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Sul secondo canale

18 Giugno 2014

Sul secondo canale

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Bisogna pensare a che cosa voglia fare lo spettatore intanto che, davanti, al televisore, accende il tablet e consulta lo smartphone.

In questi ultimi anni si parla spesso di second screen e interazione multitasking con più apparecchi mobile – telefoni intelligenti, tavolette, portatili – utilizzati attivamente durante la visione di un film o programma TV (e non solo).

Al pubblico non basta più guardare la TV. La tecnologia mobile è sempre più una estensione del corpo e aiuta ad amplificare e percepire i messaggi, raccoglierli, condividerli, commentarli con persone che hanno quello stesso interesse o piacere nella visione di un dato contenuto.

Prendo come riferimento il lavoro di Ben Grossman, Strategy Director di Jack Morton Worldwide. I dati riguardano le abitudini del pubblico televisivo con i multischermi.

Planning For (And Against) The Second Screen di Jack Morton Worldwide

Si deduce che nel 2014 più di un miliardo e mezzo di persone ha uno smartphone o un tablet. L’85 percento lo utilizza davanti al televisore per cercare contenuti attinenti a quello che viene trasmesso. Le attività più comuni sono le condivisione e i commenti tramite i social network; a seguire vengono i giochi e le attività di lavoro. Tra i suggerimenti forniti per coinvolgere il pubblico appaiono, anche, applicazioni mobile dedicate a programmi TV, film, telefilm eccetera.

Facile a dirsi, molto articolato a farsi. Le applicazioni che coinvolgono l’utente-spettatore in attività Second Screen devono tenere in considerazione i contenuti offerti nel format principale. Deve esserci un legame stretto tra le parti. Non sempre basta un hashtag (il simbolo # davanti a una parola per abbinarla nei social a un dato tema).

Prendiamo l’esempio citato da Grossman: i Disney Second Screen. Un progetto interattivo che coinvolge il pubblico durante la visione di un film, utilizzando un computer o una app mobile. Durante l’interazione vengono forniti contenuti aggiuntivi come audio, video, foto o giochi, spesso inediti.
Per fare questo devono essere seduti attorno al tavolo interaction designer, creativo, marketing manager, sviluppatore e grafico. Sembra sempre più banale, ma non lo è affatto.

Ho realizzato qualche tempo fa un’applicazione mobile per smartphone e tablet, per un programma televisivo in onda una volta a settimana.

  • Obiettivo. intrattenere il pubblico con attività extratelevisive e, naturalmente, tenere alta la curva dell’ascolto.

  • Come. offrendo contenuti speciali, disponibili solo se si interagisce con l’app durante la messa in onda del programma.

  • In che modo. inserendo codici segreti forniti da un comico durante le puntate. Una volta scritti dietro una maglietta, l’altra sotto i piedi, l’altra ancora in un cartello tra il pubblico eccetera.

Per realizzare l’applicazione si è dovuto lavorare a stretto contatto con gli autori e i produttori del programma, i quali guidano e studiano minuziosamente i contenuti da offrire per ogni singolo minuto di una puntata, con un personaggio del cast, reso cartoon nella app, con i responsabili del palinsesto del canale televisivo che naturalmente, subiva modifiche anche all’ultimo momento e con tutto il team di grafici, copywriter e sviluppatori.

La progettazione dell’applicazione era strettamente dipendente dalle scelte poste dale parti sopra elencate e tutto doveva risultare armonico con i momenti del comico che avrebbe fornito i codici segreti.

Alla fine il prodotto ha riscosso successo sia perché si è raggiunta l’armonia – non sempre facile tra tutte le parti in gioco – sia, e soprattutto, perché ha sfruttato l’attitudine del pubblico a usare altri apparecchi mentre guarda la TV. Certo, nel caso da me citato era d’obbligo scaricare la app, ma questo extra ha ulteriormente coinvolto e divertito il pubblico.

Se mi dovesse ricapitare un progetto del genere, proporrei molto altro studiando le evoluzioni raggiunte e le modalità di interazione del pubblico. Creerei un’app che coinvolga non solo durante la diretta, ma intrattenga con contenuti speciali dedicati fino alla messa in onda della puntata seguente. Nei format americani questo modello viene utilizzato spesso nelle serie televisive durante le pause tra le stagioni, per riempire il vuoto televisivo con contenuti dedicati.

Non c’è quindi da rimanere stupiti se vediamo un teenager utilizzare lo smartphone mentre guarda la TV. Probabilmente sta accedendo a un flusso di informazioni attinenti, superiori a quello che il canale televisivo può. Cosa direbbe Marshall McLuhan?

L'autore

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