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Vox, il blogging a misura di famiglia

20 Giugno 2006

Vox, il blogging a misura di famiglia

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La nuova piattaforma di Six Apart (TypePad, Movable Type, Live Journal) è dedicata ai meno esperti e rilancia l'uso del blog all'interno di una rete personale di contatti. L'abbiamo provata in anteprima

Quello dei blog è un fenomeno complesso: spazia dal sistema di pubblicazione a misura di individuo fino alle applicazioni aziendali, sfiorando il diarismo più estremo così come sperimentazioni avanzate di marketing virale. Nella declinazione molto modaiola, ma di sfacciato successo, che ne dà MySpace – oggi come oggi lo spazio sociale di riferimento sul web per milioni di giovani americani – il blog è poco più di una bandierina conficcata nel mezzo di una piazza immensa in cui è importante soprattutto esserci: stare vicino ai propri amici viene prima della condivisione delle proprie storie. In questo panorama arriva Vox, per ora in fase preview a invito: si tratta di una nuova iniziativa lanciata in questi giorni da Six Apart, la società che con il software Movable Type, la piattaforma di lusso TypePad e il pioniere della diaristica online LiveJournal si è posizionata ai vertici mondiali del mercato nel settore.

L’idea alla base di Vox (noto in precedenza come Project Comet) è semplice: prendere il miglior servizio per l’apertura di blog in circolazione, spogliarlo di ogni dotazione professionale, ridurlo alle funzioni essenziali (apri, scrivi, pubblica) e nel contempo inserirlo – in modo nativo – all’interno di un’applicazione basata sulla riproduzione online della rete sociale della persona. Il blog è il punto di presenza personale all’interno del quale ciascuno si esprime liberamente, pubblica foto e video, racconta quali libri sta leggendo e quale musica ascolta, mentre l’inserimento all’interno della rete sociale personale permette di rendere disponibili i contenuti a gruppi specifici di contatti. Ciascun membro è inserito in un vicinato (neighborhood) composto dai propri familiari, dai propri amici e dai conoscenti generici: il controllo di accesso avviene a livello di singolo post, che può essere ristretto ai soli familiari o agli amici se i contenuti sono considerati riservati dall’autore.

Vox nasce da due considerazioni: un numero consistente dei blog attivi nella blogosfera mondiale è privato, inaccessibile a chi non sia dotato di password oppure a chi non sia contemplato nella lista ristretta dell’autore. C’è voglia di esprimersi, ma la platea globale spaventa o infastidisce: per molte persone il sito personale è un modo al passo con i tempi per comunicare con la propria cerchia di pari, il resto interessa poco. L’altra considerazione è che il blogging coinvolge persone di ogni età e formazione informatica, a cui l’evoluzione degli strumenti mette in mano strumenti non sempre intuitivi di gestione dei contenuti: se TypePad già portava la complessità delle opzioni di personalizzazione a un livello di semplicità inedito, ora Vox ripensa la piattaforma per un pubblico differente, meno esigente ma anche meno alfabetizzato.

Apogeonline ha provato Vox in anteprima. L’impatto iniziale è molto positivo: la creazione dello spazio personale è semplice e immediata. Le richieste sono poche e il nuovo iscritto non viene assediato da scelte complesse, che vengono smaltite in modo automatico dalla piattaforma. I nuovi arrivati sono invitati a compilare un profilo personale basato su alcuni dati anagrafici essenziali, una breve biografia testuale e i riferimenti agli eventuali sistemi di messaggistica utilizzati: sono opzionali, ma utili per farsi conoscere o riconoscere dai propri contatti. I profili previsti per ora sono due, starter e standard: nel primo caso si può dare vita solo alla rete personale e commentare i contenuti altrui, nel secondo si può aprire anche il blog. La finestra dedicata alla composizione degli articoli è visuale e limitata alle formattazioni essenziali (grassetti, corsivi, colori, citazioni, punti elenco ecc.). Premendo alcuni bottoni ben visibili sopra l’area di composizione, si accede al caricamento guidato di fotografie, audio, video, libri e contenitori aperti per materiale multimediale monotematico (chiamati Collections). I file multimediali possono essere caricati dal computer locale, altrimenti è possibile recuperarli (senza nemmeno la necessità di particolari procedure di registrazione) dai propri account in Flickr, Photobucket, YouTube e Amazon.

La creazione del proprio neighborhood è quella tipica dei social network come Orkut, LinkedIn o Friendster. Si cercano gli amici già presenti e si invitano gli assenti, assegnando a ciascuno un livello di intimità. Come detto questo incide sulla pubblicazione dei post, se si desidera limitarne la visibilità, ma allo stesso tempo crea una sorta di giornale del vicinato che aggrega in automatico tutti i contenuti rilanciati dai propri contatti. A tutti i livelli è possibile utilizzare i tag (le parole chiave della folksonomy), grazie alle quali a ogni livello vengono proposti indici analitici dei contenuti condivisi. Infine, si può personalizzare l’aspetto della pagina, usufruendo di una versione molto ridotta ma ugualmente efficace delle autocomposizioni disponibili in TypePad. Senza toccare alcun codice di programmazione, si sceglie semplicemente una struttura di pagina (a una, due o tre colonne, in diverse disposizioni) e la si abbina a uno delle decine di temi disponibili, tutti di ottima qualità.

Dovendo trarne un giudizio complessivo – e ancora incompleto, almeno finché l’applicazione non raggiunge la soglia di iscritti sufficiente a farla correre a pieni giri – si può dire che Six Apart è riuscita nel compito di fare sintesi dell’esperienze più felici raccolte con le altre piattaforme del gruppo (in particolare, la facilità d’uso di TypePad e le dinamiche di comunità tipiche di Live Journal), rielaborando le funzionalità essenziali in uno strumento di facile accesso e molto amichevole nell’uso. Forse ancora non abbastanza semplice per essere a prova di analfabeta informatico, ma certo si tratta di un sostanzioso passo avanti in questa direzione. Per ora Vox è disponibile solo in inglese, ma è verosimile che l’interfaccia sia personalizzata in fretta a mano a mano che crescerà la penetrazione nei diversi Paesi. Si nota l’ispirazione del mercato statunitense, più maturo di quello europeo, ma il tentativo di strizzare l’occhio a chi già usa MySpace non impedisce di puntare sui contenuti prima ancora che sulla semplice presenza. Superata la fase di prova, Vox dovrebbe aprire ufficialmente il servizio a tutti gratuitamente, puntando su un modello di rientro dell’investimento basato soltanto sulla pubblicità.

L'autore

  • Sergio Maistrello
    Sergio Maistrello, giornalista professionista, segue da oltre 20 anni l'evoluzione di Internet e le sue implicazioni sull'informazione e sulla società. È docente a contratto di Giornalismo e nuovi media all’Università di Trieste e insegna New media al Master in Comunicazione della Scienza della Sissa.

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