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‘Anti-terrorismo’: ultima spiaggia dell’high-tech?

15 Marzo 2002

‘Anti-terrorismo’: ultima spiaggia dell’high-tech?

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Mentre la recessione appare chiusa e sembra calare il sostegno per l'ID nazionale, parte una task force tra 150 dirigenti industriali (e il governo). Ma a dominare è sempre il laissez faire di media e opinione pubblica.

Sei mesi dopo l’11 settembre rimane incerta (e preoccupante) la panoramica generale della scena statunitense. Chiusa la fase di recessione riprende fiato l’economia, incluso il settore high-tech, almeno così assicurano autorità ed esperti. La borsa appare in rialzo, soprattutto i titoli tecnologici del Nasdaq, con un più 36 per cento. Intanto però media e opinione pubblica accolgono con una scrollata di spalle la richiesta le norme eccezionali già approvate e in via di discussione, inclusa quella che impone a biblioteche pubbliche di consegnare i log delle connessioni in loco di eventuali sospetti, ovviamente a insaputa di questi ultimi. E, notizia dell’ultimora, i leader delle maggiori corporation starebbero realizzando un network di comunicazione, chiaramente segreto, tramite cui allertarsi tra loro e coordinare con le autorità federali le immediate risposte ad ulteriori ed eventuali attacchi terroristici. Ci si avvia forse verso uno ‘stato d’emergenza’ perpetuo e inamovibile?

“Dati recenti sembrano suggerire che la ripresa economica è già iniziata.” Così l’altro giorno Alan Greenspan, chairman della Federal Reserve, davanti ad una commissione senatoriale. La dichiarazione più ottimista diffusa dalle autorità USA da un anno a questa parte, quando prese il via la temuta recessione, poi acuitasi sulla scia dell’attacco terrorista. Una recessione generalmente definita “la più leggera della storia” che va lasciando spazio alla lenta ma decisa crescita della fiducia (e della spesa) dei consumatori statunitensi, soprattutto in mercati high-end come quello degli immobili, degli autoveicoli e, più dietro, dell’informatica. Lo conferma persino la borsa di New York, che un semestre dopo quel tragico 11 settembre registra un traffico superiore del 28 per cento, e ancor meglio vanno i titoli tecnologici, con il Nasdaq a quota più 36 per cento, entrambi rispetto al minimo storico toccato dieci giorni dopo l’attentato.

Se i riflettori sono dunque puntati sul rilancio economico, high-tech e Internet inclusi, rimane invece scarsa l’attenzione per un fronte a suo tempo assai caldo, quello dei diritti civili online (e offline). Qualche giorno fa, ad esempio, nella trasmissione radio FM “Counterspin”, curata dai giornalisti di FAIR, si dibattevano ulteriori dettagli — passati praticamente inosservati sui grandi media e tra il pubblico — inclusi nell’USA Patriot Act frettolosamente approvato a fine 2001. Tra questi, la possibilità riservata agli agenti federali di ottenere, immediatamente e senz’alcun specifico mandato procedurale, i log delle connessioni a Internet effettuate da eventuali sospetti tramite PC dislocati nelle biblioteche pubbliche del paese. Lo stesso dicasi per ogni altro materiale consultato o prelevato da costoro in quegli ambienti. Ciò, manco a dirlo, a insaputa dei sospettati e con pieno valore di prova giudiziaria. E se finora non si sono registrati casi simili né altri eventi controversi a seguito della legislazione nel suo complesso, lo si deve in buona parte al fatto che le specifiche della normativa verranno effettivamente implementate non prima di fine ottobre.

Un quadro, opportunamente rivisitato da Declan McCullagh su Wired News sotto il sintomatico titolo ‘Spiare: stile di vita Americano?‘, che non può non preoccupare entità quali Electronic Privacy Information Center (EPIC). La cui attività rimane centrale anche in opposizione ad un’altra iniziativa cara a una parte dell’industria high-tech, quella dell’introduzione di un’ID nazionale. E forse proprio grazie ad un’informazione più capillare diffusa nelle ultime settimane, tale iniziativa sembra finalmente scontrarsi con l’opposizione dei cittadini. Qualche giorno fa un’indagine del Washington Post segnalava che il 47 per cento della popolazione considera l’ID nazionale come strumento capace di migliorare l’interazione tra governo e imprenditoria, mentre il 44 per cento lo intende come “un’invasione delle libertà civili e della privacy dei cittadini.” Ancor più precisi i dati di un fresco sondaggio condotto da Gartner: su 1.120 persone interpellate al telefono, il 41 per cento si dice contrario all’implementazione di un sistema d’identificazione nazionale, mentre solo il 26 per cento lo appoggerebbe. Dati in netto contrasto con quelli registrati una settimana dopo l’attentato di settembre dal Pew Research Center, il cui poll riportava un 70 per cento di posizioni favorevoli.

Al riguardo non ha dubbi Mihir Kshirsagar un collaboratore di EPIC: “Ritengo che questa diminuzione vada collegata ad una maggiore consapevolezza. Non soltanto l’ID si pone contro valori e principi costituzionali, ma farebbe poco o nulla per combattere il terrorismo.” Ovvero, sarebbe sempre possibile procurarsi in maniera fraudolenta i documenti necessari per l’ID, tipo il certificato di nascita, e si rischierebbero grosso per la tutela della privacy, consentendo alle autorità di monitorare i movimenti degli individui e di passarsi a piacimento ogni dato rilevato.

Un panorama quantomeno alterno in cui s’inserisce una nota dell’ultimora. I responsabili di grandi corporation starebbero lavorando all’implementazione di una rete nazionale loro dedicata per ‘accelerare le risposte’ a eventuali nuovi attacchi terroristici. Un network di comunicazione che aprirebbe ai CEO di vari settori industriali e alle autorità governative un istantaneo canale per lanciare l’allerta e dialogare sulle immediate procedure opeartive. L’iniziativa vanta il patrocinio della Business Roundtable, organizzazione che raduna circa 150 dirigenti di aziende con entrate annuali superiori ai 3,5 triliardi di dollari. Si spazia da Bethlehem Steel a General Motors, da Lockheed Martin a UPS, da Citigroup a AT&T. Quest’ultima si è accollata l’onere di realizzare a proprie spese il CEO Link, questo il nome del progetto, che includerà una rete telefonica dedicata e un sito protetto. Parecchi i dettagli ancora in via di definizione, incluso l’allargamento o meno ad autorità statali e locali e leader di società minori. Il network dovrebbe partire tra circa sei settimane, dovrà essere sempre ‘on’ (manutenzione inclusa) e richiederà speciali autenticazioni per i partecipanti. In attesa del fattivo supporto federale (tipo sgravi fiscali per ricerca e sviluppo di simili ‘progetti anti-terrorismo’), la task force sta anche vagliano la messa a punto di “misure per opporsi ai cyber-attacchi ed evitare danni diffusi alle industrie,” come chiarisce il vice presidente di AT&T.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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