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Mandrake 9.1, Linux maturo per il desktop

01 Aprile 2003

Mandrake 9.1, Linux maturo per il desktop

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Le distribuzioni "per utenti" di Linux sono diventate finalmente abbastanza semplici e utilizzabili. Oppure è Windows che sta diventando più difficile?

È stata rilasciata da qualche giorno la versione 9.1 della distribuzione Mandrake di Linux, disponibile anche in italiano. Le recensioni tecniche sulla nuova creatura non mancano, per cui è inutile che io tenti di ripetere il lavoro già fatto egregiamente altrove. Mi sembra però che le recensioni di Linux si perdano spesso in disquisizioni su librerie, compilatori e kernel, lasciando per strada l’utente medio che è incuriosito dal fenomeno Linux, vorrebbe provarlo, ma torna a gambe levate tra le braccia di mamma Microsoft di fronte alle bordate di gergo per intenditori.

Con tutto il rispetto per gli esperti, l’utente comune ha altre esigenze: prima di impegnarsi vuole sapere se Linux “funziona” o no, se è davvero difficile come dicono, se permette di fare tutto quello che si fa con Windows, e se vale la pena perderci un po’ di tempo. I tecnicismi verranno affrontati una volta presa questa decisione.

Finora la risposta a queste domande è sempre stata un “Sì”, seguito da un imbarazzato “ma…”. Sì, funziona, ma è una pena da installare; sì, è difficile, ma vuoi mettere la sfida intellettuale e il senso di libertà; sì, ci si fanno le stesse cose di Windows, ma con molte eccezioni; sì, vale la pena di perderci del tempo, ma preparatevi a perderne tanto, mi raccomando.

Mandrake 9.1 sta cominciando a cancellare buona parte di quei “ma”. Le tante distribuzioni di Linux dedicate al desktop (al singolo utente di Pc, piuttosto che all’amministratore di rete) che ho provato in questi anni sono state delle buone approssimazioni di come deve essere un sistema operativo per l’utenza di base, ma hanno sempre avuto qualche lacuna. C’è sempre stato qualcosa che non funzionava, un driver mancante, una configurazione stravagante da scegliere, una grafica grossolana da sopportare. Sarà che stavolta sono stato fortunato, ma questa Mandrake ha eliminato tutti questi problemi.

Pirata per forza maggiore

Sulla facilità di installazione, di solito Windows vince a mani basse, per il semplice fatto di essere preinstallato. I problemi nascono quando, come è capitato a me, Windows XP preinstallato fa le bizze e occorre reinstallarlo.

Sul Pc che ho acquistato da poco senza monitor (ereditava lo schermo LCD da un altro computer defunto), XP era totalmente inservibile: tarato per un sincronismo video sbagliato, mi mostrava sullo schermo tutto fuorché il pulsante Start dal quale, secondo il ridicolo manuale-sottiletta fornito (dodici pagine, di cui due vuote), avrei dovuto procedere alla risoluzione del problema.

Come capita purtroppo sempre più spesso, il CD di ripristino fornito dal fabbricante del PC non era del tipo che si avvia da solo e fa partire la procedura di installazione: non era bootable, insomma. Motivo? La procedura di reinstallazione prevede che si avvii il Pc dal dischetto di boot, quello che si crea usando l’apposita, facilissima funzione di XP. Apposita funzione alla quale si accede, ovviamente, tramite il comodo pulsante Start, quello che mi stava roteando psichedelicamente sullo schermo, più imprendibile di una mosca durante un pisolino estivo. Per installare XP, insomma, bisogna prima installare XP. Datemi un martello.

Vi risparmio gli atroci dettagli di come ho risolto il problema: dico solo che ho dovuto installare un Windows 98 OEM di un altro mio Pc dal quale avviare il CD di ripristino di XP. Operazione ai limiti dell’illegalità, come accennavo in un altro articolo, ma spero che zio Bill mi perdonerà: ho agito in stato di necessità, per far valere la licenza d’uso del software di cui sono legittimo detentore.

Io me la sono cavata perché tutto sommato qualcosina di computer ci capisco, ma come poteva uscirne un utente comune? Passando ore al telefono con l’assistenza tecnica, suppongo, o chiedendo soccorso a qualche smanettone che sa che pigiando F8 durante l’avvio si accede a un menu di emergenza (fatterello che l’anoressico manuale si astiene dal menzionare); in ogni caso, perdendoci un’infinità di tempo. Per poi vivere con l’incubo che se si cambiano troppi componenti del Pc, XP crede di essersi reincarnato in un altro computer e quindi scatta di nuovo la procedura di attivazione, che può comportare una telefonata a Microsoft e la dettatura di un codice di cinquanta cifre, seguito dalla digitazione di un controcodice altrettanto chilometrico. Una goduria.

