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Car Sharing: pagare l’auto a consumo

22 Marzo 2002

Car Sharing: pagare l’auto a consumo

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Se l'esperienza del Car Pooling (ovvero il mettersi d'accordo fra pendolari e colleghi di lavoro per usare una sola auto nel recarsi al lavoro) può ridurre il traffico delle città anche del 20-25%, un altro 10% di traffico in meno può venire dal Car Sharing

Molto spesso l’uso “smodato” dell’auto privata è dovuto alla pigrizia: visto che ne posseggo una, c’è l’ho in garage o parcheggiata sotto casa, perché non dovrei usarla? Vi sono poi famiglie che, oltre alla ormai diffusissima seconda auto, dispongono anche di una terza vettura, acquistata non per reale necessità ma “perché non si sa mai, può sempre far comodo”.

Inoltre, la scelta di quale vettura acquistare è fatta non in base all’uso medio che si pensa di farne, ma in base ai momenti “di picco”. Così si finisce per acquistare una station-wagon di grosso calibro o una monovolume (che serve effettivamente pochi giorni all’anno, in vacanza), mentre di norma una vettura di taglio medio è più che sufficiente.
Il Car Sharing (che si può tradurre con “auto in condivisione”) è una soluzione che permetterebbe di eliminare le seconde e terze auto laddove non usate tutti i giorni, sostituite dalla possibilità di prelevare la vettura che serve solo quando serve davvero, da un parcheggio di veicoli in comune poco distante da casa.

Il servizio è gestito da una società che acquista un certo numero di veicoli di varia dimensione e tipologia (dalla mini utilitaria elettrica al furgone, dal fuoristrada al van 9 posti), dimensionato sul numero di utenti (in genere 2 vetture ogni 10 iscritti). All’abbonato non resta che prenotare un certo tipo di auto per quando gli serve (il preavviso minimo per avere la garanzia di un’auto a disposizione è 12 ore, spesso basta un colpo di telefono anche 5 minuti prima), la ritira al parcheggio distante non più di 10 minuti a piedi da casa e la usa per quello che gli serve.

Può essere il caso di una vettura elettrica per un paio di commissioni in centro città come un’auto grande e spaziosa per un intera vacanza. Paga il consumo (un tot al chilometro e un tot al giorno) e non si preoccupa di manutenzione, bollo, e assicurazione. Inoltre risparmia sul garage e si ritrova un capitale libero (il costo dell’auto qualora avesse dovuto comprarla in proprio) che può investire come meglio crede.

Il vantaggio per la collettività è che diminuisce dell’80% il numero delle seconde e terze auto in circolazione, ci sono più parcheggi a disposizione e le auto che effettivamente circolano sono sempre tra le più moderne e dunque meno inquinanti. Servono poi un call center per le prenotazioni (anche via Internet o SMS) e una smart card per il pagamento dei consumi effettuati.

Esperienze di Car Sharing sono già in corso a Venezia Lido e a Bologna, mentre altre città si stanno organizzando (tra cui Torino che dovrebbe far nascere il servizio poco dopo Pasqua), anche su stimolo del ministero dell’Ambiente che vede in questa nuova mentalità dell’uso delle vetture una via per ridurre l’inquinamento delle città. Una mentalità, però, che si scontra con l’italico punto di vista: per quanti di noi più che un mezzo, uno strumento, l’auto è uno status symbol?

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