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Neutralità della rete, la svolta moderata di Fcc

06 Dicembre 2010

Neutralità della rete, la svolta moderata di Fcc

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La Federal Communications Commission, per voce del suo presidente, apre clamorosamente alle posizioni di Google e Verizon, che l'estate scorsa si epressero in favore della possibilità per i gestori di discriminare il traffico sulle proprie reti

Prepariamoci a un futuro, tra il 2011 e il 2012, in cui i nostri operatori bloccheranno a loro piacimento qualsiasi tipo di traffico illegale. E quelli mobili manipoleranno anche il traffico legale dannoso per il proprio business. Un futuro in cui ci saranno servizi con qualità gestita dall’alto separati dalla normale internet. Facile previsione: gli indizi in questo senso ormai sono chiarissimi. L’ultima più importante conferma è arrivata qualche giorno fa, dagli Stati Uniti, che su questi temi della “neutralità della rete” hanno sempre fatto avanguardia. L’Fcc (l’authority delle telecomunicazioni americane) che finora è stata al mondo il più strenuo difensore della neutralità della rete ha appena anticipato i punti cardine della sua proposta di normativa, che sarà votata il 21 dicembre. Ricalcano in modo quasi pedissequo la proposta Google-Verizon, che tanto fece discutere ad agosto.

Non aspettiamoci alzate di scudi dall’Europa, contro questo destino. La commissione europea, il principale baluardo contro pratiche scorrette degli operatori, ha detto a novembre che non c’è bisogno di norme specifiche sulla neutralità della rete. Quindi, il percorso sembra tracciato: si andrà verso una neutralità della rete light, nella migliore delle ipotesi; nessuna neutralità, nella peggiore. Gli operatori e la loro visione di internet futura hanno prevalso nel cuore delle istituzioni internazionali. Come si è arrivati a questo punto? Il motivo di fondo è che a vincere è il mercato, le sue regole. Prevale la necessità di non dissuadere gli operatori dal fare i futuri investimenti miliardari nelle nuove reti a banda larghissima fissa e mobile.

Valori

Julius Genachowski, chairman di Fcc, nel suo discorso (qui integralmente) non cita nemmeno una volta la neutralità della rete. Ma parla comunque di valori che la ricordano: il bisogno di mantenere internet «libera e aperta». Affinché resti «una potente piattaforma per l’innovazione e la creazione di posti di lavoro». Lo scopo è anche di «proteggere la libera espressione», «aumentare la certezza (normativa) nel mercato» e «stimolare gli investimenti alle estremità e nel centro dei network banda larga». Genachowski tiene insieme due istanze che finora hanno fatto a pugni. Il nuovo framework normativo che sarà proposto il 21 dicembre serve a «difendere contro i rischi (di perdita di apertura e trasparenza di internet), mentre riconosce i bisogni e gli interessi legittimi dei provider banda larga».

È questo il punto cardine. Si va verso un compromesso. È fallito il piano di imporre agli operatori una neutralità della rete radicale, in cui non avrebbero potuto bloccare nessun tipo di traffico – a questo miravano le prime richieste di Fcc, anni fa. No, il nuovo framework è più moderato, «riconosce che i provider banda larga devono avere la capacità e gli incentivi a investire per costruire e gestire i propri network. L’accesso internet veloce universale è un obiettivo nazionale necessario che richiederà enormi (very substantial) investimenti privati nella nostra infrastruttura digitale del 21esimo secolo».

Quattro principi

Ecco quindi che il framework può essere riassunto in quattro principi, dice Genachowski. Il primo è la trasparenza. Consumatori e innovatori (termine con cui intende aziende fornitrici/ideatrici di servizi internet) hanno il diritto di conoscere «basic information» sul servizio banda larga, su come i network sono gestiti dagli operatori. Secondo, quei due soggetti «hanno il diritto di mandare e ricevere traffico internet legale, di andare dove vogliono e dire quello che vogliono online e di usare i device di propria scelta». La normativa proibirà quindi «il blocco di contenuti, applicazioni, servizi legali e la connessione, al network, di device non dannosi». Si noti che tutta la querelle sulla neutralità della rete è nata perché Fcc aveva proibito a Comcast di bloccare il traffico peer to peer degli utenti. Il quale è illegale, com’è noto, per la stragrande maggioranza dei byte trasmessi. Terzo: gli operatori non devono fare «discriminazioni irragionevoli» sul traffico. Fcc descriverà nei prossimi giorni che cosa sia «irragionevole», ma è probabile si riferisca a pratiche anti competitive quali rallentare i servizi di alcune aziende internet per favorire i propri o quelli dei propri partner. Prima si opponeva a qualsiasi tipo di discriminazione del traffico. Quarto: permette all’operatore il «network management», spiegando che è la possibilità di gestire la propria rete in modo intelligente, per evitarne la congestione e per bloccare il traffico dannoso.

Servizi mobili

Non è finita: Fcc aggiunge che la regolamentazione per i servizi mobili sarà più leggera (anche se ancora non dice in che modo), rispetto a quella per la rete fissa. Il motivo è che è a «uno stato meno avanzato di sviluppo». È lo stesso argomento utilizzato da Google e Verizon nella propria proposta a Fcc, quando chiedevano di esentare gli operatori mobili da regole sulla neutralità della rete. Certo, la rete mobile è più giovane di quella fissa, ma – si potrebbe obiettare – ha fatturati ormai maggiori e ha più utenti. La banda larga mobile sta rapidamente raggiungendo quella fissa, in numeri e copertura. Comunque, nessuna sorpresa che stavolta Fcc abbia ricevuto gli applausi da AT&T e Verizon.

La Commissione europea invece non farà leggi ad hoc sulla neutralità della rete; bastano quelle presenti nel telecoms package di futura applicazione, ha detto il commissario Neelie Kroes. Aggiunge che si limiterà a osservare il mercato, per evitare che gli operatori cadano in pratiche dannose per la concorrenza e l’innovazione. L’effetto pratico di questo osservare senza azioni preventive sarà probabilmente lo stesso del nuovo framework Fcc (se sarà approvato). E cioè consentirà agli operatori di ispezionare il traffico degli utenti – altrimenti come fanno a sapere quale è legale o dannoso al nework – e quindi bloccare quello che rientra in queste due categorie. I mobili potranno bloccare anche il VoIP (già lo fanno, in effetti), con tutta probabilità. Infine si apre la porta ai managed services richiesti da Google e Verizon: servizi innovativi, gestiti con qualità garantita end-to-end (dal fornitore all’utente, da un capo all’altro della rete), «distinti da internet» (come si legge nella proposta delle due aziende).

Dilemma

Anche i managed services rientrano nel bisogno di giustificare i forti investimenti richiesti dagli operatori. Il dilemma è lo stesso che abbiamo descritto ad agosto, cioè bisognerà scoprire se e quanto è rischioso questo nuovo modo gestito di fare innovazione. Così diverso da quello caotico, conosciuto (e apprezzato) finora su internet. La differenza, da agosto, è che le aziende come Google e Verizon stanno riuscendo a imporre la propria idea, nei piani delle istituzioni. Forse finirà il 21 dicembre la vecchia internet.

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