Infine c’è la messa in sicurezza, con lo scaricamento di patch a badilate e tutta una serie di rifiniture manuali per evitare scherzetti come lo spam che arriva tramite il servizio Messenger (una novità di XP), la disabilitazione della vulnerabilità Universal Plug and Play e il firewall che non fa entrare gli intrusi ma non fa nulla contro i programmi-spia che tentano di uscire dal vostro Pc per comunicare con il loro padrone. Eccetera, eccetera.

Confrontate questa situazione con una distribuzione di Linux. Ho scaricato da Internet la Mandrake 9.1 (a questo serve l’ADSL), l’ho masterizzata, ho infilato il primo dei tre CD nel computer e l’ho avviato (è bootable). È partita la procedura di installazione, che è interamente grafica, ma si può scegliere anche quella testuale, evitando così i problemi di sincronismo video. La procedura sostanzialmente consiste in una serie di domande di configurazione confrontabili con quelle fatte da Windows: il tipo di mouse, il fuso orario, il disco dove si vuole installare, e così via. Tutto l’hardware è stato riconosciuto senza problemi, comprese la stampante, la Webcam e la scheda TV. Un netto passo avanti rispetto al passato.

Costo del software: zero, e lo posso installare legalmente su tutti i computer che ho. Nessuna spada di Damocle di attivazioni e codici di sblocco, niente spam e un firewall vero che blocca anche eventuali tentativi di uscita non autorizzati. E suona anche gli mp3 e i film in formato DivX.

L’installazione, inoltre, include moltissimo software pronto all’uso. Mentre a XP ho dovuto aggiungere Office, SoundForge, il player DivX e un browser un po’ meno vulnerabile di Internet Explorer, in Mandrake 9.1 ho trovato già installati OpenOffice.org 1.0.2 (che sta diventando più snello e scattante ed è ora un serio contendente per la suite Microsoft), il player DivX, il browser Mozilla, il visualizzatore di file PDF e il software per esportare documenti nel medesimo formato, editor audio e video, client di posta e tanto altro ancora. In altre parole, dopo mezz’ora e un solo riavvio ero già online e pronto a lavorare con Linux.

Il (dis)prezzo del successo

Mandrake ha, fra i linuxiani, la reputazione di essere una delle distribuzioni per “utonti”. I puristi la disprezzano, ma ha il pregio di non affliggere il neofita con domande interminabili senza per questo compromettere la sicurezza e la flessibilità. Basta seguire le impostazioni consigliate, per cui è un’ottima soluzione per chi vuole conoscere il mondo Linux e ha esperienza come utente Windows.

Se Linux ambisce a conquistarsi le simpatie della grande utenza, è di questo tipo di distribuzione che c’è bisogno. Potrà essere uno shock per gli smanettoni, ma la gente normale che usa il computer non ha alcuna voglia di trafficare con le sue interiora digitali, né trae piacere dal farlo: vuole soltanto usare il computer per fare il proprio lavoro. Il Pc deve servire l’utente, non viceversa.

Un ingrediente fondamentale di questo successo è la leggibilità. Abituato da anni a vedere schermate grafiche di Linux dai font così brutti e seghettati da sembrare ritagliati da un bimbo dell’asilo, è un piacere vedere OpenOffice.org, Mozilla e tutti gli altri programmi partire immediatamente con caratteri eleganti, nitidi e correttamente spaziati; un risultato che si poteva già ottenere con altre distribuzioni, ma a prezzo di smanettamenti interminabili. Licenze permettendo, inoltre, si possono anche importare con poche cliccate i font di Windows. Si ottiene, insomma, un Linux grafico che regge perfettamente il confronto con Windows, non ne sembra il parente povero e non affatica la vista.

La convivenza con Windows è fra l’altro molto semplice in Mandrake 9.1. Eventuali partizioni o dischi Windows presenti sul Pc vengono impostati automaticamente (meglio se sono in formato FAT32 piuttosto che NTFS), e i dischi e file Linux possono essere condivisi con altri Pc Windows della LAN tramite un programma di configurazione interamente grafico e piuttosto intuitivo (ma migliorabile). Una stampante collegata a un Pc Linux è condivisibile con tutte le macchine Windows della rete locale come se fosse collegata a una macchina Windows. Gli altri utenti non si accorgono neppure che stanno dialogando con una macchina Linux.

