Alejandra è un’adolescente cilena. L’hanno trovata sotto le macerie, vittima del terremoto, con indosso la maglietta del suo gruppo musicale preferito, abbracciata a un loro poster. Il gruppo è quello dei Jonas Brothers, boy band uscita dal canale Disney Channel e che è entrata nelle vite di milioni di adolescenti in tutto il mondo. La storia di Alejandra la conoscono molti degli abitanti più giovani dei social network perché, per molte ore nei giorni scorsi, su Twitter uno dei trending topic era #ripalejandrajonas e ha accomunato in una grande cerimonia mediale attraverso la Rete i fan e gli stessi Jonas Brothers.
2 Marzo 6:31 PM
Sono stati proprio gli idoli che, attraverso il loro canale ufficiale e i profili di Nick e di Joe (due dei tre fratelli), hanno lanciato il topic scrivendo: #RIPAlejandraJonas and all the people of Chile our hearts go out to you. We love you. È bastato questo per accendere la comunità che ha usato la forma del retweet per rilanciarlo. Il retweet viene usato dalle comunità su Twitter, in particolare da quelli dei più giovani, in modo simbolico e strategico. Da una parte è una forma di riconoscimento di appartenenza al gruppo: il retweet era puro rilancio o con breve annotazione prima del RE, tipo I’m sad 🙁. Dall’altra ha la funzione di affermazione del gruppo, permettendo al topic scelto (#RIPAlejandraJonas) di scalare la classifica affermandosi come trending topic.
E così leggere il flusso di Tweet in lingue diverse, con ragazzi e ragazze che completano il loro nome aggiungendo “Jonas” – DixyJonas, daniela_jonas22 eccetera – e con le foto del profilo che mostrano uno dei tre fratelli Jonas, significa muoversi attraverso una realtà in cui da semplici spettatori i fan mostrano la loro natura di pubblici connessi, rilanciando la loro passione ma anche la loro voglia di mostrare le potenzialità dell’essere connessi. Molti messaggi chiedono esplicitamente, come se ce ne fosse bisogno, di rilanciare il topic scelto per farlo arrivare tra i primi e farlo permanere per più tempo possibile. Come fosse una candela digitale accesa, attorno alla quale stringersi, accomunati dalle loro vite da fan e dal desiderio di condividere un’esperienza mettendo in connessione, attraverso la Rete, le loro vite e quella di Alejandra: «I am glad to be part of the Jonas family. 🙂 we are made of strong, mature girls», ripetono come un mantra molti retweet. E quelle italiane: «Molto coraggiosa per morire con loro..li amava a tal punto che è stata la prima cosa a cui ha pensato prima di morire», «riposa semplicemente in pace,la tua famiglia è qui,chiede solo che tu possa essere felice,PER SEMPRE», «so che fa parte della nostra famiglia..siamo tutti una grande famiglia..e queste cose ti fanno rimanere sconvolta».
3 Marzo 4:55 PM
Ma le dinamiche del fandom si scatenano anche in momenti come questi. Così alcuni fan di Justin Bieber, altra baby star americana, “avversari” di topic di quelli dei Jonas Brothers, si inventano una vittima, Madison Bieber, creando un caso di hoax via Twitter che per alcune ore crea non solo confusione e indignazione, ma sovra stimolazione emotiva in Rete. La cosa dura pochissimo. Nella realtà dei pubblici connessi la reputazione è un requisito costitutivo, così immediatamente moltissimi tra i fan stessi di Justin Bieber cominciano a richiedere attraverso i loro Tweet di mostrare la loro postando: «ATTENTION!ATTENTION! ALL BIEBER FANS! Jonas fans are calling all of us heartless an hypocris. Pleas prove them wrong!RT #RIPAlejandraJonas».
E #RIPAlejandraJonas risale al #2.
Intanto la pagina Twitter di Alejandra, dove possono leggere il suo ultimo messaggio da fan «yA ME VOY. CHAU LAS QUIERO JONATICAS LOQUILLAS! 😀 123 ESTOY OFFLINE AHORITA ADIOS!», ha in poche ore una crescita esponenziale di followers (quasi 7.000), un gesto che mostra come la connessione assuma un valore simbolico forte, ad alta emotività. È solo nell’epoca in cui i social media consentono di mettere in connessione i contenuti generati dagli utenti in tempo reale che è possibile per una cerimonia mediale assumere le fattezze di una processione conversazionale. È fatta di un flusso di tweet che ti permettono di condividere e partecipare e di far corrispondere il tuo dolore emotivo allo scalare di una classifica: più twittiamo più il nostro topic sale. Perché il dolore (o un’emozione) all’epoca dei social network deve essere visibile, condiviso, accessibile, ricercabile e moltiplicabile.
4 Marzo 8:57 PM
A volte però emotività e precisione informativa non coincidono. I topic vengono rilanciati sulla fiducia del semplice appartenere ad un gruppo, fidandosi gli uni degli altri, lasciandosi trascinare più dall’emozione del momento che dal dubbio, confidando che la “connessione” sia di per sé un valore di autenticità. E la storia di Alejandra ci racconta anche questo, quando – dopo quasi 72 ore (o meglio: dopo quasi 3 giorni, se volessimo utilizzare una prospettiva biblica) – nel suo profilo Twitter compaiono due messaggi: «hola a todos, quiero desmentir lo de mi muerte!!!!! estoy viva!!! por favor quiero saber quien invento esto» e «el terremoto ha sido muy terrible pero estoy bien, gracias a Dios mi familia». Ai quali seguono altri due che parlano al pubblico connesso dei fan dei Jonas Brothers e agli stessi Jonas: «@Jonasbrothers hello, my name is Alejandra, I´m from Chile, sb said that I was dead, but obviously it is not true»; «My house is full of water, we are trying to survive, but I´m alive, thank you very much Jonas for your support, love you».
Una vera e propria resurrezione mediale. Che non soddisfa tutti. Tanto che le migliaia di follower acquisiti dubitano di chi realmente stia scrivendo, sospettano, chiedono prove. Ma nel giro di qualche tweet Alejandra, investita di tutta la popolarità che la Rete sa costruirti attorno, comincia a rispondere a distanza spiegando che adesso è ospite dallo zio, che sì lo zio ha internet e un computer sul quale scrivere, ma che no, non riesce ad andare a scattare foto della sua casa allagata. Alejandra scrive, scrive di sé e della gente del Cile e il suo racconto parla del dolore di una popolazione che ha perso tutto, che cerca di rialzarsi con dignità, che sente il calore della solidarietà del resto del mondo.
E alla fine, forse, quello che resta di tutta questa vicenda è proprio questo senso di solidarietà e il calore che scaturisce nello stringersi attorno ai tweet. Un calore digitale che i racconti connessi della Rete, tra ambiguità ed emotività, sembrano riaccendere.