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Il capo vuole dati open

02 Maggio 2014

Il capo vuole dati open

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E se davvero cominciasse un'epoca rivoluzionaria nella quale non c'è più bisogno di mettersi in coda per avere un certificato?

L’altro giorno ho sentito le parole open data pronunciata in un telegiornale nazionale. L’occasione è stata la conferenza stampa con cui il premier Renzi ha annunciato la riforma della pubblica amministrazione italiana.
Certo, è solo un annuncio e ancora non si è visto il disegno di legge, e di annunci simili rimasti inattuati ne abbiamo sentiti fin troppi per lasciarci travolgere dall’entusiasmo.
In rete però è subito circolata la lettera a doppia firma Renzi-Madia rivolta direttamente ai dipendenti pubblici e scritta in carattere Comic Sans (era proprio necessario?); in essa vengono messe a fuoco le linee guida secondo cui dovrà avvenire questa rivoluzione della pubblica amministrazione, che pare essere davvero ispirata a principi di efficienza e innovazione tecnologica. Tre sono gli ingredienti chiave su cui il Governo vuole puntare: la convinzione che il vero cambiamento comincia dalle persone, la necessità di passare attraverso tagli agli sprechi e una generale riorganizzazione del settore, e infine il punto 3 dedicato appunto a open data e digitalizzazione.

Gli Open Data come strumento di trasparenza. Semplificazione e digitalizzazione dei servizi.

Possiamo utilizzare le nuove tecnologie per rendere pubblici e comprensibili i dati di spesa e di processo di tutte le amministrazioni centrali e territoriali, ma anche semplificare la vita del cittadini: mai più code per i certificati, mai più file per pagare una multa, mai più moduli diversi per le diverse amministrazioni.

Il fenomeno open data diventa quindi elemento veramente strategico per un’amministrazione più trasparente e moderna; e a dirlo non siamo più solo noi idealisti promotori dell’openness, ma anche chi guida il governo del Paese.
Ciò sgombra il campo da alcune critiche mosse nei mesi scorsi a Renzi per non aver nominato un ministro appositamente dedicato all’innovazione e all’attuazione della tanto discussa agenda digitale. E invece bastava portare solo un po’ di pazienza; ora pare infatti che – come ha già spiegato su Che Futuro! Ernesto Belisario – questo governo faccia sul serio sui temi del digitale.
Il testo di questo articolo è sotto licenza http://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/.

L'autore

  • Simone Aliprandi
    Simone Aliprandi è un avvocato che si occupa di consulenza, ricerca e formazione nel campo del diritto d’autore e più in generale del diritto dell’ICT. Responsabile del progetto copyleft-italia.it, è membro del network Array e collabora come docente con alcuni istituti universitari. Ha pubblicato articoli e libri sul mondo delle tecnologie open e della cultura libera, rilasciando tutte le sue opere con licenze di tipo copyleft.

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