A settembre dello scorso anno è stato annunciata da due gruppi di ricercatori la capacità di ingegnerizzare un virus influenzale del tipo H5N1 in modo da renderlo trasmissibile direttamente tra umani. La sigla stessa riporta alla mente la paura della grande pandemia e tutto quanto le ha fatto corona non molto tempo fa. Al momento della pubblicazione dello studio su Nature e Science, la National Science Advisory Board for Biosecurity (Nsabb) è intervenuta chiedendo di censurare pesantemente il testo sulla base del principio primo: non nuocere.
L’idea di non voler divulgare informazioni relative ad un virus che potrebbe avere effetti micidiali sulla popolazione mondiale può apparire comprensibile, così come paiono fondate le richieste di avere un’ampia discussione sul punto: il virus esiste, il rischio c’è… quindi cerchiamo almeno di conoscere meglio la situazione per predisporre eventuali contromisure. La situazione è controversa e il problema è il solito: si tratta di informazioni che possono essere utili o dannose, a seconda dell’uso che ne viene fatto.
Adesso immaginate di essere il responsabile della sicurezza informatica di uno dei due laboratori di ricerca. La certezza di un attacco mirato a ottenere le informazioni relative allo studio è totale. Se anche i laboratori non fossero stati compromessi in precedenza lo saranno adesso, visto che c’è un ottimo motivo!
Il problema delle informazioni relative al virus H5N1 è lo stesso problema che affrontano tutti i giorni le persone che si occupano di sicurezza. L’informazione può sempre essere usata in due modi diversi: per difendere o per offendere. Il dilemma relativo alla protezione di quelle informazioni che si muovono velocemente tra i tanti computer di un laboratorio di ricerca lo vedo come facilmente risolto: è una partita persa.