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Open Government, non perdiamo altro tempo

23 Agosto 2010

Open Government, non perdiamo altro tempo

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Negli Stati Uniti, ma anche in Inghilterra, Nuova Zelanda, Australia e Giappone, i cittadini hanno già accesso a molti dati pubblici. Da quei dati, ora che possediamo strumenti in grado di interpretarli e metterli in relazione, discende una nuova forma di cittadinanza e di democrazia

C’è un movimento che è marcia in tutto il mondo. È una marcia pacifica, senza cortei, che però sta raggiungendo risultati epocali: è il movimento dell’Open Government. L’Open Government (letteralmente “Governo Aperto”) è innanzitutto una dottrina secondo cui l’amministrazione deve essere trasparente a tutti i livelli e consentire un controllo continuo del proprio operato mediante l’uso delle nuove tecnologie. Non è un’idea nuova: un’amministrazione che intavola una costante discussione con i cittadini, in modo da sentire quello che hanno da dire, e che prende decisioni basate sulle loro necessità. Tutto questo, che era già auspicabile per un’amministrazione tradizionale, oggi diventa possibile grazie alle tecnologie e agli strumenti di partecipazione della rete.

Rivendicazioni

Centralità del cittadino, partecipazione, accesso universale ai dati pubblici, uso del web (e in particolare dei dispositivi mobili) sono i tratti distintivi dell’Open Government. Questa dottrina rappresenta, inoltre, anche un’occasione storica per riprogettare il modo di operare delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni, in particolare per quanto concerne il modo in cui interagiscono e si relazionano con i cittadini. Infatti, un’amministrazione che intenda essere davvero aperta deve realizzare un cambiamento su diversi livelli:

  • cambio culturale, ponendo al centro il cittadino e non le procedure;
  • cambio dell’organizzazione, abbandonando il modello gerarchico – spesso non orientato all’efficienza – in cui il cittadino è trattato come un suddito e subisce passivamente le decisioni assunte dalle istituzioni;
  • cambio della forma di relazione con l’utenza, passando dalla logica dei certificati a quella della disintermediazione, dalle code alle comunicazioni online.
Il manifesto ideale

Impulso decisivo alla diffusione mondiale di politiche di Open Government è stata sicuramente l’attenzione dedicata al tema dall’amministrazione statunitense, che ha recepito gli insegnamenti della dottrina Open, traducendoli in un efficace modello amministrativo. Nella Direttiva Obama, che disegna un vero e proprio modello normativo-organizzativo,  sono anche codificati i tre pilastri della dottrina dell’Open Government, che ogni amministrazione deve perseguire:

  • trasparenza: fornire ai cittadini tutte le informazioni sull’operato dell’amministrazione aiuta a creare fiducia, oltre a infondere nuova linfa al sistema economico;
  • partecipazione: stimolare la partecipazione dei privati al processo decisionale, in quanto il ricorso all’intelligenza collettiva migliora la qualità delle scelte compiute dalle istituzioni;
  • collaborazione: rivedere i modelli organizzativi in modo da garantire la costante collaborazione con gli altri Enti, le organizzazioni no-profit e i privati, sfruttando al massimo gli strumenti del Web 2.0.
Open Data

Il movimento ha anche uno slogan, coniato da uno degli ideologi della dottrina Open Tim Berners Lee: «Raw data now», liberate i dati adesso. Si tratta dell’appello, rivolto a enti e istituzioni, ad abbracciare la pratica che prende il nome di Open Data e che consiste nel rendere i dati delle agenzie pubbliche accessibili a tutti sul web, in formato aperto, senza restrizioni di copyright, brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la riproduzione. Alla base della dottrina dell’Open Data c’è la considerazione per cui i dati prodotti dalle pubbliche amministrazioni, in quanto finanziati da denaro pubblico, devono ritornare ai contribuenti, e alla comunità in generale, sotto forma di dati aperti e universalmente disponibili. La “liberazione” dei dati pubblici risponde a molteplici finalità:

  • rendere l’amministrazione trasparente, attraverso la diffusione delle informazioni relative al suo funzionamento (in particolare quelle relative alla spesa pubblica);
  • migliorare la qualità della vita dei cittadini che possono liberamente riutilizzare le informazioni (si pensi alla diffusione delle informazioni relative alla criminalità);
  • dare impulso all’economia dell’immateriale, poiché i dati prodotti e detenuti dalle pubbliche amministrazioni (basti pensare ai dati cartografici) sono una preziosa – e finora sottovalutata – risorsa per la crescita economica e la creazione di posti di lavoro.

La prima realizzazione di portale unico nazionale di accesso ai dati pubblici è stata rappresentata dall’americano Data.gov, il cui esempio è stato già seguito da numerosi altri Paesi, come Inghilterra, Nuova Zelanda, Australia e Giappone.

E in Italia?

Un numero crescente di governi sta comprendendo le opportunità di far leva sull’innovazione e sulla diffusione delle informazioni e della conoscenza, approfittando proprio della crisi economica globale. Del resto, i risultati sono lusinghieri: l’amministrazione Obama ha tracciato un bilancio nettamente positivo del primo anno di Open Gov e l’Onu (nel suo rapporto sullo stato dell’e-government nel mondo) ha raccomandato l’adozione di modelli amministrativi di questo tipo. L’Italia non rientra ancora tra i Paesi che hanno impostato una strategia unitaria e sistematica in materia di Open Gov, sicuramente a causa di resistenze culturali, ma anche per difficoltà di ordine normativo (primo fra tutti il requisito necessario dell’interesse previsto dalla legge italiana).

Tuttavia il movimento Open si sta diffondendo anche nel nostro Paese e sono sempre più coloro che chiedono che vengano adottate politiche di questo tipo; non mancano i casi di amministrazioni – come il Piemonte – che dal basso iniziano a seguire gli esempi delle più avvedute istituzioni straniere. In un Paese ormai disilluso sull’innovazione (e che non a caso occupa gli ultimi posti di tutte le classifiche internazionali in materia), il movimento Open ha riacceso molti entusiasmi; dopo essere stati i primi nel mondo a disciplinare la firma digitale e la posta elettronica certificata e ad aver assistito al flop di questi due strumenti, gli italiani scoprono i vantaggi  di sperimentare un sistema già collaudato. Dopotutto, se l’Open Gov ha funzionato altrove, può funzionare anche da noi. E allora, raw data now!

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