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Non aprite quella porta

03 Maggio 2004

Non aprite quella porta

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Se pensate che ci sia un limite alla perversità della mente umana non vi siete mai lavati i denti con uno spazzolino USB

Non vorrei riaprire l’antica questione della responsabilità morale di scienziati e tecnologi in merito all’uso delle loro invenzioni. Certo è che quella che era nata come una semplice apertura del nostro computer al mondo esterno si è trasformata in una porta che si apre sui confini della realtà.

Tutto deriva dal fatto che la porta in questione, oltre a gestire lo scambio di bit, consente un comodo accesso all’alimentazione del nostro computer, permettendo alle periferiche di nutrirsi di energia senza necessità di fonti proprie. Abbiamo a disposizione un mezzo ampere a 5 volt, pari a 2,5 Watt. Sembrano pochi ma sono invece più che sufficienti per un’ampia gamma di aberrazioni (senza contare che con l’apposito “Twin Cable” possiamo succhiare corrente da due porte, raddoppiando il nostro volume di fuoco).

I primi tempi dopo l’introduzione della porta USB filarono abbastanza lisci.
Saggi progettisti inventarono periferiche che stavano nei limiti del buon senso e dell’etica – come tastiere, mouse, dischi fissi o stampanti, scanner e così via, per non parlare dello straordinario fenomeno delle macchine fotografiche digitali.

Le spietate leggi del mercato informatico, però, impongono una costante ricerca di innovazione, per poter vendere ai consumatori nuovi prodotti.

Di qui il nascere di oggetti innovativi da collegare alla porta in questione – ma che inizialmente all’innovatività sapevano coniugare una reale utilità.
In questa lodevole categoria possiamo enumerare i card reader per gestire le nostre foto digitali, gli Hard Disk allo stato solido, che in un portachiavi memorizzano il nostro backup, i cavi di alimentazione che permettono di ricaricare le esauste batterie di PDA e Cellulari (ma ce li possiamo anche autocostruire, vedi qui e qui), sensori GPS, terminali di identificazione biometrica (impronta digitale, o lettura della retina, secondo le preferenze), le lucette che ci permettono di lavorare anche al buio illuminando discretamente la nostra tastiera.

Ma si sa, l’innovazione è come la droga: il rischio è che si parta da quella leggera e si finisca nel tunnel. Avremmo dovuto capirlo già da tempo, quando hanno iniziato a comparire variazioni sul tema dell’Hard Disk allo stato solido.

Lo hanno ficcato dentro un coltello svizzero (che se ve lo dimenticate in tasca quando andate all’aeroporto, oltre al portachiavi vi fanno lasciar giù il backup degli ultimi 2 anni di lavoro), a un orologio (analogico) che funziona anche da memoria (digitale) o dentro una biro, per giocare a James Bond e copiarci discretamente i programmi da Pc lasciati incustoditi. Avremmo dovuto seriamente allarmarci quando è nato l’HD a forma di paperella di gomma (che si illumina), disponibile in sei fantasie e denominato “iduck“.

Ma forse ci siamo lasciati distrarre dal microscopio digitale (desktop oppure handheld) indispensabile per esplorare la magia di un bicchier d’acqua lasciato troppo tempo al sole. O forse è stata colpa del sintonizzatore TV che ha trasformato il nostro serio e produttivo PC nella finestra sul pernicioso mondo dei reality show. O dei late night show che ci fanno bivaccare in ufficio. Ma niente paura, al mattino ci diamo una passata con un rasoio USB e siamo come nuovi.

Insomma, una volta aperta questa porta, fu questione di poco assistere al dilagare di oggetti inquietanti. Come al solito non mancano le teorie della cospirazione. Anche se è difficile dire se davvero ci sia stato un disegno, è però significativo notare che molta della produzione di “periferiche” USB si raggruppa all’interno di un triangolo alchemico acqua/aria/fuoco.

Al vertice dell’aria troviamo il microventilatore e il purificatore d’aria (disponibile anche in modello portatile/ricaricabile, da appendere al collo, in modello mini, ideale per i subnotebook e nella versione con generatore di raggi della morte UV).

