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Negli Usa l’auditel per la tv online: funzionerà?

23 Settembre 2009

Negli Usa l’auditel per la tv online: funzionerà?

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La crescita del consumo televisivo che non passa dalla tv ma dal pc è un fenomeno che sta diventando importante, soprattutto per chi pianifica pubblicità. Così negli Stati Uniti Nielsen inizia a misurare anche questo tipo di fruizione. Il problema, in realtà, è ben più vasto

Sappiamo perfettamente, anche perché continuano a dircelo, che la fruizione di contenuti televisivi a mezzo Internet continua a crescere. Fin qui, tutto sommato, sono delle belle chiacchiere da bar. Il duro mondo della pubblicità, e più specificamente dell’allocazione degli investimenti su questo o quel mezzo, in questa o quella fascia oraria, ha bisogno di ben altro per decidere dove mettere i milioni e milioni di euro dei budget pubblicitari a livello nazionale e globale.

L’inevitabilità della misurazione

Il ragionamento (per i non addetti ai lavori) è che si cerca di capire chi guarda che cosa per poterlo raggiungere; e quali sono i media che meglio raggiungono il nostro target con la maggiore efficacia economica. Il che implica che non sempre la tv è il mezzo giusto. Avere un’audience oceanica significa pagare per tante teste… ma se pago per occhi che non sono in target ho buttato i miei soldi. Quindi devo capire come pagare il meno possibile per raggiungere il meglio possibile solo le persone che sono il mio target. E spesso andare su mezzi più di nicchia.

Su questo concetto (ripeto, un pochino semplificato…) si basa l’industry pubblicitaria. E quindi le proposte dei politici che propongono di eliminare l’Auditel per migliorare la qualità della programmazione televisiva sembrano tradire una profonda ignoranza di come gira questo comparto economico o l’inevitabile demagogia tricolore. Che poi la televisione abbia un disperato bisogno di cambiare lo sostengo da sempre, anche perché ne abbiamo in primis un disperato bisogno noi telespettatori (o voi, telespettatori; io la tv la guardo sempre meno). E anche il business, visti i segnali di disaffezione verso il tubo non più catodico ma sempre televisivo, potrebbe trarre beneficio da un mezzo che sappia rinnovarsi. Lasciando dunque da parte proposte che equivalgono a chiedere alle aziende di buttare i soldi senza sapere bene dove e perché, veniamo al punto dell’articolo.

Misurare per capire

La situazione della fruizione di contenuti televisivi su internet negli Stati Uniti pare essere diventata talmente importante (il 25% delle famiglie americane, secondo Conference Board) che le aziende e i centri media sembrano aver deciso che si tratti di un fenomeno da non poter più ignorare – e dunque da misurare, per poter essere efficacemente pianificato. Il che potrebbe essere interpretato come un altro gran segnale della maturità che ha raggiunto il web. Non fosse per il fatto che il consumo di tv sembra essere fortemente attestato non verso nuove forme di comunicazione, ma verso i soliti contenuti, ritrasmessi on demand su un “tubo” più comodo . Per non parlare poi delle possibilità di offrire pubblicità personalizzata sulla IpTv… ma qui apriremmo un tema che ci vorrebbero altri tre articoli per approfondire.

Specificamente, Nielsen (il colosso delle rilevazioni di mercato) ha annunciato che  lancerà entro fine anno negli Stati Uniti un “auditel” per monitorare la “online television viewing audience”. Il servizio sarà inserito delle case del campione auditel americano in aggiunta al monitoraggio di chi la tv la guarda “normale” e di quelli che la guardano in differita (time-shifted). Si partirà da un piccolo campione, per poi arrivare al campione integrale (circa 230.000 famiglie) tra un paio d’anni. Così si vedrà, finalmente, quanto cuba davvero questa tv su internet e quindi anche quanto e come vale la pena di investirci dei soldi. Questo perché anche i grandi network televisivi tradizionali americani stanno mettendo fior fior di contenuti di pregio online, nel tentativo di catturare audience che fuggono dallo schermo classico a quello collegato in rete, da Hulu in poi, anche per fenomeni di cancellazione degli abbonamenti ai diffusissimi servizi via cavo (la recessione colpisce, e colpisce anche la tv).

In realtà è più complesso

Grattando sotto la superficie, però, ci si rende conto che il problema è ben più complicato e deriva da una evoluzione dei consumi dei media molto più complessi di un tempo. E di modelli di misurazione che appaiono sempre più inadeguati a dare indicazioni utili per gli investimenti in questo scenario. Tant’è che un gruppo di grandi aziende (che gestiscono budget di miliardi) hanno dato vita alla Coalition for Innovative Media Measurement, un gruppo che lavorerà (mettendo sotto pressione anche Nielsen & Co) per sviluppare metodologie in grado di misurare l’efficacia della pubblicità attraverso la pletora di canali e touchpoint con consumatore di oggi. Sostituendo sistemi ormai inadeguati a rappresentare la realtà di oggi e lavorando in un’ottica cross-mediale.

Anche perché, lo sappiamo bene noi che ci lavoriamo, è spesso proprio la mancanza di “numeri” a frenare molte aziende dall’investire su strumenti innovativi, non sentendosela di compiere atti di fede non supportati da cifre vendibili al proprio management.  Non sappiamo se e quando tutto questo arriverà in Italia, ma c’è da essere ottimisti (pur senza avere fretta): avere una fotografia della realtà, in termini di cifre è sempre utile – ma talvolta fuorviante.

Stando stretti sulla tv via web, ad esempio, c’è da domandarsi se funziona pianificare il web come la tv normale. Se avere questi dati ci aiuterà a capire le specificità di un marketing e di una pubblicità che tiene conto che la rete non è la tv. Che i nuovi strumenti hanno effetti “intangibli” che non sempre possono essere tradotti in numeri in uno spreadsheet. E soprattutto che il numero è troppo spesso un comodo paravento dietro cui nascondere la resistenza a pensare “nuovo”, a prendersi dei rischi imprenditoriali sani, a mettere in crisi e ridiscutere, in modo molto “liquido” tutto quello che fino a ieri sapevamo.

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