Questo articolo richiama contenuti dal webinar Parlare di vino in Rete: da dove partire? tenuto da Barbara Sgarzi per Apogeo Editore il 16 aprile 2021 in diretta Facebook.
Parlare di vino a più generazioni
Uno stereotipo vuole che l’interesse commerciale per il vino riguardi soprattutto le fasce di età più mature, e per questo potenzialmente più difficili da raggiungere e convincere per vie digitali.
È tutto relativo, perché in realtà il vino e in generale l’enogastronomia interessano moltissimo i millennial, che in tutte le ricerche di mercato in tema si autodefiniscono turisti enogastronomici e scelgono spesso destinazioni in cui inserire l’assaggio della specialità tipica. Apro una parentesi: a questo riguardo, con il nuovo turismo di prossimità, in Italia siamo a posto, perché credo che non ci sia paesino privo di una sua specialità enogastronomica.
Chiusa la parentesi, la risposta è no. Il vino non è una realtà che interessi solo le persone più agée e lo vediamo anche dagli influencer e dai wine influencer che spopolano su Instagram; non tutti, ma molti, sono spesso ragazzi molto giovani. Penso a Enoblogger, penso ai ragazzi di Cantina Social… sono tutti trentenni che parlano ai trentenni, araldi di un movimento molto forte di giovani che amano il vino. Certo amano il cocktail, amano la birra, ma non sono alieni dall’amare il vino e amano proprio un certo tipo di turismo, fortemente influenzati da influencer che hanno la loro età.
Amo molto citare questi influencer molto giovani, perché devo dire che stanno facendo molto per svecchiare la comunicazione del vino e uniscono a una grande competenza tecnica sull’uso delle piattaforme un linguaggio adeguato. Quello che manca, o mancava fino a poco tempo fa, era proprio una comunicazione giovane, che non ti allontanasse dal vino. Tutti abbiamo in testa la figura del sommelier rigidissimo che, quando ci possiamo permettere quelle due volte all’anno la cena nel ristorante di classe, ci fa sentire dei completi idioti perché non sappiamo leggere la carta dei vini.
Ecco, i nuovi giovani del vino stanno svecchiando fortemente questo tipo di comunicazione. I ragazzi ci sono, eccome; magari non staranno al momento spendendo molto ma non importa, nel senso che – come si dice – sono consumatori che si faranno.
I passi da compiere per (ri)organizzare la comunicazione di una cantina
Bella questione, molto complessa. È anche un grande classico, perché la stragrande maggioranza di cantine o produttori non è che non comunichi sui social; ha aperto magari tre o quattro canali di comunicazione perché così fan tutti e poi un po’ li ha abbandonati, un po’ non li ha seguiti, un po’ per mancanza di tempo, un po’ per mancanza di budget eccetera. Paradossalmente, quando mi chiamano per dire non abbiamo niente, fai tutto da zero è un paradiso. Più complicato è il momento guarda, abbiamo aperto ma a questo punto dopo un anno, due, non sappiamo bene da che parte stiamo andando, cosa facciamo? Tiriamo una riga, intanto. Primo step: verifichiamo se tutte le piattaforme che abbiamo aperto ci servono ancora. Io spesso ne faccio chiudere almeno un paio.
Perché bisogna fare i conti con le risorse che si hanno. Bisogna essere pragmatici. Abbiamo tutti tante velleità e tante ambizioni ma dobbiamo tenere presente che meno è meglio. Scegliamo una o due piattaforme, per dire, o anche più di due, ma ci siamo capiti. Quelle che sappiamo di poter gestire bene. Non abbiamo paura di chiudere dei canali di comunicazione, se non sono più adatti o non sono mai stati adatti a noi. Come li decidiamo, quelli più adatti a noi? In base al tipo di contenuto che abbiamo già in casa o che possiamo agevolmente procurarci. Banalmente, l’account Instagram, per il vino, funziona.
È visivo, è caldo, è empatico, ha la doppia possibilità dei feed e delle Stories, quindi possiamo giocarci tipi di contenuti diversi; genera molto engagement. È giovane, anche se non troppo, come Tiktok, dove il vino ancora si vede pochissimo.
Ma apriamo Instagram se possiamo procurarci splendide immagini. Da lì non si scappa, perché è la piattaforma social che più delle altre crea un’estetica impeccabile. Quindi dobbiamo investire sulle immagini.
