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Vittorie e problemi per la libertà d’informazione in USA

12 Aprile 2002

Vittorie e problemi per la libertà d’informazione in USA

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Tutelato l'anonimato degli acquirenti in una libreria del Colorado, mentre il Copyright Office continua a insidiare il webcasting.

Importante decisione a tutela della privacy quella raggiunta nei giorni scorsi dalla Corte Suprema del Colorado. Pur non riguardando direttamente l’ambito online, la sentenza vale parecchio nel contesto generale del libero accesso alle informazioni, vieppiù in questi periodi di aria pesante sulla scia della ‘guerra al terrorismo.’ Altrettanto importante la questione, tuttora aperta, sulle restrizioni tecnico-burocratiche proposte per il webcasting. Questione su cui interviene ora anche la Electronic Frontier Foundation.

Joyce Meskis, proprietario della libreria Tattered Cover di Denver non dovrà fornire gli estremi personali degli acquirenti di due volumi contenenti dettagliate istruzioni per realizzare sostanze illegali. La Corte Suprema ha così accettato — all’unanimità, 6-0 — la tesi dello stesso Meskis, secondo cui il primo emendamento sulla libertà d’espressione e la costituzione statale tutelano il diritto all’acquisto di libri in maniera anonima. Viene quindi ribaltata la sentenza di primo grado, che imponeva al libraio di fornire quei dati alle autorità locali impegnate nelle indagini antidroga (nello specifico, sulle tracce di laboratori abusivi per metanfetamine). Il caso, che si protraeva da circa due anni, era seguito con particolare attenzione dalla variegata area dell’informazione indipendente, che ha salutato con soddisfazione il successo di Tattered Cover.

Quest’ultima appartiene al circuito di librerie indipendenti riunite sotto Book Sense, il cui sito ospita in questi giorni reazioni e analisi sull’evento. Tra queste, Chris Finan, presidente dell’American Booksellers Foundation for Free Expression (ABFFE), ha sottolineato che la decisione “afferma con forza la tutela della privacy per i clienti delle librerie come elemento essenziale a protezione del free speech.” Nelle 53 pagine del dispositivo, la Corte ha infatti specificato come i mandati di perquisizione nei confronti dei librai per identificarne gli acquirenti, “minacciano di distruggere quell’anonimato su cui gli stessi acquirenti fanno pieno affidamento.” Pur se la decisione si applica soltanto al territorio del Colorado, è inevitabile finirà per influenzare eventuali casi analoghi, soprattutto alla luce delle disposizioni restrittive frettolosamente approvate dal Congresso all’indomani dell’11 settembre. Tra queste, una norma ad hoc consente all’FBI di perquisire senza ulteriori mandati le ricevute e i documenti di una libreria, incluso l’elenco dei titoli acquistati da particolari clienti. Uno scenario che ovviamente preoccupa i numerosi sostenitori del rispetto delle libertà civili, anche e soprattutto in questi tempi di crisi. E pur se è vero che finora non vanno segnalati eventi spiacevoli a seguito di tali norme, è sempre bene stare in guardia. In tal senso, la sentenza a favore di Tattered Cover porta un respiro di sollievo che non manca di diffondersi anche su Internet — lo dimostra, ad esempio, lo spazio dedicato alla notizia dal Free Expression Network

Altra battaglia in corso sulla privacy a cavallo tra media tradizionali e digitali rimane quella relativa al webcasting. Nelle ultime ore va registrato l’appello diffuso da EFF, Electronic Privacy Information Center (EPIC) e varie emittenti locali nei confronti dell’U.S. Copyright Office. Si chiede in pratica l’immediata modifica delle norme proposte sulle trasmissioni via web, onde tutelare la privacy degli ascoltatori e impedire al chiusura delle piccole stazioni per motivi economici. Come segnalato recentemente, sull’onda del controverso
Digital Millennium Copyright Act (DMCA), le radio-web rischiano di dover sborsare fior di quattrini per autori e case discografiche già proprietarie dei diritti ‘tradizionali’. Le stesse radio verrebbero inoltre chiamate a riempire cumuli di scartoffie per la stesura dell’elenco dettagliato dei pezzi musicali trasmessi via Internet, con tanto di nome dell’artista e della canzone, titolo e album, etichetta, numero di catalogo, data e orario della trasmissione. E se ancora non bastasse, chiarisce il comunicato congiunto, secondo il Copyright Office le emittenti dovrebbero perfino raccogliere e segnalare i dati personali sui singoli utenti sintonizzati online: paese d’origine, fuso orario e assegnazione di identificativi individuali. In particolare quest’ultimo punto rappresenterebbe una “violazione senza precedenti della privacy egli ascoltatori,” sottolinea Fred von Lohmann, avvocato sulla proprietà intellettuale per EFF. Si tratta di una normativa semi-nascosta nel dispositivo generale e a cui finora si è prestata poca attenzione, al contrario invece di quanto proposto dal Copyright Arbitration Royalty Panel (CARP) sulle tariffe per le royalty.

Al tutto vanno infine aggiunge le spese per la contabilità e il personale aggiuntivi necessari per adempiere alle nuove disposizioni. Spese certamente proibitive per piccole situazioni quali KFCF, vitale community radio dell’area di Fresno, in California, a nord-est della Sierra Nevada. Operando 24 ore al giorno con una potenza di 50.000 watt, questa si troverebbe infatti a pagare una cifra irrisoria (intorno ai 500 dollari annuali) per le nuove royalty dovute, mentre ammonta ad almeno 10-15.000 dollari la stima per il fondo supplementare per gli stipendi degli impiegati da assumere per garantire il disbrigo delle pratiche burocratiche. Ecco quindi che EFF lancia l’ennesimo appello, insieme al Fresno Free College Foundation, gestore di KFCF, e alla storica KPFA di Berkeley le cui trasmissioni vengono da questa rimbalzate. Un appello mirato ad attivare l’opposizione popolare alle proposte del Copyright Office (scadenza per l’inoltro dei commenti: 26 aprile). Ma soprattutto a tenere un po’ tutti ancora una volta all’erta riguardo la tutela della privacy e del free speech in ogni settore della comunicazione.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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