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Voglio fare una strategia di comunicazione per il Food & Wine

23 Luglio 2021

Voglio fare una strategia di comunicazione per il Food & Wine

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Digitale e social hanno aiutato tante cantine a superare lo shock pandemico e possono ugualmente contribuire a creare rapporti sempre più proficui con un pubblico che può trovarsi ovunque, nel vigneto a degustare oppure a chilometri di distanza.

Di che cosa parliamo

  1. Come diventare professionali nella comunicazione online del vino
  2. Come comunicare il vino su Instagram fuori dagli stereotipi
  3. Chi comunica bene il vino in Rete
  4. Come (ri)organizzare la comunicazione di una cantina)
  5. Le caratteristiche di una comunicazione sul vino che funziona
  6. Anche nel 2021 una cantina può partire da zero con i social

1. Come diventare professionali nella comunicazione online del vino

A voler vedere il calice mezzo pieno, la tragica fase del lockdown ha portato qualcosa di positivo nel mondo del vino e del food. Ossia, un’accelerazione forte, improvvisa, spontanea, verso la digitalizzazione. Passato il momento dell’improvvisazione, occorre tuttavia un salto di qualità verso la professionalizzazione.

Si diventa professionali nella comunicazione online del vino prima di tutto scegliendo le piattaforme e gli strumenti migliori; non ce ne sono di migliori in assoluto, ma vanno tutti valutati, selezionati e calibrati per ogni realtà, a partire da quella imprescindibile: il sito web. Poi, creando un piano editoriale chiaro e coerente che metta in pratica la strategia di comunicazione e che tenga conto di obiettivi, risorse e budget.

Infine, comunicando il brand, i prodotti e i valori con una voce originale e personale, partendo dalla storia aziendale che è unica e va valorizzata nel modo migliore. Senza dimenticare l’interazione con i clienti e consumatori, da coltivare quotidianamente come si coltiva una pianta, per creare una relazione di fiducia che aiuti a difendersi anche durante eventuali crisi di comunicazione.

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2. Come comunicare il vino su Instagram fuori dagli stereotipi

Ci vuole una comunicazione che sia fluida, giovane e vicina al consumatore, ma che parta dalle basi: ottima conoscenza del vino. Una blogger e influencer americana, Amber LeBeau, ha scritto un anno fa un articolo che è diventato virale, per usare un termine ormai desueto, che si intitolava Why Do Winery Instagram Feeds Suck So Much? Perché i feed Instagram delle cantine fanno così schifo?

La risposta è la caduta negli stereotipi. Immagini banali, il grappolo al tramonto… l’estetica di una vigna è bellissima, ma è troppo facile cadere nella retorica dell’immagine, perché quell’immagine la abbiamo tutti in testa. Secondo dramma, quello che lei chiama il bottle porn, il porno da bottiglia, cioè creare un account Instagram che nella stragrande maggioranza dei casi altro non fa che far vedere bottiglie, etichette, etichette, bottiglie, bottiglie, etichette: il prodotto, il catalogo, la brochure aziendale.

Il modo migliore per fallire nella comunicazione social è trasformarla in una vetrina, dimenticarci che è un modo per conversare con i nostri follower, con i nostri clienti attuali e potenziali. Il suggerimento suo era far sì che in un feed le immagini siano di persone e di luoghi, metterci la faccia. Quindi, chi è che lavora in cantina? Chi è l’enologo? Chi è che va a potare all’alba? Queste cose sono in generale quelle che scaldano di più un account.

Sono anche cose che ho detto durante il webinar Parlare di vino in Rete: da dove partire? che ho tenuto per Apogeo Editore il 16 aprile 2021 in diretta Facebook.

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3. Chi comunica bene il vino in Rete

Chi fa bene comunicazione del vino in rete

Due Influencer del vino come Enoblogger e i ragazzi di Cantina Social mi piacciono molto da sempre e li ho citati anche nel mio libro. Li ho intervistati proprio per questo approccio tecnico, perché sono tutti sommelier o quasi tutti, hanno delle solide basi di studio del vino ma ne parlano in maniera davvero rinfrescante. Sono una boccata d’aria fresca e io lo dico da sommelier diplomata AIS di cui ho apprezzato e apprezzo i pro e i contro.

Cito sempre a questo proposito la famosa serie di video Second Cheapest Wine, dove c’è la classica scena della coppia al ristorante. Lui non ha idea di come scegliere e, per non sentirsi un cretino di fronte a lei, né spendere un capitale, né fare una brutta figura nel chiedere aiuto a un sommelier, ordina il secondo vino più economico. Per tanti anni il vino è stato comunicato nella direzione di questa parodia, con il risultato di allontanare la gente invece che avvicinarla.

