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Verso giornalismi differenziati e integrati

27 Dicembre 2006

Verso giornalismi differenziati e integrati

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Aggiornamento su scambi ed esperimenti in corso fra le testate tradizionali e blogosfera, social media, licenze aperte - inclusi BBC, New York Times e Wall Street Journal

Integrare le tecnologie Gps (per stabilire direzione, velocità, altitudine) con le multicapacità della telefonia mobile (foto, video, suono e testo) per la nuova ondata di citizen journalism. Questo l’esperimento appena avviato all’Università di Brighton, dove 18 studenti useranno un handset Nokia della Nseries e un device Gps Garmin Etrex per creare una galleria online mirata a «esplorare come in futuro le persone potranno usare questi strumenti per catturare e condividere storie multimediali». Collaborazione fra BBC Innovation e Ymogen, il progetto si affianca a un’altra notizia relativa al prestigioso network d’informazione britannico. Sta per partire la partnership con Azureus, client in BitTorrent, per la distribuzione negli Stati Uniti di spettacoli Tv e altre produzioni originali della BBC. Ciò avverrà tramite la nuova piattaforma Zudeo, servizio di file-sharing per video ad alta definizione e di qualità tipo Dvd.

Si tratta soltanto di due notizie dell’ultimora in quel diversificato percorso che sta portando alla ridefinizione del mondo dell’informazione alle prese con il magma continuo di internet. Dove un altro esempio recente è quello di BlogBurst, sistema made in Usa che ha stipulato accordi con USA Today e Reuters per la ridistribuzione delle migliori blog news curate dal proprio network: attualmente ne fanno parte 2.800 blogger (qualcuno riceve anche dei compensi), scelti in base a specifiche linee guida editoriali e solo se producono contenuti originali e di alta qualità. Secondo Eric Newman, General Manager di Pluck, azienda-madre di BlogBurst, si tratta di «una relazione benefica per entrambi i settori», notando altresì che tale «ridistribuzione allargata (meglio nota come Rss syndication) è un concetto-chiave per il futuro del giornalismo».

Analogamente, il New York Times ha avviato un servizio che consente ai lettori del proprio sito di inoltrare al volo i titoli dei pezzi più interessanti su Digg, Facebook e Newsvine. È la prima volta che una testata così prestigiosa offre “news-sharing tool” sul proprio sito; il quotidiano cartaceo è terzo per diffusione negli Usa, ma il sito è il più trafficato, con circa 10 milioni di visitatori unici al mese. La partnership «è una spinta tremenda per la credibilità e il marketing di Newsvine», ha sottolineato il Ceo Mike Davidson, sperando sia solo l’inizio di una «relazione ancor più significativa».

Oltre alle alleanze strategico-commerciali tra testate tradizionali e social media, va poi segnalata (altra notizia fresca) la decisione del conglomerato GateHouse Media di iniziare a diffondere i contenuti di gran parte delle sue testate sotto le licenze Creative Commons. Il gruppo possiede oltre 415 testate locali sparse per 18 stati e oltre 230 siti, raggiungendo circa 9 milioni di lettori a settimana, particolarmente concentrati sulla East Coast e nell’area di Boston. Dove tali licenze sono ora usate per il Watertown TAB e altri 95 giornali locali. Iniziativa importante, perché finora «nessuna catena o grande gruppo editoriale era arrivato a tanto», spiega Mia Garlick, responsabile della Creative Commons Foundation. Come sottolinea un intervento di Lisa Williams sul quotato blog PressThink di Jay Rosen, «rendere più facili – e legali – le ampie citazioni delle notizie da parte dei blogger significa che il loro pubblico finirà per puntare sul sito del giornale». Di nuovo, strategia vincente è la prospettiva dei vantaggi reciproci.

Qualche osservatore fa notare che quest’enfasi sul cosiddetto user-generated content va contribuendo, almeno in parte, alla crisi dei media mainstream statunitensi, con susseguenti tagli redazionali e altri ridimensionamenti in corso. È ad esempio il caso di Dan Kennedy, docente di giornalismo alla Northeastern University, il quale, rispetto all’operazione di GateHouse Media, si chiede: «sembra okay fare il copia e incolla di interi articoli: è davvero questo che vogliono?». Eppure il vento di cambiamento soffia perfino sul Wall Street Journal, il cui sito rimane tuttora uno dei pochissimi a pagamento e viene definito da Mark Glaser, non senza ragione, «l’antitesi del Web 2.0 e dell’innovazione online». Nell’ultimo anno però wsj.com ha preso a offrire blog, podcast e video report, oltre ai link di Technorati verso quei blogger che ne commentano gli articoli. Nonostante preoccupazioni su aspetti legali e sul business model, il managing editor Bill Grueskin, spiega che «abbiamo tutti preso nota delle potenza dei blog… ottimi strumenti per far crescere la comunità». Ancor più, dal prossimo due gennaio, il Wall Street Journal lancerà un’edizione cartacea più ridotta per ampliare invece le analisi e l’attualità sul sito.

A questi, che sono soltanto gli ultimissimi sviluppi della più ampia convergenza in corso tra forme innovative di giornalismo e l’informazione tradizionale (per virtù o necessità, poco importa), va infine aggiunta l’integrazione costante nell’uso dei media. È quanto si deduce dalla proiezione 2007 del Census Bureau statunitense, dove si prevede fra l’altro che la navigazione online supererà la lettura dei giornali: 195 ore contro 175 (per l’anno in corso siamo a 104 contro 201). Pur se complessivamente sarà l’intramontabile Tv saldamente al comando: 1.555 ore l’anno (incluso via cavo, HdTv e satellitare), seguita dalla radio (974 ore). Complessivamente nell’anno in arrivo gli americani useranno varie fonti d’informazione e intrattenimento per oltre 9,5 ore al giorno, inclusivo del multitasking contemporaneo tra la Tv e internet.

Ne consegue infine che la Rete sta diventare un medium mainstream a tutti gli effetti. Includendo (anzi, esaltando) le annesse proprietà interattive e la contaminazione continua. Lo ribadiscono proprio questi ultimi passi intrapresi da grandi testate internazionali, perché il punto è quello integrarsi al meglio con l’onda digitale e valorizzare i molti, emergenti giornalismi possibili.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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