Twitter e la comunicazione del vino: buono per l’estero
Twitter. Tanti mi chiedono di Twitter; lo amo molto in quanto giornalista e continuo a pensare che sia la piattaforma dove chiunque lavori nel mondo dell’informazione deve stare, anzi, più si aprono piattaforme nuove più io vado su Twitter. Quasi come una forma di difesa. Però, c’è un però.
Se lavoriamo con l’estero, per esempio, è ottimo avere un account Twitter possibilmente in inglese, perché moltissimi professionisti del vino all’estero stanno su Twitter. Mi viene in mente Jancis Robinson, Master of Wine. Esperienza trentennale nel campo del vino. Lei in un’intervista mi ha detto so che dovrei stare su Instagram, ma nelle mie corde c’è Twitter. In Italia questa cosa invece non è molto sentita e Twitter, per quanto riguarda la comunicazione del vino, esiste, però non è la piattaforma che direi di aprire da zero.
Ripartire da una strategia e chiudere quello che non funziona
Dicevo, si tira una riga; si chiudono le eventuali piattaforme che non funzionano, alle quali non riusciamo a stare dietro; quelle rimanenti si organizzano in maniera strategica con un piano editoriale. Non si improvvisa, ci si mette a tavolino e si crea una strategia. Di cosa voglio parlare? I macroargomenti. Ogni quanto voglio parlarne? Come interagisco con i miei stakeholder, quindi con i follower potenziali o attuali?
Che tipo di tono di voce voglio dare alla mia comunicazione? Possibilmente, integrata con il resto della comunicazione stessa. Si può anche decidere per esempio su Instagram, se i follower sono davvero pochi e le foto che ho messo sono davvero trascurabili, per non dire altro, di archiviare tutto e ricominciare da zero. Questo deve partire dalla struttura dell’account. Non si può prescindere dal guardare il proprio account con occhi nuovi e dire: ma il logo è bello? È chiaro? È leggibile? Ma le immagini che ho condiviso sono buone? Le informazioni di contatto ci sono tutte? C’è un link? Mi sono inventato un hashtag originale?
Partiamo proprio dal profilo che abbiamo creato; non trascuriamolo. Poi il piano editoriale, per condividere i contenuti. Le piattaforme sulle quali puntare? Sicuramente Instagram e poi Facebook, che è sempre too big to ignore. Dobbiamo però sapere di parlare a un pubblico over 50, che può andare bene, sicuro. Dobbiamo semplicemente essere consci di questo fatto e adeguare la comunicazione seguendo il tipo di audience. Infine serve un occhio a quello che sta succedendo nel campo audio; sappiamo tutti che Clubhouse è molto mediatizzato, più di quanto sia frequentato, però sta funzionando molto bene, continua a crescere, pone peraltro delle questioni non indifferenti dal punto di vista della privacy e della moderazione, che la piattaforma dovrà risolvere quanto prima.
Il ritorno della comunicazione audio
Ma ci sta riportando in qualche modo, dopo l’ubriacatura di immagini e video, al potere della parola detta, dell’audio, cosa che in fondo hanno fatto negli ultimi due anni anche i podcast. Quindi c’è una sorta di pattern verso il ritorno all’audio, no, alla radio per così dire, che non ha mai smesso poi di essere molto seguita, in barba ai social media e ai trend. Twitter sta lanciando mica per niente Spaces, che è di fatto una fotocopia di Clubhouse.
Un altro fatto importante sull’audio: è molto più facile da realizzare, da un certo punto di vista, del video. Non che un podcast ben fatto sia una sciocchezza; però, come ci si può immaginare, solo per il fatto di togliere le inquadrature, il trucco e parrucco e la location, abbiamo già ridotto di parecchio i problemi.
In definitiva, osserverei sempre con grande attenzione l’evoluzione di Instagram e intanto inizierei a riflettere molto sulla produzione di contenuti audio di valore.
Questo articolo richiama contenuti dal webinar Parlare di vino in Rete: da dove partire? tenuto da Barbara Sgarzi per Apogeo Editore il 16 aprile 2021 in diretta Facebook.
Immagine di apertura di The Creative Exchange su Unsplash.
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