”Vorrei il secondo vino più economico”.

Una comunicazione nuova può portare grandi risultati

Cito sempre anche l’amica Marilena Barbera, viticultrice di Menfi, Sicilia, orgogliosamente indipendente. Una piccola realtà che è arrivata a New York. Fa vini non direi difficili, ma con una serietà. Vini naturali, recupero di motdologie ancentrali. Non è il classico vino che soddisfa il gusto internazionale, è un vino che devi capirlo e comprenderlo per acquistarlo. Ecco, grazie a una comunicazione assolutamente sincera, trasparente, di cuore e personale, lei ci ha messo la faccia davvero. Ha funzionato.

Funziona anche tanto l’interazione continua. Mi viene in mente Tablas Creek, che è una realtà di Napa Valley che lavora su Instagram in maniera ottima e risponde costantemente a ogni domanda o sollecitazione.

In Italia è abbastanza facile parlare di realtà che vincono; per esempio, Frescobaldi lavora molto bene. Sulla sua pagina Facebook vedi che tutte le volte che viene menzionato il loro vino vanno a chiedere con cosa l’hai abbinato, con cosa l’hai bevuto. Piccole cose, ma ti fanno sentire che la pagina è abitata, è calda. Non è lì solo per venderti qualcosa, il vino, un’idea, il tour gastronomico; sembrano sinceramente interessati a te come consumatore. Questa cosa fa la differenza e si sente.

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4. Come (ri)organizzare la comunicazione di una cantina

Bella questione, molto complessa. È anche un grande classico, perché la stragrande maggioranza di cantine o produttori non è che non comunichi sui social; ha aperto magari tre o quattro canali di comunicazione perché così fan tutti e poi un po’ li ha abbandonati, un po’ non li ha seguiti, un po’ per mancanza di tempo, un po’ per mancanza di budget eccetera. Paradossalmente, quando mi chiamano per dire non abbiamo niente, fai tutto da zero è un paradiso. Più complicato è il momento guarda, abbiamo aperto ma a questo punto dopo un anno, due, non sappiamo bene da che parte stiamo andando, cosa facciamo? Tiriamo una riga, intanto. Primo step: verifichiamo se tutte le piattaforme che abbiamo aperto ci servono ancora. Io spesso ne faccio chiudere almeno un paio.

Perché bisogna fare i conti con le risorse che si hanno. Bisogna essere pragmatici. Abbiamo tutti tante velleità e tante ambizioni ma dobbiamo tenere presente che meno è meglio. Scegliamo una o due piattaforme, per dire, o anche più di due, ma ci siamo capiti. Quelle che sappiamo di poter gestire bene. Non abbiamo paura di chiudere dei canali di comunicazione, se non sono più adatti o non sono mai stati adatti a noi. Come li decidiamo, quelli più adatti a noi? In base al tipo di contenuto che abbiamo già in casa o che possiamo agevolmente procurarci. Banalmente, l’account Instagram, per il vino, funziona.

È visivo, è caldo, è empatico, ha la doppia possibilità dei feed e delle Stories, quindi possiamo giocarci tipi di contenuti diversi; genera molto engagement. È giovane, anche se non troppo, come Tiktok, dove il vino ancora si vede pochissimo.

Ma apriamo Instagram se possiamo procurarci splendide immagini. Da lì non si scappa, perché è la piattaforma social che più delle altre crea un’estetica impeccabile. Quindi dobbiamo investire sulle immagini.

Twitter e la comunicazione del vino: buono per l’estero

Se lavoriamo con l’estero, per esempio, è ottimo avere un account Twitter possibilmente in inglese, perché moltissimi professionisti del vino all’estero stanno su Twitter. Mi viene in mente Jancis Robinson, Master of Wine. Esperienza trentennale nel campo del vino. Lei in un’intervista mi ha detto so che dovrei stare su Instagram, ma nelle mie corde c’è Twitter. In Italia questa cosa invece non è molto sentita e Twitter, per quanto riguarda la comunicazione del vino, esiste, però non è la piattaforma che direi di aprire da zero.

Ripartire da una strategia

La comunicazione del vino non si improvvisa, ci si mette a tavolino e si crea una strategia. Di cosa voglio parlare? I macroargomenti. Ogni quanto voglio parlarne? Come interagisco con i miei stakeholder, quindi con i follower potenziali o attuali?

