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Cinque domande sull’intelligenza artificiale

22 Febbraio 2002

Cinque domande sull’intelligenza artificiale

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Per anni i mass media non hanno parlato di intelligenza artificiale; ora se ne parla persino in film di cassetta. Una nuova stagione d'interesse per la disciplina? Ne parliamo con il professore Salvatore Gaglio, ordinario di Intelligenza Artificiale presso l'Università di Palermo.

Il nuovo interesse per l’I.A. è solo una moda o siamo di fronte a qualcosa di più profondo?

“L’interesse dei mass media per l’intelligenza artificiale è stato sempre oscillante. La ragione è che tale interesse ha in effetti semplicemente ricalcato l’umore degli stessi addetti ai lavori e delle aziende di informatica: facili entusiasmi e repentine delusioni. Molto spesso un nuovo terreno di ricerca e alcuni risultati iniziali incoraggianti sono stati utilizzati a scopi pubblicitari, con grandi promesse poi non mantenute.

Per quanto riguarda la letteratura e il cinema, in realtà, spesso la fantasia di scrittori e sceneggiatori ha popolato le storie fantastiche di androidi, robot e intelligenze artificiali. Il mio amico Vincenzo Tagliasco ne ha contati a centinaia nel suo “Dizionario degli esseri umani fantastici e artificiali” (Oscar saggi Mondadori, 1999). Penso che nell’immaginario collettivo tale interesse sia costante. I robot intelligenti sono fra i personaggi principali di scenari tecnologici del futuro. La tipica domanda che viene fatta alla fine di una conferenza a carattere divulgativo sull’intelligenza artificiale è se gli scienziati si preoccupino del pericolo che una macchina possa prendere il sopravvento sull’uomo. Questa sembra essere, assieme al disastro nucleare e alle incognite dell’ingegneria genetica, una delle maggiori paure – esorcizzate in molti romanzi e film di fantascienza – che scaturiscono da una scienza e da una tecnologia da molti considerate spesso scriteriate e senza limiti.

C’è da considerare il fatto che in certi periodi, per fortuna abbastanza brevi, in qualsiasi settore tecnologico si tende ad enfatizzare troppo alcuni aspetti o alcuni approcci. In passato, nell’ambito dell’informatica, l’attenzione maggiore, soprattutto del mercato, era rivolta alla potenza e alle capacità di elaborazione, come anche all’intelligenza delle macchine. Oggi è il momento della comunicazione. Ma le cose cominciano a cambiare di nuovo. La rete internet permette la connessione di milioni di computer, che assieme offrono una enorme potenza di elaborazione. Destinare tale potenza alla sola comunicazione sarebbe un grande spreco

Internet ha avuto un grande impatto sociale. L’interazione con sistemi automatici di elaborazione dell’informazione – non solo il PC di casa – è ormai cosa di tutti i giorni per buona parte della popolazione dei paesi industrializzati. Tuttavia, molti non si sono ancora resi conto che questo è un terreno dove agenti intelligenti artificiali possono muoversi e interagire, anche con esseri umani. Molte ricerche, anche in ambito industriale, nel settore della new economy e del commercio elettronico si stanno occupando proprio di questo. In un prossimo futuro, il computer probabilmente non sarà più considerato – come lo è stato finora – un soggetto in fondo stupido, soprattutto se si tiene conto che è in compagnia (attraverso la rete) di altri suoi simili con cui interagisce”.

Quali sono oggi, a suo giudizio, le più stimolanti aree di ricerca teorica nell’ambito dell’intelligenza artificiale?

“La ricerca teorica nel campo dell’intelligenza artificiale cerca di dare alla disciplina un apparato formale di riferimento che possa permettere la progettazione di sistemi intelligenti artificiali sulla base di criteri rigorosi. Tale ricerca procede con il necessario rigore scientifico e difficilmente presenta quei risultati considerati eclatanti, tipici spesso di uno stadio di una disciplina che potremmo chiamare più che altro artigianale.

I maggiori campi di indagine sono lo studio di logiche specifiche per formalizzare ed analizzare il ragionamento automatico, i modelli subsimbolici (quali, ad esempio, le reti neurali) ispirati ai modelli dei sistemi biologici, l’apprendimento automatico e l’adattamento in sistemi artificiali, le tecniche decisionali in situazioni in cui le informazioni sono incomplete o incerte, la percezione e la rappresentazione del mondo esterno. Un ulteriore campo di indagine rilevante riguarda l’integrazione di tecniche diverse in architetture di agenti intelligenti, in grado di svolgere compiti specifici sia nel mondo fisico (robot) che nel mondo virtuale di internet (softbot). Proprio in riferimento a internet, un tema attuale è quello dei sistemi multiagenti, con le problematiche connesse alla loro coordinazione e alla condivisione di conoscenza.

