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Wargames: non è un film

16 Ottobre 2012

Wargames: non è un film

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L'idea di capacità belliche applicate a puro scopo difensivo, quando si combatte nel ciberspazio, è perdente a priori.

Jarno Limnell è un collega. Ha recentemente pubblicato un articolo intitolato Offensive Cyber Capabilities Need to be Built and Exposed Because of Deterrence, che per la chiarezza e la densità di informazioni merita più di una semplice segnalazione. Invito a leggere l’originale in lingua inglese oltre al riassunto che segue.

Il ciberspazio è ormai la quinta dimensione della guerra, in un momento in cui i confini tra guerra e pace sono sempre più sfumati. Dominare il mondo digitale può offrire un vantaggio strategico reale. Il successo nel ciberspazio però non dipende solo dalle capacità difensive:

Le capacità di ciberattacco costituiscono un elemento essenziale per il successo degli stati-nazione nella realtà presente e futura della sicurezza e degli affari internazionali. Difesa, reattività e attacco contribuiscono alla capacità complessiva di autoprotezione di una nazione. Servono tutte.

La teoria della deterrenza è stata sviluppata negli anni ’50 durante la corsa agli armamenti nucleari e ha funzionato. Questo approccio è meno efficace nel mondo digitale, per via dell’anonimato. Ma è possibile che il solo sospetto del possesso di una capacità possa avere effetti deterrenti.

Se uno stato-nazione vuole rappresentare una minaccia credibile per il proprio nemico deve almeno dichiarare la propria politica in tema di offesa e mostrare le proprie capacità. Questa politica avrà il ruolo delle regole di ingaggio ed è quello che sta succedendo già oggi.

Ci sono altri temi interessanti, come l’attribuzione della responsabilità di un attacco, e la necessità di un arsenale digitale ai fini della deterrenza. Assisteremo ad una corsa agli armamenti digitali?

Quello che oggi è uno scenario da guerrilla cambia infatti rapidamente:

Come ha dichiarato il generale a quattro stelle James Cartwright, “Dobbiamo alzare il livello del gioco; dobbiamo parlare delle nostre abilità offensive, esserne addestrati e renderle credibili, così che la gente sappia che rischi corre con noi”. Come accade nel mondo delle armi cinetiche, gli avversari devono sapere di che arsenale disponiamo. Per mostrare deterrenza, gli stati-nazione devono essere capaci di mostrare le proprie possibilità senza sacrificare il vantaggio della sorpresa, in difesa e all’offensiva.

Cosa pensare delle ciberesercitazioni condotte da diversi soggetti con generosa copertura della stampa?

Ma il punto sul quale vale la pena riflettere con maggiore attenzione nell’articolo è il ruolo dei civili. La frontiera del conflitto digitale è la società civile:

Le nazioni stanno mettendo a punto capacità di attacco cibernetico e inizieranno a usarle più apertamente. Se però l’opinione pubblica non capisce l’importanza di una difesa di cui fa parte anche l’offensiva, risulterà molto più difficile usare dichiaratamente queste armi allo scopo di rafforzare la ciberdeterrenza di una nazione. Se il pubblico arriva a capire la logica – e la serietà – della creazione di armi di attacco cibernetico, salirà la soglia del loro utilizzo, per via della comprensione generalizzata delle loro conseguenze devastanti. E con questa comprensione verrà ciò che serve più urgentemente oggi: la deterrenza.

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