Che tipo di tono di voce voglio dare alla mia comunicazione? Possibilmente, integrata con il resto della comunicazione stessa. Si può anche decidere per esempio su Instagram, se i follower sono davvero pochi e le foto che ho messo sono davvero trascurabili, per non dire altro, di archiviare tutto e ricominciare da zero. Questo deve partire dalla struttura dell’account. Non si può prescindere dal guardare il proprio account con occhi nuovi e dire: ma il logo è bello? È chiaro? È leggibile? Ma le immagini che ho condiviso sono buone? Le informazioni di contatto ci sono tutte? C’è un link? Mi sono inventato un hashtag originale?

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5. Le caratteristiche di una comunicazione sul vino che funziona

Come direbbe il nostro amico e collega e Enrico Marchetto, un consiglio che vale sempre è test and track: provare, monitorare, riprovare, monitorare ancora eccetera. La comunicazione che funziona sui social media ha poi peculiarità e tratti in comune: è una comunicazione trasparente e sincera. Sui social media appare come sei e sbaglia chi pensa di riuscire a nascondere il vero sé dietro una tastiera.

Costruire valore con i valori

La comunicazione, soprattutto negli ultimi tempi, si deve anche basare sui valori e certo non solo per le aziende vitivinicole.

Oggi più che mai il consumatore e soprattutto i consumatori più giovani, quelli che dobbiamo cercare di catturare, sposano i valori dell’azienda più che comprarne solo un prodotto. Non basta più la qualità da sola; bisogna affiancarle un sistema valoriale esplicitato molto chiaramente. La comunicazione online è uno dei vettori principali per esplicitarlo.

Parlando di settore vitivinicolo, parliamo fondamentalmente di agricoltura. In questo campo la sostenibilità è una componente fondamentale dell’attività. Può essere declinata in tanti modi, come la riduzione dei fitofarmaci o il riciclo per esempio dei contenitori; l’importante è sia farlo bene che comunicarlo bene, sempre in modo trasparente e sincero, senza troppe concessioni al greenwashing.

Tecnica, coerenza e integrazione per una buona comunicazione

Poi, certo, ci vuole un minimo di tecnica, il che significa conoscere bene gli strumenti sui quali comunichiamo, conoscerne le potenzialità e conoscere le audience, perché un conto è comunicare alle persone che stanno su Facebook un conto è comunicare alle persone che stanno su Instagram. Quindi la comunicazione deve essere tagliata ad hoc sulle piattaforme.

La comunicazione deve essere infine coerente e integrata. Il mio sogno, raramente avveratosi, è vedere una comunicazione integrata e coerente per immagini e tono di voce, dalle brochure cartacee e dai dépliant, fino all’account Instagram. Cioè una comunicazione che sia chiaramente pensata e strategica. Spesso invece succede che magari apriamo account su questo e quel social in maniera del tutto scollegata dal resto della nostra comunicazione e allora l’azienda sembra un po’ schizofrenica, perché parla su canali diversi con toni di voce altrettanto diversi.

6. Anche nel 2021 una cantina può partire da zero con i social

Non solo è possibile, è anche fattibile.

Mirabeau sembra l’inizio di una commedia romantica: coppia di londinesi con tre figli piccoli, stanca del grigio e della pioggia, fugge in Provenza con il sogno di cambiare vita e creare un grande rosé. La differenza è che è tutto vero e ci sono riusciti.

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Per un’azienda vinicola relativamente giovane (fondata nel 2010), senza una lunga storia alle spalle, la comunicazione, soprattutto digitale, è stata particolarmente importante per farsi conoscere. Grazie anche ai video molto creativi del capofamiglia sul come aprire una bottiglia con qualunque oggetto a disposizione, da una scarpa a un’infradito di gomma (How to open a bottle of wine — without a corkscrew a gennaio 2020 contava quasi 12,5 milioni di visualizzazioni su YouTube), che dimostrano come si possa fare comunicazione in modo originale, divertente e perché no dissacrante senza danneggiare l’immagine di una cantina (anzi!).

Il video della scarpa-cavatappi ha generato oltre 12 milioni di visualizzazioni per Mirabeau.

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Immagine di apertura di Piotr Makowski su Unsplash.

L'autore

  • Barbara Sgarzi
    Barbara Sgarzi è giornalista professionista con oltre vent'anni di esperienza. Ha partecipato al lancio di Yahoo! Italia nel 1998 e da allora ha seguito l'evoluzione della comunicazione in Rete. Ha lavorato con Condé Nast e RCS Mediagroup, occupandosi della formazione delle redazioni all’uso dei media digitali, e con Google News Lab come Fellow Media Trainer. È sommelier AIS, ha tenuto speech e consulenze per produttori e comunicatori delle aziende vinicole e collaborato con il Social Media Team di Vinitaly. Scrive per Viniplus e per il sito AIS Milano, collabora ai social media di AIS Lombardia.

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