Nella congiunzione tra aria e fuoco possiamo posizionare il portacenere che filtra l’aria – cui volendo possiamo accoppiare un bruciaprofumo che si propone di rendere più piacevole e produttiva l’atmosfera o, se preferiamo, uno ionizzatore con cui neutralizzare i perniciosi ioni positivi emananti dal PowerPoint che dobbiamo terminare per domattina.

Nella zona del fuoco, la termocoperta per scaldare le ginocchia nelle fredde sere d’inverno passate davanti al PC (occhio che scarica la batteria in pochi minuti) o lo scaldatazze che potrà mantenere ragionevolmente tiepido il nostro caffè. Se poi soffriamo di Microfobia, (che non è la paura di Microsoft ma quella dei germi), il complesso militar-industriale dell’Estremo Oriente è pronto a venderci un mouse USB che ci sterilizza le mani.

Nella congiunzione tra fuoco e acqua ecco che troviamo l’asciugacapelli ed un inquietante cuocispaghetti giapponesi, che nessun nomade digitale d’ora in poi potrà evitare di includere nella propria valigetta portacomputer ed accessori.

Infine sotto il segno dell’acqua l’umidificatore o lo spazzolino da denti che invece di farci il sacrosanto favore di portarsi dietro le sue pile, pretende di attaccarsi alla batteria del nostro portatile. E mi immagino la comodità di portarsi l’accrocco notebook+cavo+spazzolino nel bagno dell’ufficio del cliente che stiamo visitando.

Proprio questo spazzolino ci fa riflettere sulla perversione di queste periferiche, anzi non le possiamo nemmeno definire periferiche; chiamiamole vampiri, visto che non interagiscono in alcun modo con la CPU, limitandosi a succhiare energia senza offrire nulla in cambio.

Se comunque c’è stato davvero un progetto alchemico/iniziatico nello sviluppo di “oggetti” USB powered, molto in fretta è stato totalmente sopraffatto dall’invasione orientale. Ormai sono crollate le dighe e la moralità della nostra società ne è minacciata.

Non ci credete? Che dire allora del massaggiatore USB, per lenire i dolori causati da lunghe sessioni di Doom o di File Maker Pro? O peggio ancora, del vibratore (sì, proprio quella roba lì) da collegare al computer?
Questo surreale oggetto al momento non è in alcun modo collegato al computer ma la casa produttrice starebbe lavorando alla versione 2.0, controllabile da tastiera, e successivamente per interfacciarlo con contenuti multimediali ad hoc o appositi file di comando (dall’estensione.vibr).

C’è da scommettere che qualche malintenzionato troverebbe presto modo di craccare i codici. Si rabbrividisce al pensiero di cosa potrebbe combinare il solito pirata se riuscisse ad impadronirsi del controllo a distanza di una siffatta periferica.

La corruzione della nostra società è chiaramente l’obiettivo di questi oggetti o di altri come la “plasma ball” USB, la luce da discoteca sincronizzata con l’uscita audio del computer, l’alberello di Natale a luci cangianti, in plastica acrilica trasparente.

E, per finire, non ci sono nel mio vocabolario termini adeguati per descrivere il mini HUB USB con sopra Hello Kitty – che muove testa e braccia in sintonia con il nostro digitare sulla tastiera. E che, non paga, ci disintegra ulteriormente gli zebedei parlandoci (in inglese o giapponese, a scelta) mentre lavoriamo e commettendo una serie di altre amenità che mi rifiuto di commentare. Mi viene voglia di connettere a questo Hub un Homer Simpson USB, soprammobile in grado di riconoscere “eventi” del computer e di pronunciare “frasi appropriate” a seconda di cosa stiamo facendo. E vorrei proprio vedere come si sviluppa la conversazione tra Kitty e Homer.

Ma ora basta. Quando è troppo è troppo. È ora di tirare il segnale d’allarme. E in questo ci aiuta il lampeggiatore USB (c’era da scommetterci).
Mi arrendo, abbandono la crociata. Ma se continua cosi temo proprio che la mia battuta preferita di fronte a computer superaccessoriati (“e il caffè, te lo fa il caffè?”) possa ricevere come risposta un “ma certo, vedi, si collega qui alla porta USB” (ma forse, anche per questo, è già troppo tardi).

Nota: anticipando sospetti e obiezioni, lo ammetto. Non tutti i prodotti citati esistono davvero; tra tutti, due, e solo due, sono delle bufale.

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