Un settore emergente è quello dell’autoconsapevolezza (molti osano chiamarla coscienza), cioè la capacità di un sistema intelligente di osservare e ragionare sui suoi stessi processi mentali”.

Quali le più promettenti applicazioni pratiche?

“Ho già citato il settore degli agenti in internet. Proprio la rete delle reti sta diventando un importante campo di indagine per realizzare agenti intelligenti di interesse pratico. Nel campo della sicurezza, ad esempio, degli agenti intelligenti potrebbero essere in grado di localizzare accessi pericolosi alla rete e di prendere opportune decisioni, riconfigurando, se necessario, anche la rete stessa. Grazie al paradigma delle cosiddette reti attive, non ci sarebbe più differenza in una rete informatica tra nodi di elaborazione e nodi di connessione. La rete diventerebbe programmabile nella sua interezza. Agenti intelligenti potrebbero riprogrammarla velocemente a seguito di particolari eventi. Certo ciò apre la strada anche ad agenti “nemici”. Ecco perciò la necessità di maggiore intelligenza.

Un altro campo di applicazione riguarda il problema della selezione di informazioni importanti dall’enorme quantità accessibile tramite la rete. Già sono in commercio agenti software che aiutano un utente a filtrare le informazioni. Tecniche di intelligenza artificiale saranno anche necessarie per estendere le tecniche di data mining (letteralmente, scavare nei dati) al fine di trovare importanti correlazioni nascoste fra i dati in diversi archivi a cui si può accedere in rete o addirittura nella gran mole di ipertesti che formano il www (le cosiddette pagine web). Sempre nell’ambito delle applicazioni per internet, la realizzazione di interfacce più intelligenti ha lo scopo di permettere una più agevole interazione con la rete. È chiaro che tecniche quali l’elaborazione del linguaggio naturale, la comprensione del parlato e la visione artificiale, assieme a opportune tecniche di ragionamento, renderebbero ben diverso il modo di operare con la rete.

Il settore applicativo più tradizionale è quello della robotica, in cui gli agenti intelligenti devono interagire con il mondo fisico. Le ricerche più promettenti riguardano le applicazioni in ambienti pericolosi o ostili, la robotica spaziale, le applicazioni civili e la “domotica”.

Si sperimentano, ad esempio, squadre di robot, con capacità di decisione autonoma, che cooperano per interventi in situazioni pericolose, quali ad esempio lo sminamento o il disinnesco di ordigni.

Diverse ricerche finanziate dalle varie agenzie spaziali (NASA, ESA, ASI, ecc.) studiano robot, dotati di una certa capacità di autonomia, da installare sulla nuova stazione spaziale internazionale, e quindi in grado di facilitare i compiti di telemanipolazione da parte di astronauti. In questo settore c’è grande interesse anche per sistemi di controllo intelligenti per navicelle spaziali senza equipaggio destinate allo spazio profondo (cioè ai limiti del sistema solare e oltre). Sempre nel settore spaziale, altre ricerche riguardano robot totalmente autonomi per l’esplorazione di pianeti. In questo caso l’autonomia diventa essenziale, perché le distanze interplanetarie rendono impossibile un controllo da terra in tempo reale.

Nell’ambito delle applicazioni civili, un settore importante riguarda i sistemi robotizzati per gli interventi a seguito di disastri. Un altro settore è quello dei robot in grado di spostarsi agevolmente e in modo intelligente in ambienti con persone che si muovono, come ospedali, uffici, musei. Essi possono avere, ad esempio, mansioni di trasporto di materiali o di guida per visitatori. In Italia vi sono già diverse sperimentazioni in tal senso.

Infine, con riferimento alle applicazioni domestiche, anche se è ancora lontano l’avverarsi del sogno del robot domestico tuttofare, si pensa ad abitazioni con sistemi intelligenti diffusi, in grado di pianificare il funzionamento automatico di dispositivi vari allo scopo di garantire la sicurezza, il comfort e il risparmio energetico”.

Il testo di Nils Nilsson da lei curato parla di una “nuova sintesi”, di una prospettiva unitaria (il paradigma degli agenti intelligenti) entro la quale è possibile inquadrare una molteplicità di teorie e metodologie apparentemente sempre più distanti. Condivide questa visione?

