Non sia mai che le battaglie di libertà di Google in Cina ci distraggano dai nostri lidi, dove il vento sta spirando forte in tutt’altra direzione. La magistratura da una parte, il governo dall’altra sembrano aver attuato una manovra a tenaglia su internet. Tra le ultime notizie, un decreto legge che, in modo del tutto originale nei confronti delle norme europee, sta per equiparare equiparare i siti con video a normali televisioni. In questi stessi giorni, si attende la prima udienza per un caso che contrappone federazione antipirateria audiovisiva (Fapav) a Telecom Italia e agli utenti peer to peer. Avviene sullo sfondo di una recente sentenza della Cassazione, che autorizza le maniere forti (filtri e oscuramento) contro siti in odore (anche alla lontana) di pirateria. È possibile trovare un filo conduttore tra questi fatti.
Da più parti si vuole imporre un’idea: un’analogia tra internet e il mondo offline, per cui da una parte e dall’altra devono valere le stesse regole, prescindendo dalle specificità dei due mondi. L’apparente correttezza dell’analogia non inganni: è pacifico che un’emittente televisiva su internet debba avere le stesse regole di una tv sul digitale terrestre. È lo spirito anche di una direttiva europea nota come Audiovisual Media Services. Il problema sta in un salto logico: equiparare a un’emittente tutto cioè che su internet vi somigli anche alla lontana. È lo stesso meccanismo con cui a più riprese si è tentato di estendere ai blog le regole e gli obblighi dei giornali. Si prescinde così dalle peculiarità di alcune forme di espressione su internet, nate dal basso e non strutturate come un’azienda editoriale.
Prescindervi è un modo per annullarle. Questo salto logico, tutto italiano, è ben descritto da Guido Scorza. Laddove la direttiva europea escludeva le tv internet senza fin di lucro, il decreto legge che la recepisce invece potrebbe includerle, tramite un comma in più (1 dell’articolo 4). Vi si legge: «fermo restando che rientrano nella predetta definizione (ovvero sono servizi di media audiovisivo, ndr) i servizi, anche veicolati mediante siti internet, che comportano la fornitura o la messa a disposizione di immagini animate, sonore o non, nei quali il contenuto audiovisivo non abbia carattere meramente incidentale». L’opposizione parla di “eccesso di delega”, da parte del governo, come a dire che nel recepire la direttiva ci ha messo troppo del suo. Il decreto ora attende di ricevere un parere dal Parlamento. Se dovesse passare, il rischio è che ai videoblog indipendenti arrivino gli stessi doveri di una grande emittente: l’autorizzazione ministeriale, l’obbligo di rettifica.
Allo stesso modo: è corretto che la pirateria sia reato online e offline; l’equiparazione dei due mondi, però, ora tende a fare un passo in più: permettendo di sequestrare anche i siti che sono collegati in varia e lontana misura alla pirateria. La Fapav vuole imporre a Telecom di oscurare anche un sito come ItalianSubs.net (tra gli altri), come se tra fornire un sottotitolo e un film pirata non ci fossero differenze. I provider, dal canto loro, vengono così equiparati a poliziotti, perché la Cassazione e ora Fapav chiedono di vigilare sulle attività degli utenti. In questo caso a essere annullato è il loro ruolo di intermediari neutri, altro concetto precipuo del mondo di internet e finora tutelato dalla normativa europea. Il cerchio si chiude: nel nuovo decreto legge vengono dati anche poteri da sceriffo, contro le violazioni del copyright, all’Autorità Garante delle Comunicazioni. Potrà esercitare sanzioni, richiami contro i siti.
I ricavi dell’industria dell’audiovisivo e delle tv tradizionali vengono così tutelati da una parte e dall’altra: stiracchiando il concetto di pirateria e quello di tv su internet. Ad andarci di mezzo è la peculiarità di internet, quella che ha portato finora innovazione e che ha deviato l’attenzione dai tradizionali binari del potere e dell’intrattenimento. Qualcuno ci vede un disegno del premier, per strangolare le web tv da cuccioli. E chissà se è un caso che i nove film più scaricati dagli utenti Telecom, secondo la denuncia Fapav, siano tutti distribuiti da Medusa.