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Video e computer game solo per un pubblico maturo?

17 Dicembre 2002

Video e computer game solo per un pubblico maturo?

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Interazione sociale in grande stile promessa da "Sims Online", nudità e violenza portano al successo "BMX XXX" e "Vice City".

Fine anno, stagione del grande shopping. Periodo ideale per il lancio di nuove pellicole, grandi libri e, attenzione, attesissime proposte per gli amanti del gaming. Con annesse problematiche ad ampio raggio. Tra i video game prosegue alla grande, ad esempio, il successo di titoli quali “BMX XXX” e “Grand Theft Auto: Vice City”. Ma entrambi vanno suscitando un vespaio di polemiche, inclusi il rifiuto di alcuni grossi rivenditori e le controversie nei livelli di rating. Ciò per via di nudità esplicite nel primo e di aspra violenza nel secondo. Senza contare che presto il settore vedrà l’arrivo di Playboy Enterprises. Nel frattempo, l’ambiente più sociale e socievole dei computer game attende in queste ore il lancio di “Sims Online”, versione interattiva del noto The Sims.

Evento quest’ultimo seguito con trepidazione non solo dai milioni di fan in ogni angolo del globo, ma anche e soprattutto dalla stessa industria. Gli esperti lo definiscono il primo, grande test per stabilire la portata di massa del gaming online. Nel senso che bisognerà vedere quante persone decideranno di sborsare 10 dollari a testa per giocare via internet. Il record spetta finora a “EverQuest” di Sony, con un pubblico vicino alle 500.000 unità, per 13 dollari al mese cadauno. Secondo proiezioni ottimiste, “Sims Online” vanta potenzialità per diverse milioni di abbonati. I dirigenti di Electronic Arts, azienda-madre della Maxis che firma la serie Sim, sperano in grandi ritorni dalle decine di milioni di dollari investite nell’operazione. E prevedono almeno 200.000 iscritti paganti entro fine marzo 2003. Dati alquanto verosimili, considerati i circa 8 milioni di persone che giocano regolarmente alla versione offline “The Sims”. E che non vedono l’ora di mettere alla prova le nuove idee del creatore Will Wright.

“Con ‘The Sims,’ le aspettative erano talmente minime che ogni elemento venne ricevuto positivamente,” spiega Wright. “Quello che rischiamo invece ora è il fallimento, perché tutti si aspettano un successo enorme. Fin dall’inizio la Electronic Arts ci ha detto che questo è il progetto di gran lunga più importante.” Vero, anche perché “The Sims” ha attirato un pubblico assai variegato, contrariamente al target di nicchia del gaming — oltre il 50 per cento sono donne, coperta ogni fascia di età. Ciò grazie ad uno stile narrativo unico che privilegia creatività e autogestione, mirate alla socializzazione più aperta. Dall’iniziale “SimCity” di anni addietro all’ultimo “The Sims”, l’intera serie ha attratto tutta quella gente non interessata ai giochi tradizionali in cui occorre seguire una serie prefissata di regole, né tantomeno a situazioni di violenza e competizione o ai giochi di ruolo tipici dei computer game odierni. In questo caso la carta vincente è quella dell’interazione sociale.

La quale troverà ulteriore sviluppo nella versione online, per allargarsi a migliaia di personaggi interamente controllati dall’utente. Con l’aggiunta di nuove funzioni quali un complesso sistema economico (stile free-market), strumenti per la creazione diretta di elementi ad hoc e chat room multiple. E i collaboratori di Wright enfatizzano che spetterà ai partecipanti creare ambienti ed aspettative interessanti. Alcuni esperti sottolineano però come il rischio maggiore sia quello di un boom iniziale seguito da abbandoni diffusi. “Siccome si tratta di ‘The Sims,’ vedremo parecchia gente sottoscrivere senza sapere cosa attendersi di preciso, e non pochi finiranno per rimanerne delusi. Questo il vero test per il successo di un gioco online: quante le persone che continueranno ad alimentarlo.” Così David Cole, presidente della società di ricerche DFC Intelligence.

Intanto c’è maretta nel mondo dei video game. In particolare per il target preferito, che si avvia ad essere il pubblico “maturo”. Non a caso Playboy ha appena annunciato la partnership con l’editore Arush Entertainment per la produzione di un primo titolo mainstream, con un coinvolgimento sempre maggiore nel gaming, prima per le consolle (PlayStation2, Xbox, GameCubee) e poi online. Un settore che va ampliandosi con il recente successo di titoli quali “BMX XXX” e “Grand Theft Auto: Vice City”. Prodotto da Acclaim, il primo mostra alcune ragazze in bicicletta in topless e propone sottintesi sessuali. Motivo per cui alcuni grossi rivenditori, tra cui Wal-Mart e Toys R Us, hanno deciso di non vendere il pacchetto nei propri negozi. L’azienda produttrice ha subito replicato come il video-game sia diretto ad un pubblico maggiorenne (sopra i 17 anni) e vuole esprimere uno schietto umorismo. Secondo Acclaim gli utenti degli anni ’80 ormai sono cresciuti e cercano tematiche più adulte. Da abbinare ad un sottile senso di humour, elementi cui si è ispirato il designer team di Hollywood appositamente ingaggiato. È così che l’Entertainment Software Ratings Board gli ha assegnato il rating “M”, ovvero destinato ad un pubblico maturo.

Il trend segue il successo della serie “Grand Theft Auto”, la cui terza puntata è stato il titolo più venduto nel 2001. Ora i produttori, Rock Star e Take Two Interactive, vanno capitalizzando su tale successo con il lancio di “Vice City,” ambientato negli anni ’80 e decisamente più violento. Non soltanto il giocatore può rubare e guidare ogni tipo di macchina nei panni di “Tommy the criminal.” Per completare la missione occorre far fuori diverse persone o picchiare ignari pedoni, tra l’abbondanza delle armi a disposizione e la grafica spesso brutale. Ma i produttori si affrettano a chiarire che non è certo questo il clou del gioco, perché ci si può comportare come un “buon cittadino” e seguire tutte le regole, divertendosi e perfino vincendo. Anche perché la qualità del tutto rimane elevata, come concordano le positive recensioni dei giri specializzati, pur se il rating lo limita ovviamente ai soli maggiorenni.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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