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La rete e la tivù, ecco il nuovo campo di battaglia

07 Giugno 2010

La rete e la tivù, ecco il nuovo campo di battaglia

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Movimenti di strategia e di mercato, tra nuovi arrivati (Vodafone), attori che rilanciano (Telecom Italia, Apple) e giganti della rete che tentano strade parallele (Google, Yahoo!). La chiave sta nelle alleanze

Ma se anche un operatore come Vodafone si è lanciato nel business, fino a ieri di nicchia, dei decoder internet, significa che siamo alle porte di una nuova era per le tivù. Vodafone non ha certo la fama di essere un pioniere di internet, del resto. Tende a cavalcare un fenomeno quando è pronto a dare profitti, come dimostra il suo tardivo ma aggressivo lancio dell’Adsl. Adesso il fenomeno, approdato anche in Italia, è il mutato rapporto tra gli utenti internet e le loro tivù. L’arrivo del digitale terrestre (con l’obbligo, per alcuni, di comprare un decoder) è solo un pretesto in più per la svolta. A fare la differenza è che un buon numero di utenti internet è ormai interessato a un modo più interattivo e personalizzato di usare il televisore. O, per dirla con Clay Shirky, sono sempre più quelli convinti che una tivù che non possono manipolare come un pc è una tivù rotta.

Il nuovo Cubo

E non c’è mica solo Vodafone. Si attende ormai a giorni la nuova versione del Cubo Vision di Telecom Italia (per la prima volta nei negozi). Già, ecco i due principali operatori che si fanno battaglia non solo sulle tariffe sms ma anche sull’innovazione in tivù: evento raro. Allargando la visuale: nel mondo i due principali duellanti sono Google e Yahoo!. Non con prodotti completi, però, ma con piattaforme che possono portare interattività in vari dispositivi di elettronica di consumo: direttamente nella tivù, in decoder o su lettori blu ray. Per ora, si sa che la Google Tv prenderà vita in una tivù di Sony, mentre la piattaforma di Yahoo! è su quelle di Sony, Samsung, Lg, Vizio (in Italia, solo nei primi due marchi). In tutti questi casi, internet non è mai la stessa che vedremmo dal pc, ma è in forma di widget. Ci sono i principali servizi e siti web, più altri ad hoc, e contenuti on demand (libreria di film e i programmi tv del giorno prima). La piattaforma di Yahoo! c’è da qualche anno, ma l’idea di Google, sposata anche da Vodafone e da Telecom, è un po’ diversa: permettere agli utenti di accedere a un marketplace di applicazioni-widget, da aggiungere a piacere. Il televisore che diventa insomma come l’iPhone. O come un cellulare Android: questo del resto è il sistema operativo alla base anche della Google tv.

La novità dirompente non è tanto tecnologica quando strategica e di mercato. «La Google Tv ha gli elementi giusti per avere successo. Quelli che mancavano nei precedenti tentativi di fondere tv e interattività online», dice Tom Morrod, analista di Screen Digest. I primi esperimenti di internet sulla tv, 15 anni fa, erano troppo prematuri, poiché mancava la banda larga. Che però è diffusa da anni, in molti Paesi del mondo. Quello che è mancato dopo è stata una rete strategica di alleanze. È proprio qui che Google darà il maggiore contributo: catalizza risorse di player diversi, in puro spirito internet. Vanta già alleati, per la propria piattaforma, tra i produttori di apparati (Sony), di chip (Intel) a broadcaster (Dish, operatore satellitare Usa). Il colosso del web è sceso in campo adesso perché dopo aver semi monopolizzato il mercato online su pc, ormai maturo nei Paesi anglosassoni, per crescere ancora deve trovare nuovi sbocchi. Sui cellulari come sulle tv. Per questo motivo probabilmente, nelle nuove forme di tv, avranno futuro le piattaforme più aperte e forti di alleanze migliori.

Nicchie

Altri prodotti simili, partiti già da tempo, non hanno avuto la stessa fortuna e quindi resteranno di nicchia: è il caso di Tv Surf e di BlobBox, tanto per citarne due distribuiti anche in Italia. Idee analoghe a quelle di Google e Yahoo! hanno alle spalle grossi nomi, ma peccano comunque di deboli alleanze: così è per le Tv e i decoder Panasonic e per le tv Philips. Hanno soluzioni proprietarie, non aperte a sviluppatori di terze parti e prive di big del web che facciano da catalizzatori. Un altro strumento che potrebbe portare piattaforme internet sulla tivù sono le console. Quelle Sony e Microsoft lo fanno, ma ancora in modo limitato quanto a numero di servizi e a possibilità di aggiungerne. La chiusura è stato il peccato anche dell’Apple Tv. Non è un caso quindi che subito ci si è peritati ad aprirla. E che in questi giorni circolino voci di una versione aperta, con lo stesso sistema operativo dell’iPhone.

Il successo dei decoder Telecom e Vodafone si vedrà in base al numero di energie esterne che riusciranno a catalizzare. In questa fase, le emittenti affrontano una sfida. Per riuscire ad abitare il futuro della tv dovranno probabilmente rinunciare a un antico privilegio: poter controllare tutti i contenuti che circolano. Dovranno fare alleanze, creare o adottare piattaforme, market place. Mediaset, a quanto pare, ci pensa già. Se riusciranno a entrare nello spirito giusto, saranno inarrestabili, perché potranno sfruttare la propria presenza già affermata nelle case degli utenti. Altrimenti, si vedranno sorpassare da destra da altri soggetti, che affiancheranno i propri contenuti (e relativa pubblicità) ai canali tradizionali. La furia degli outsider ha già debuttato nel mercato dei cellulari, con Apple, Google. Adesso potrebbe toccare alle tivù.

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