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Copyright? Tanti auguri

30 Settembre 2015

Copyright? Tanti auguri

di

A Warner/Chappell di reperire nuove fonti di reddito e a tutti quelli che vogliono festeggiare il compleanno… più liberi.

Stavo facendo già le valigie per il mare quando ho inviato ad Apogeonline un ultimo articolo, di tono leggero, prima della pausa estiva. Avevo accennato a una imminente sentenza americana sullo status di copyright della canzoncina popolare Happy Birthday to You e avevo concluso con l’augurio di trovare una bella sorpresa al rientro dalle vacanze. Il momento è arrivato: la Federal Court for the Southern District of New York ha finalmente partorito il verdetto e adesso possiamo finalmente dirlo a gran voce: la canzoncina è a tutti gli effetti da considerarsi caduta in pubblico dominio e quindi nessuno potrà più vantare alcun copyright su di essa.

Ora, all’interno di film e serie tv, non saremo più costretti a vedere improbabili surrogati, messi lì proprio per evitare di versare decine di migliaia di dollari di royalty.

Tutto ciò con buona pace della sconfitta casa discografica Warner/Chappell che fino ad ora si è avvantaggiata di diritti esclusivi sbandierando una complicata catena di cessioni dei diritti sul testo del brano che avrebbero in qualche modo spostato in là (fino addirittura al 2030) la caduta del pubblico dominio.

Sì, il tutto era giocato unicamente sul testo, mentre per quanto riguarda la parte musicale era già assodato da tempo il pubblico dominio. Come si apprende dalla ricostruzione storica, infatti, il testo Happy Birthday to You è una variazione postuma dell’originale Good morning to all risalente – pare – al 1893, autrici le sorelle Mildred e Patty Hill.

Il quadro giuridico che emerge dalla lunga e articolata sentenza è davvero complesso; tuttavia si risolve proprio nella acclarata mancanza di concrete prove della catena di cessioni da sempre vantata da Warner/Chappell.

La convenuta (cioè Warner/Chappell) non han alcuna prova si sia verificato un trasferimento di diritti, né per dichiarazione orale, né per iscritto, e nemmeno per effetto di uno specifico comportamento. Il secondo e il terzo contratto [portati agli atti come prova] erano relativi agli arrangiamenti per pianoforte […]. Non ci sono altra testimonianze né prove indiziarie che possano dimostrare che si sia verificato un trasferimento dei diritti sul testo. In realtà, la convenuta non può nemmeno addurre prove per dimostrare che le sorelle Hill abbiano trasferito i loro diritti sui testi alla Hill Foundation, in modo tale che la Hill Foundation potesse a sua volta trasferirli legittimamente alla casa editrice Summy Co.

Così scrive la corte appena prima delle conclusioni (pagina 40 e 41 del documento ufficiale). E già da questo estratto si può percepire che i soggetti in gioco sono molti di più.

Ad ogni modo, come usa dire, tutto è bene quel che finisce bene. E confido anche che questa storia serva da lezione per tutti coloro che vantano diritti di privativa inesistenti e li fanno valere solo grazie al fatto di avere la voce più grossa e le spalle più larghe: moda ahimé piuttosto diffusa negli ultimi anni.

Il testo di questo articolo è sotto licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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