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Recupero OK, riesumazione KO

30 Aprile 2014

Recupero OK, riesumazione KO

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Andy Warhol merita un'operazione di lettura di vecchi floppy disk. Certe cartucce andrebbero invece lasciate a riposare.

Arte e tecnologia si sono sempre mescolate, come sa chi studia le ricette antiche per ottenere i colori. In verità varia storia medievale e rinascimentale deriva dalle vicende di produzione e commercio in Europa del blu.
Il restauro dell’Ultima Cena, a Milano in Santa Maria delle Grazie, si è compiuto nel 1999 dopo diciassette anni di lavoro grazie anche ai finanziamenti di Olivetti, ammontati a sette miliardi di lire, 3,6 milioni di euro. In un certo senso è stato il canto del cigno di un’azienda un tempo gloriosa per l’Italia della tecnologia.
Certo Leonardo, nel dipingere il Cenacolo, non aveva la durata nel tempo in cima alla lista delle priorità. Neanche Andy Warhol, mentre armeggiava con un Amiga 1000 donato da Commodore a uno degli artisti di tendenza negli anni ottanta.
Per questo alcune opere digitali dell’artista americano sono venute alla luce solo adesso, salvate senza troppa organizzazione dentro floppy disk conservati per quasi trent’anni dall’Andy Warhol Museum e rese pubblicabili su Internet da membri del Carnegie Mellon University Computer Club e altri. L’intervento è stato certo più semplice di quello compiuto sul Cenacolo, ma non banale:

Venne formulato un piano per archiviare i contenuti dei floppy disk per salvarli dal degrado futuro: leggere i dischi a basso livello usando un apparecchio commerciale chiamato KryoFlux, capace di registrare cambiamenti di flusso magnetico e generare un insieme di dati il più possibile fedele a quelli originali.

Cambiano i metodi e gli strumenti ma resta la determinazione di storici dell’arte, archeologi e studiosi nel preservare ciò che si ritiene di valore nella produzione umana, non importa che sia di atomi o di bit, ed è un bel pensiero.
In fin dei conti la problematica della conservazione dei dati esiste da sempre e oggi si propone semplicemente a livello più capillare; non è raro incontrare famiglie dove sia abbia lasciato traccia di sé un Commodore 64 o uno ZX Spectrum, per fare nomi popolari, se non una console per videogiochi, e dove sia sorta l’esigenza di avere un emulatore per recuperare quel passato.
Avremmo evitato di spendere tempo e denaro per riportare alla luce cartucce da gioco di E.T. sepolte in discarica da Atari nel 1983 dopo la grande crisi del mercato dei videogiochi. Bene il patrimonio culturale, OK la retroinformatica, ma il gioco era davvero indecente. Che riposi in pace.

L'autore

  • Lucio Bragagnolo
    Lucio Bragagnolo è giornalista, divulgatore, produttore di contenuti, consulente in comunicazione e media. Si occupa di mondo Apple, informatica e nuove tecnologie con entusiasmo crescente. Nel tempo libero gioca di ruolo, legge, balbetta Lisp e pratica sport di squadra. È sposato felicemente con Stefania e padre apprendista di Lidia e Nive.

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