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L’analisi del sentiment controllerà le nostre opinioni

02 Gennaio 2007

L’analisi del sentiment controllerà le nostre opinioni

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Software semantici analizzano i testi per trarne il senso, migliorare i motori di ricerca o per dare al governo degli Stati Uniti indicazioni sull'immagine dell’America all'estero.

In inglese si chiama sentiment: è l’indicazione dello stato d’animo del mercato, di un gruppo di persone, di uno strato sociale. Da noi lo definiremmo capire che aria tira, non fosse che così facendo ci inibiremmo fortemente le possibilità di ipotizzare un corposo ritorno economico introducendo un po’ di esoterismo nel nostro servizio. E di soldi in ballo ce ne sono potenzialmente parecchi: capire lo stato d’animo degli investitori può dare preziose indicazioni sul futuro della borsa o di un titolo; analizzare cosa si dice di noi può farci capire molto sulle prospettive della nostra marca.

In effetti, essendo noi umani quello che siamo, tendiamo a parlare prima di fare e, sempre di più, a scrivere prima di agire. Proprio sul fronte dell’analisi degli scritti (soprattutto degli articoli giornalistici) si muove una parte importante dell’analisi del sentiment: per ridurre tempi, costi e aumentare il volume del materiale analizzato vengono sviluppati software in grado di valutare le opinioni espresse nei testi, il loro significato, senza accontentarsi delle semplici parole chiave. Questi software potrebbero avere in un futuro non molto prossimo un imprevedibile impatto sulle nostre vite.

La tecnologia alla base di quest’analisi semantica mira alla information extraction: i computer analizzano testi in linguaggio naturale per riuscirne a comprendere il senso e l’opinione espressa dall’autore. Sono in realtà decenni che si lavora su questo fronte, con codici che finora riescono a fare un qualche tipo di riassunto dei testi o evidenziare i “fatti” annegati in un mare di parole. Molto più complesso è invece cogliere il senso di un testo, estrapolare l’intenzione di un recensore che scrive «questo straordinario prodotto è la più grande invenzione umana dopo la ruota quadrata e ne avevamo bisogno come di un buco in testa».

Se un essere umano mediamente colto riesce a cogliere le sfumature, i software sono ancora un po’ tonti in quanto a ironia e figure retoriche, data anche la smisurata fantasia del genere umano nell’insultare il prossimo avendo cura di evitare una denuncia per diffamazione a mezzo stampa. Nonostante le difficoltà, il gioco vale la candela anche perché, se un analista umano può processare dieci testi all’ora, un software può macinarne dieci al secondo; così molte aziende stanno investendo in ricerca e alcune, come la britannica Corpora hanno già rilasciato prodotti desktop’ che dichiarano una precisione tra il 70% e l’80%. Questo tipo di soluzioni potrebbero cambiare profondamente l’approccio delle aziende all’analisi della stampa, dei blog e forum, tracciando l’evoluzione della percezione della marca. Potrebbero reinventare il ruolo dei motori di ricerca. Capire se un film è piaciuto o meno al pubblico Ma potrebbero fare anche altro.

Che cosa sia questo altro lo fa immaginare il succoso finanziamento (2.4 milioni di dollari) messo sul tavolo dall’Homeland Security Department a favore di un gruppo di università come Cornell, l’Università di Pittsburgh e l’Università dello Utah. L’obiettivo della sovvenzione è fare ricerca su software che possano permettere al governo americano di monitorare che cosa si dice nel mondo a proposito degli Stati Uniti, analizzando rapidamente un numero elevatissimo di fonti. Tanto per cambiare, la giustificazione data ha a che vedere con il terrorismo, con l’idea che l’analisi del sentiment possa aiutare le agenzie di intelligence a individuare «possibili rischi per la nazione», automatizzando un lavoro che da molti anni già si fa manualmente.

Come era prevedibile la notizia ha preoccupato il mondo giornalistico (io già tremo) e i difensori della privacy: e non ci vuole molto per pensare che questi software potrebbero essere incorporati in sistemi che controllino la nostra posta elettronica (ricordate Echelon?) o pensare, in tempi di crisi, a possibili colpi di mano informatici contro siti un po’ troppo “contro”. Ci vorrà comunque oltre un decennio perchè questo tipo di applicazioni possano vedere un impiego sul campo, quindi per un po’ possiamo stare tranquilli. Dopo, forse, dovremo stare più attenti a quello che scriveremo, dato che il computer potrà non solo decidere che la nostra faccia non gli piace ma che nemmeno le nostre opinioni gli vanno a genio.

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