Appena fatto in tempo a parlare dell'intelligenza artificiale dopo la scomparsa di Marvin Minsky e se ne è andato Ray Tomlinson, l'uomo cui dobbiamo la posta elettronica e l'uso della onnipresente chiocciola.
Se l'intelligenza artificiale vera è divenuta nicchia per pochi ricercatori illuminati e dimenticati, a vantaggio del calcolo bruto eseguito in cloud incommensurabili, la posta elettronica è onnipresente e al tramonto. La morte di Tomlinson è stata ricordata anche dai telegiornali, che non hanno mancato di ricordarci come ogni giorno partano e (quasi tutte) arrivino centonovanta miliardi di email.
Numero gigantesco, che tuttavia evidenzia la necessità di un'alternativa. La quantità e anche il tipo delle comunicazioni di oggi tratteggiano l'email in termini di attualità e freschezza come potrebbe apparirci un maggiordomo in livrea e guanti bianchi, pronto a un lungo giro di parole per dirci che è pronto il tè. Dice bene il caustico Max von Moruz:
Qualche giorno fa è morto uno dei fondatori di AOL. Oggi è morto il creatore dell’email. È tutta roba vecchia, oltre che largamente inutile per le aziende. Eppure c’è gente che ancora parla di “New Media”.
Nata per superare l'inefficienza delle prime messaggerie elettroniche e capace di cambiare veramente il mondo (dove oggi esistono quattro miliardi di indirizzi email, che valgono come altrettanti identificatori universali con un successo e un'efficienza senza paragoni), l'email soffre delle sue sovrastrutture e infatti rimane come mezzo primario di comunicazione solo in aziende e organizzazioni a basso rendimento.
Nei luoghi virtuali che aspirano a rapidità e leggerezza come da lezioni di Calvino, da tempo sono stati adottati altri sistemi. Le mailing list spontanee tra genitori della stessa classe scolastica sono state rimpiazzate da Whatsapp o succedanei; sempre più aziende si organizzano attorno a sistemi come Slack o Igloo, che riprendono lezioni mutuate da GitHub sull'amministrazione di gruppi, messaggi, contatti e file e le rendono facili da usare per un pubblico non tecnico.
Dove ancora si vivono gli anni novanta, circolano decine di mail al giorno piene di allegati con lo stesso nome in versioni diverse, cascate di testo indecifrabile da quando tutti rispondono sopra il messaggio ricevuto che nessuno ripulisce più dalle parti inutili, riassunte in un oggetto che dopo tre passaggi ha perso ogni attinenza con il contenuto effettivo, rivolte a insiemi di indirizzi sempre più ingarbugliati di copie conoscenza, nascoste, supposte, tali che rispondere senza creare un incidente diplomatico o un fraintendimento diventa sempre più ostico.
Così come sugli schermi la metafora della scrivania lascia il passo a sistemi pensati per persone che già hanno una confidenza con il digitale, così è già iniziata la dipartita dalla metafora della busta affrancata. Ci vorrà tempo, partendo dai centonovanta miliardi di messaggi quotidiani, ma quando sarà accaduto definitivamente ce lo diremo via Messenger, Hangout, iMessage o altro a piacere.