Rose e fiori (e pinguini)

Di limitazioni rispetto a Windows, comunque, ne rimangono, anche se sono assai meno gravi di un tempo. Alcuni formati audio e video proprietari di Microsoft non sono leggibili. Nessuna delle applicazioni Linux è in grado di leggere perfettamente un documento Word o Excel. OpenOffice.org ci si avvicina, ma la perfezione è lontana. I cinici obietteranno che anche Microsoft Word spesso non riesce a leggere perfettamente un documento scritto da un’altra versione di Microsoft Word; verissimo, ma è una consolazione modesta.

Certamente se gli utenti con cui scambiate documenti usano anche loro il formato XML di OpenOffice.org, non ci sono problemi; ma per gestire affidabilmente i documenti Word, PowerPoint e Excel, l’unica soluzione affidabile è installare Microsoft Office, che gira egregiamente sotto Linux (eccetto Access) grazie a Crossover della Codeweavers.

Crossover si paga (55 dollari), ma sono soldi spesi bene, perché consente di eseguire in Linux molte applicazioni Windows, e tutti abbiamo qualche programma per Windows al quale non possiamo rinunciare. Crossover permette per esempio di usare sotto Linux quell’Internet Explorer che troppi webmaster continuano a considerare erroneamente come uno standard di riferimento, col risultato che tanti siti di e-commerce sono utilizzabili soltanto con il browser Microsoft.

Detto fra noi, se l’idea di pagare per il software Linux vi turba, tenete presente che lo scopo di Linux non è fornire software gratuito, ma software basato su standard pubblici anziché proprietari, in modo da non essere costretti a dipendere da un fornitore unico, con tutti i rischi di abuso che questo comporta. Si paga qualcosina oggi per non pagare molto di più (magari in natura) domani.

Esame di maturità

Insomma, distribuzioni come la Mandrake 9.1 dimostrano che Linux si è evoluto abbastanza da essere pronto per il desktop per le normali applicazioni (scrittura testi, fogli di calcolo, uso del Web e della posta, multimedialità) e per l’utenza ordinaria. Se non avete mai provato Linux, è ora di provarlo tramite questa nuova distribuzione. Non sarà tempo sprecato.

Ironicamente, la raggiunta parità con Windows è anche merito dei passi indietro fatti dal sistema operativo Microsoft: la sua nuova interfaccia giocattolosa che nasconde le cose all’utente, i suoi aumentati costi di licenza, i noti problemi di sicurezza e di affidabilità, ai quali si è aggiunta ora l’attivazione, che permette a Microsoft di revocarvi la licenza in qualsiasi momento (ossia quando decide che è ora che comperiate il successore di XP o di Office) ed è una misura antipirateria totalmente inefficace, che causa danni soltanto all’utente onesto.

È un peccato che la società di Redmond abbia adottato questa politica. XP, tutto sommato, una volta addomesticato a dovere (ingabbiando Messenger, Outlook ed Internet Explorer, installando un vero firewall e un browser alternativo, e così via), non è affatto malvagio. Non ha ancora avuto un crash da quando l’ho installato; insomma, funziona, che è poi tutto quello che chiede un utente medio al proprio Pc. Ora che si è finalmente raggiunto questo traguardo, perché deturparlo con licenze capestro e attivazioni che tanto vengono aggirate dai pirati?

Per dirla tutta: tecnicamente e in termini di facilità d’uso, Linux è ormai un contendente alla pari, ma Microsoft continuerà a essere dominante perché finora è riuscita a imporre i propri formati di file come standard di fatto, sapendo che nessun concorrente li può emulare perfettamente e che questo obbliga l’utente a rivolgersi al software Microsoft. Se giganti come Reuters, Merrill Lynch, Morgan Stanley, Credit Suisse First Boston, Goldman Sachs Group adottano Linux e numerosi governi propongono o impongono l’uso di formati pubblicamente documentati nella pubblica amministrazione, è segno che l’attuale standard di fatto non è destinato a durare in eterno.

Dunque non è più una questione di tecnologia; è una questione di formati. Chi può liberarsi da questa dipendenza, adottando formati pubblici, può oggi adottare Linux senza rimpianti, senza traumi e con congrui risparmi, che portano a un vantaggio sulla concorrenza. Chi non può, si prepari a spendere e a non essere competitivo.

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

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