“Nilsson, come altri autori, ha cercato di inquadrare all’interno di un unico paradigma, quello degli agenti intelligenti, una disciplina che, essendo abbastanza giovane, non ha ancora quella sistematizzazione tipica di altre più mature. Questo tentativo lo aveva già fatto circa vent’anni fa con un suo testo precedente. Allora il paradigma unificante era quello dei sistemi a produzioni. Non a caso, perché tali sistemi costituivano l’ossatura dei cosiddetti sistemi esperti, che proprio in quel periodo andavano molto di moda.

Adesso il paradigma degli agenti intelligenti sposta l’enfasi sull’interazione dei sistemi di intelligenza artificiale con il mondo esterno, sia esso fisico che virtuale. Ciò significa assegnare una maggiore centralità alle funzionalità e alle prestazioni di tali sistemi rispetto alle varie metodologie. Queste ultime, infatti, molto spesso dipendono dalle particolari scuole di pensiero, che a volte tendono a sovrastimarne la potenza. Vi sono state in passato, infatti, diverse controversie in merito, che hanno contrapposto la tradizione logicista a quella più ispirata a modelli di processi mentali, la programmazione dichiarativa a quella procedurale e, più recentemente, le tecniche subsimboliche, quali, soprattutto, quelle relative alle reti neurali, a quelle simboliche basate sulla logica. Il paradigma degli agenti intelligenti ha permesso di superare in qualche modo controversie di questo tipo, spostando l’attenzione su aspetti architetturali, in cui diverse funzionalità possono essere realizzate con approcci diversi. Come dire: la tecnica giusta per lo specifico comportamento richiesto”.

Se uno studente le chiedesse: “Perché dovrei inserire un corso di Intelligenza artificiale nel mio piano di studi?” lei cosa risponderebbe?

“La storia dell’intelligenza artificiale è fortemente intrecciata con la storia dell’informatica. Si ricordi che in passato il computer veniva chiamato “cervello elettronico”. Realizzare e programmare i primi computer creava delle forti aspettative sulle loro capacità di risolvere problemi sempre più complessi. Potremmo anche dire che l’intelligenza artificiale si è sempre occupata degli aspetti di frontiera della ricerca nel settore informatico, in particolare di ciò che gli uomini sanno fare e i computer ancora No. Tanto è vero che tecniche prima considerate di pertinenza dell’intelligenza artificiale adesso non lo sono più e fanno già parte del generico settore dell’informatica.

Un esempio importante è la programmazione a oggetti, che oggi costituisce la metodologia fondamentale per la costruzione di sistemi software complessi. Essa nasce proprio negli ambienti LISP, il linguaggio più usato per la realizzazione di gran parte dei programmi di intelligenza artificiale, e incorpora molte delle metodologie già sviluppate per i sistemi di rappresentazione della conoscenza. Altri esempi sono la programmazione funzionale, la programmazione logica e le moderne tecnologie per le basi di dati, che utilizzano tecniche deduttive, basi di conoscenza e tecniche di apprendimento automatico. Una risposta è quindi questa: è importante che un laureato, soprattutto in discipline informatiche, possegga anche conoscenze di aspetti dell’elaborazione dell’informazione che non riguardino solamente l’applicazione di tecniche già note. L’innovazione in questo campo non può fare assolutamente a meno dell’intelligenza artificiale.

Tornando al tema di internet, la rete può anche essere popolata da agenti intelligenti (softbot) che interagiscono e fanno tante cose utili per gli esseri umani. A tal proposito, e in concreto, cominciano a spuntare proprio nel nostro paese nuove società di informatica che applicano e utilizzano a pieno tecniche di intelligenza artificiale per aspetti connessi alla sicurezza e alla certificazione, alla ricerca di informazioni in rete, al commercio elettronico, alla formazione attraverso la rete, alla gestione della conoscenza d’impresa.

Altre nuove società operano invece nel settore della robotica avanzata e offrono sistemi per il movimento autonomo, per la visione 3-D e per la manipolazione con caratteristiche antropomorfe. Altre ancora si occupano di interfacce intelligenti e di tecnologie connesse all’elaborazione del linguaggio naturale e del parlato. Molte di queste società sono dei cosiddetti spin-off derivanti da ambienti di ricerca universitari. È un nuovo fenomeno in Italia, che è già presente da tempo in altre realtà estere.

Infine, attorno all’intelligenza artificiale c’è un grande dibattito culturale che tocca proprio nei loro aspetti fondazionali diverse discipline sia scientifiche che umanistiche: matematica, fisica, biologia, filosofia, psicologia, letteratura, per citarne solo alcune. Ribalto allora la domanda: perché un laureato, non necessariamente in discipline informatiche, dovrebbe restarne fuori?”

Visitate il Booksite di Intelligenza artificiale di Nils Nilsson.

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