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A seconda vista: arriva l’occhio artificiale

03 Marzo 2006

A seconda vista: arriva l’occhio artificiale

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Microelettronica e nanotecnologia potrebbero presto portare un po´ di luce ad alcuni non vedenti. Il punto sulla ricerca, le sfide da raccogliere

Sin dagli inizi dell’era dell’elettronica, scienziati e autori di fantascienza (si veda ad esempio il film italiano Nirvana del 1997) hanno sognato di poter sostituire un occhio non funzionante con un apparato artificiale e ridare così una visione (almeno parziale) ai ciechi. Oggi questo ambizioso obiettivo sembra essere a portata di mano – anche se le soluzioni attualmente in sperimentazione saranno disponibili sul mercato solo fra qualche anno e potranno risolvere solo alcune specifiche patologie.

Sostituire la retina artificiale

In molti laboratori sono in corso ricerche focalizzate sullo sviluppo di una retina artificiale, per sostituire l’organo umano che trasforma la luce in impulsi elettrici da trasferire poi al cervello attraverso il nervo ottico. Il primo esperimento di impianto di un sistema di visione artificiale in un essere umano risale ormai all’anno 2000. Il sistema, composto da una microtelecamera incorporata in speciali occhiali, accoppiata ad un sensore a ultrasuoni, trasmette i segnali a un piccolo computer tascabile, che elabora l’informazione, la ritrasmette a un altro computer e di qui a una rete di 68 elettrodi posti nella superficie del cervello. Questo impianto high tech è riuscito a ridare un poco di vista a un paziente cieco da 36 anni. I risultati, se pur interessanti, sono solo un primo passo verso una buona soluzione: il paziente ha recuperato una capacità visiva pari a quella di una persona molto miope, e l’apparato è relativamente scomodo.

Sono dunque partiti parecchi progetti destinati a costruire un occhio artificiale più performante e portatile. In Europa, solo per citare alcuni esempi, è stato attivo il progetto comunitario OPTIVIP con l´obiettivo di realizzare una protesi in grado di stimolare direttamente il nervo ottico, è in corso una ricerca da parte dell´ospedale oftalmologico di Colonia e avanzate sperimentazioni sono condotte dal pioniere Claude Veraart. La ricerca ha prodotto risultati e i primi prototipi di retina artificiale europea sono già stati impiantati, con risultati interessanti. Anche questo sistema si basa su un apparato esterno collegato però al nervo ottico: dovrebbe essere quindi applicabile anche a pazienti con la retina totalmente inattiva, ma che abbiano un nervo ottico funzionante. Si prevede che il prodotto potrebbe essere reso disponibile al pubblico entro il 2010, a un costo attorno ai 20.000 euro.

Al lavoro anche i laboratori nucleari

Negli Stati Uniti si è addirittura mobilitato l’establishment militar-nuclear-industriale, coinvolgendo enti come il Sandia National Laboratories, un laboratorio chiave per la ricerca nucleare a fini bellici statunitense o l’Argonne National Laboratory, laboratorio che fu parte fondamentale del progetto Manhattan (legato, come noto, alla costruzione della prima bomba atomica). Ancora una volta, aziende ed enti seguono il principio “piatto ricco mi ci ficco” e cercano di godersi una fetta dei sostanziosi stanziamenti messi a disposizione dal National Institutes of Health (e meno male che ogni tanto si mettono i brillanti cervelli dei ricercatori a lavorare su progetti benefici per l’umanità…).

Almeno un paio di aziende statunitensi sono già a un discreto punto della sperimentazione su pazienti umani, chi usando device connessi a hardware esterni, chi passando invece a impianti interni come nel caso della retina artificiale (ASR), un chip di un paio di millimetri di diametro e più sottile di un capello, da impiantare all’interno dell’occhio. Questo particolare chip contiene 5.000 fotosensori in grado di convertire la luce in impulsi elettrochimici e con questi stimolare le cellule della retina del paziente ancora in grado di funzionare (il che dovrebbe rendere inutile l´apparato nel caso di pazienti con la retina totalmente compromessa).

In cerca della nanobatteria

Questo nuovo tipo di dispositivi elettronici pongono agli scienziati tutta una serie di problemi, in parte inediti. Seguendo la tradizione consolidata dell’elettronica, a ogni successiva generazione il prodotto rischia di diventare più vorace di energia. Ci si potrebbe dunque trovare dinnanzi al problema di dover dipendere da una qualche forma di energia esterna o di accumulatore impiantato nel corpo. In realtà il microchip ASR si alimenta da solo, sfruttando la luce che lo colpisce- ma questa soluzione rischia di metterlo in difficoltà in situazioni di scarsa luce ambientale, il che limiterebbe la sua utilità.

Sul fronte delle fonti energetiche impiantabili si sta dunque muovendo un consorzio di enti e aziende americane, che ha intrapreso il lavoro di ricerca su una batteria che dovrebbe produrre elettricità imitando i processi biologici degli organismi viventi. Una batteria tanto piccola da poter trovare posto nell’occhio insieme alla retina artificiale, per arrivare ad una soluzione del tutto interna e quindi più comoda ed “accettabile” per il paziente.

L’altro grande problema è garantire il funzionamento di un dispositivo delicato come un microchip in un ambiente così aggressivo come l’interno del corpo umano, proteggendo al contempo il delicato corpo umano da possibili effetti collaterali del chip impiantato nell’occhio. Una soluzione a questo problema sta per essere individuata attraverso un sofisticato rivestimento, basato sull”applicazione di uno strato ultrananocristallino composto da cristalli di diamante del calibro di 5 milionesimi di millimetro.

Piccoli passi verso l’uomo bionico

Anche se queste soluzioni, ancora ai primi passi, rappresentano una possibile soluzione solo per alcune forme di cecità, sembra si possa essere ottimisti, almeno per i ciechi del mondo occidentale, in grado di permettersi (anche grazie a una mutua o assicurazione sanitaria) il costo di apparato ed operazione.

È dunque probabile che a medio termine questo tipo di impianti ridaranno almeno parzialmente la vista a un certo numero di non vedenti. Nel lungo periodo, conoscendo come funzionano gli esseri umani e tenendo in conto le probabili evoluzioni tecnologiche, non mi sorprenderebbe diventasse comune farsi sostituire occhi perfettamente funzionanti con occhi bionici, capaci di vedere più lontano, funzionanti in assenza di luce o in grado di captare radiazioni non visibili, essendo in grado di “vedere” l’infrarosso o l’ultravioletto.

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