anni. In secondo luogo, rimpiazzare l’architettura aperta e documentata di un personal computer con quella chiusa, segreta e proprietaria di una macchina come X-Box è a lungo termine un serio pericolo per la libertà informatica.

L’attuale generazione di esperti d’informatica (chiamateli hacker, se volete) è nata e cresciuta grazie al fatto che ha avuto a disposizione il PC, che è concepito specificamente per essere programmabile, esplorabile e modificabile. Tutto il contrario di X-Box, che è (anche letteralmente) una “scatola nera” dal funzionamento volutamente oscurato.

In un mondo popolato di console blindate, gli hacker non potrebbero formarsi se non nelle grandi università e nelle aziende (proprio come nell’era pre-PC) e quindi il loro numero scenderebbe drasticamente. Certo avremmo meno script kiddie che ci tempestano di virus, ma non avremmo nessuno che ci difende dalle arroganze commerciali di chi produce hardware e software e lo garantisce come sicuro e affidabile quando in realtà ha buchi così grandi da farci passare Valeria Marini sculettando.

Questo è un ottimo scenario per Microsoft, per i produttori di hardware, e per le case discografiche e cinematografiche, che potrebbero imporci ogni loro desiderio perché mancherebbero le persone in grado di rivelare che il re è nudo. Senza una comunità numerosa di sviluppatori, inoltre, Linux sarebbe spacciato.

Prove tecniche di oscurantismo

Gli scettici obietteranno che uno scenario del genere non si avverrà mai. Ogni protezione verrà scavalcata prima o poi, come è sempre successo in passato. Ma attenzione a non confondere protezioni software su hardware aperto (il PC, i CD anticopia) e protezioni realizzate direttamente nell’hardware (X-Box): sono livelli di difficoltà totalmente differenti.

Un esempio in tal senso viene dal lavoro impressionante svolto da Andrew “bunnie” Huang, dell’MIT, per capire come funziona la sequenza di boot di X-Box: pur essendo soltanto un primo passo verso la decifrazione della console Microsoft, ha richiesto competenze tecniche notevolissime e risorse hardware sicuramente non alla portata dell’hacker medio, nonché una consultazione con gli avvocati della Electronic Frontier Foundation e di Microsoft per avere garanzie di non finire in tribunale. Huang, fra l’altro, è il primo a suggerire alcuni semplicissimi metodi che avrebbero reso impossibile il suo lavoro di analisi e che Microsoft non mancherà di adottare.

X-Box dunque non è inespugnabile, ma poco ci manca, ed è ormai quasi un luogo comune che i prodotti Microsoft cominciano a funzionare come si deve soltanto quando arrivano alla terza versione. La console è quindi soltanto un prototipo di quel Secure PC già brevettato da Microsoft e che fa così gola all’industria del disco e del cinema. In queste condizioni, rinunciare al PC per passare a X-Box sarà anche un affare a breve termine, ma rischia di essere un patto col diavolo. O forse sono soltanto io che sto diventando vecchio e paranoico. Ne riparliamo tra qualche anno?

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

Iscriviti alla newsletter

Novità, promozioni e approfondimenti per imparare sempre qualcosa di nuovo

Gli argomenti che mi interessano:
Iscrivendomi dichiaro di aver preso visione dell’Informativa fornita ai sensi dell'art. 13 e 14 del Regolamento Europeo EU 679/2016.