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L’intesa sempre pronta tra MIUR e Microsoft

18 Giugno 2015

L’intesa sempre pronta tra MIUR e Microsoft

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Inutile legiferare sull'adozione del software aperto se poi le regole vengono messe al servizio di un soggetto proprietario ed egemone.

Grande indignazione ha generato nella community italiana del software libero la notizia di un protocollo d’intesa tra il Ministero dell’istruzione, università e ricerca e Microsoft Italia, siglato lo scorso 15 maggio.

L’indignazione è legata all’idea che, secondo le ultime modifiche all’articolo 68 del Codice dell’Amministrazione Digitale, lo Stato e le pubbliche amministrazioni nell’acquisire software dovrebbero sempre dare la priorità a soluzioni di tipo open, effettuando una valutazione comparativa.

Ne parlammo dettagliatamente in queste pagine, sia in occasione dell’intervento legislativo (agosto 2012) sia in occasione della diffusione delle relative linee guida (gennaio 2014).

C’è da fare un’importante precisazione però: dal momento che si tratta solo di un protocollo di intesa, non è possibile in questa fase invocare l’articolo 68. Lo si potrà invocare solo successivamente, quando, sulla base di questa sorta di convenzione, scuole e università dovessero attivarsi per l’acquisizione di soluzioni software. La questione quindi, da un mero punto di vista giuridico, non ha molto momento per ora.

Tuttavia, al di là dell’ottica meramente giuridica, non si può negare che nel merito la scelta desti qualche perplessità. L’articolo 1 del protocollo ci dice infatti che le sue finalità sono queste:

  • promuovere e rafforzare lo sviluppo della cultura digitale nella Scuola, delle abilità organizzative, di leadership e team management e dell’educazione ai media degli studenti e del personale della scuola;
  • promuovere iniziative per l’individuazione di soluzioni a supporto dei processi di innovazione didattica e pedagogica;
  • valutare soluzioni tese a modificare i tradizionali ambienti di apprendimento;
  • promuovere progetti di orientamento per gli studenti nel settore delle nuove tecnologie.

L’interrogativo che sorge spontaneo è: siamo sicuri che una convenzione con una multinazionale che opera in ottica proprietaria sia proprio il modo migliore per perseguire queste quattro nobilissime finalità? O forse è il caso di ripensare in modo più ampio e lungimirante il tema chiave dell’alfabetizzazione informatica?

Insegnare l’informatica e trasmettere una cultura digitale sono cose ben diverse dall’addestrare i ragazzi all’uso di alcuni pacchetti software. Tutte le volte che si sollevano certe argomentazioni, arrivano puntualmente i sedicenti realisti della situazione a spiegarci che in fondo ciò che il mondo del lavoro vuole è persone che sappiano utilizzare le soluzioni più diffuse sul mercato. Forse è il caso di riflettere su quel più diffuse e chiediamoci se lo sono perché sono le migliori disponibili o proprio perché sono supportate da un sistema che si è irrigidito su standard di fatto che portano un vantaggio economico ai soliti noti. E convenzioni come queste, che tra l’altro vengono rinnovate periodicamente, sono la conferma di una eccessiva insistenza su queste dinamiche.

Però so che qualcuno avrà pronta la solita giustificazione (per altro fornita anche dal MIUR su sollecito di Repubblica.it) secondo cui, in fondo, si tratta di un’offerta di servizi totalmente gratuita e molto completa che non potrebbe essere fornita da nessun altro concorrente; una di quelle offerte che non si possono rifiutare…

Il testo di questo articolo è sotto licenza Creative Commons Attribution – Share Alike 4.0.

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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