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Linux contro Windows: primo round

11 Ottobre 1999

Linux contro Windows: primo round

di

Dopo averne tanto sentito parlare Alberto Mari si è deciso e ha installato Linux sul suo PC. Ecco la cronaca dell'incontro ravvicinato col Pinguino.

Tutti ne parlano, tutti lo cercano. E così sono partito anch’io alla carica e ho deciso di affrontare il mostro. Sì, sto parlando di Linux, ovvero la bestia con 13 teste e 99 corna che si aggira nei sotterranei informatici e si nutre di utenti inermi. Pare che abbia la forza di un esercito e sia in grado, con un colpo di coda, di spazzare via grandi edifici commerciali. Si narra addirittura che sia nato dal fango, come un Golem, plasmato dalle parole espresse in un linguaggio oscuro, il C, pronunciate da una comunità di adepti.

Dopo una prima indagine su quali fossero le strade migliori per incontrare Linux, mi sono orientato verso la distribuzione Debian, dai più considerata come la strada dei “puristi”, la via maestra per l’Open Source. E così sono partito.

Dopo aver conquistato un vecchio computer, eufemismo per indicare un Pentium 133 di un anno e mezzo fa, ed essermi accertato che nulla del contenuto precedente aveva un qualche interesse per nessuno, ho inserito il CD della Debian reperito attraverso una rivista, e ho riavviato la macchina. Dal momento che il computer consente l’avvio da CD-ROM, lascio a lui la prima mossa. Io tengo le pedine nere e voglio studiare la strategia dell’avversario prima di muovere i miei pezzi chiave.

Tanto per cominciare occorre creare le partizioni dell’hard disk, scegliere il file system e inizializzarle. Sembra semplice, ma già da qui si capisce che con Linux ci troviamo in un altro pianeta. Anche per chi non è intimorito dalla riga di comando perché ha già provato a installare il DOS su un computer fresco fresco di fabbrica, il numero di possibilità offerte dal sistema è sconcertante. I file system supportati sono praticamente tutti, dalla vecchia FAT del DOS alla nuova FAT32, dal file system del Macintosh ad altri a me assolutamente ignoti.

Occorre quindi suddividere il disco in più partizioni in modo da assegnare ciascuna di esse a uno scopo diverso. Fortunatamente le spiegazioni non mancano. Per una volta tanto mi fermo a leggere le istruzioni che, per quanto in inglese, sono piuttosto chiare. Ogni tanto compaiono affermazioni del tipo: “Se volete fare X selezionate Sì. Se invece X non sapete nemmeno che cosa sia, selezionate No”. Si fa dello spirito, ma va bene, perché la zona panico è sempre vicina.

Occorre avere almeno due partizioni, una Linux e una Linux swap. Bella scoperta, diranno i linuxofili, ma per chi finora ha dialogato soltanto con Windows e per la prima volta mette le mani su una distribuzione armato di entusiasmo e pazienza, ogni scoperta è significativa. Create le partizioni e montate cominciano i messaggi stuzzicanti, come “Installazione del kernel in corso…”.

I problemi cominciano quando si devono scegliere i driver per le periferiche hardware. Il buon senso vorrebbe che, prima di iniziare l’installazione di qualunque sistema operativo, ci si procurino tutte le informazioni su marca, modello e versione delle periferiche installate. Scheda video, monitor, scheda audio, scheda di rete, mouse. Tuttavia spesso tali informazioni non sono disponibili, non sappiamo dove trovarle o semplicemente ce le dimentichiamo. Ci troviamo quindi nel bel mezzo dell’installazione di fronte a quesiti come: “Selezionare il modello della scheda video” senza sapere che pesci pigliare.

Sono queste le piccole cose su cui ha sempre campato Microsoft, ovvero la creazione di sistemi operativi Plug and Play, in grado di riconoscere automaticamente tutto l’hardware. Ma i troppi automatismi non vanno d’accordo con l’affidabilità, o così almeno ci dicono gli hacker che partecipano ai progetti open source su Linux. E allora ripartiamo.

L’installazione del solo kernel, senza pacchetti aggiuntivi, si conclude in breve tempo con l’impostazione dell’account “root”. Occorre, scegliere la password di massimo livello, che sarà conosciuta solo dagli amministratori di sistema, e che permette di fare qualsiasi cosa sul computer. Mentre su Windows 95/98 chiunque può fare di tutto (anche senza sapere quello che sta facendo), Linux possiede un sistema di sicurezza e di gestione delle autorizzazioni molto più sofisticato. Solamente alcuni utenti possono svolgere compiti di amministrazione del sistema di taglio avanzato. Per cui il primo passo è configurare l’utente di massimo livello, l’utente “root”. Dopo si potranno aggiungere altri utenti, come “alberto”, “enrico” e così via.

Scelte le password, il sistema è pronto per riavviarsi. Un processo di boot analogo a quello del DOS e dopo pochi istanti compare il prompt: “Login:”. Qui occorre scrivere il proprio nome utente, root in questo caso, e immediatamente dopo la password. Fatto.
Orrore. Un terrificante messaggio mi avvisa che il login è errato. Significa che ho sbagliato qualcosa nel nume utente o nella password. Provo e riprovo: nulla. Eppure la password l’ho scelta io pochi istanti prima, e ho dovuto confermarla per essere sicuro di averla inserita correttamente. Nulla da fare. E adesso? (continua)

L'autore

  • Alberto Mari
    Alberto Mari lavora col Web dal 1998. La passione per le tecnologie e una cultura umanistica l'hanno portato a occuparsi di editoria digitale e ebook.

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