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Utenti USA sempre più preoccupati dallo spam…

23 Giugno 2003

Utenti USA sempre più preoccupati dallo spam…

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...mentre i politici cercano di stringere i tempi per l'approvazione delle proposte più efficaci, sperando serva a qualcosa

Virus, spam, hacker. Queste nell’ordine le minacce più serie nell’uso di internet in USA, business incluso. Almeno secondo un recente sondaggio condotto tra i lettori di silicon.com che ha ottenuto 2.800 repliche. Di queste il 71 per cento rivela come maggiore preoccupazione la possibile arrivo sul proprio Pc di un qualche tipo di virus. Ma ciò non può certo considerarsi una sorpresa, come pure il continuo pericolo di intrusioni e attacchi di hacker o cracker vari, soprattutto per l’ambito imprenditoriale. Quel che gli esperti vanno sottolineando, invece, è la rampante percezione della junk e-mail come precisa minaccia all’uso quotidiano dello strumento-internet. L’impatto negativo delle e-mail indesiderate viene infatti indicato dagli utenti di silicon.com immediatamente alle spalle dei virus. Scenario che non pare sorprendere, tra gli altri, Kevin Chapman, dirigente di Symantec, azienda notoriamente impegnata nella produzione di software ad hoc relativo a tutti e tre fronti. Il quale punta anzi l’indice contro il fenomeno: “Oggi lo spam è andato ben oltre la soluzione semplice e rapida del ‘usa il tasto cancella e sparisce’. È diventato un problema davvero enorme.”

Non casualmente è l’imprenditoria medio-piccola a subirne le conseguenze più negative. A risentirne è la produttività dei singoli impiegati, costretti ogni giorno a dover fare i conti con montagne di e-mail non richieste, come pure le risorse dei network interni, illegalmente abusate. Lo conferma Martino Corbelli, direttore del marketing per SurfControl, produttore di appositi programmi-filtro: “Ampiezza di banda e spazio per l’archivio sono questioni cruciali le aziende. Si tratta di risorse tutt’altro che infinite e lo spam è qualcosa che sta facendo infuriare i responsabili aziendali dell’info-tech.” Ma al di là dell’impatto tecnico già pesante, il problema si estende all’ambito legale. Aggiunge Corbelli: “Parecchie di queste e-mail hanno contenuti del tutto inappropriati che possono portare a serie conseguenze giudiziarie per i datori di lavoro. Qualche impiegato potrebbe richiedere protezione contro messaggi pornografici, ad esempio, e talvolta potrebbero essere motivati alla denuncia nel caso il network aziendale non offra adeguata tutela contro tale spam.”

Se questa è l’ennesima istantanea, quali le soluzioni in vista? Come è noto, al momento la patata bollente è al vaglio dei parlamentari. L’ultima proposta legislativa arriva da un’insolita alleanza, il senatore democratico di New York Chuck Schumer e la super-conservativa Christian Coalition. Il nuovo disegno di legge introduce due importanti novità rispetto agli altri correntemente sul tappeto: l’istituzione di uno specifico elenco (“Do Not Spam” list) di utenti che non vogliono ricevere junk e-mail e la possibilità per i singoli di denunciare gli spammer con richieste di rimborsi fino a 1.000 dollari per messaggio ricevuto. Il corpo normativo, convenientemente chiamata Stop Pornography and Abusive Marketing (SPAM) Act, richiede altresì l’inserimento dell’acronimo “ADV”, per advertisement, pubblicità, nel subject delle e-mail. Articolo questo che ha prontamente suscitato l’opposizione dell’industria, in particolare la Direct Marketing Association, perché alcune entità (sul modello dei gruppi nonprofit già esenti) potrebbero facilmente ottenere delle esenzioni a tale articolo, sfavorendo così la concorrenza. Altre critiche riguardano il fatto che la stessa norma potrebbe finire per danneggiare servizi legittimi come gli “anonymous re-mailers”, anch’essi capisaldi della comunicazione online. In tal senso, gli esperti sottolineano il linguaggio eccessivamente ampio e generico della proposta Schumer sui server “iniziatori” dei singoli messaggi. Infine, le agenzie di marketing avrebbero comunque accesso all’elenco degli indirizzi degli utenti. E ciò costituisce un altro grosso rischio, dato che la lista potrebbe essere usata (meglio, abusata) nel caso finisse nelle mani di qualche male intenzionato.

Presentando lo SPAM Act, Roberta Combs, presidente della Christian Coalition of America ha sostenuto che la legge “farebbe molto per bloccare la schifezza della junk e-mail pornografica che i nostri figli e nipoti ricevono ogni giorno su internet”. Da parte sua, Schumer ha deciso di intervenire personalmente dopo essersi reso conto dell’inesistenza di leggi federali a punizione di simili pratiche, inclusa la marea di e-mail porno ricevute regolarmente dalla figlia quattordicenne. Da notare che la maggiore novità della proposta, le possibili denuncie dei riceventi contro singoli mittenti, se colti con le mani nel sacco, potranno essere presentate a livello statale e con richieste-danni fino a 1.000 dollari per ciascuna junk e-mail ricevuta. Non sarà però possibile portare in aula i provider internet, ignari o meno che siano dello spam partito dai propri server.

Insieme ad almeno altre quattro proposte anti-spam di prossima discussione al Congresso, il tutto denota la ferma volontà dei politici statunitensi di intervenire. Ma non pochi temono, tanto per cambiare, che qualunque norma verrà effettivamente approvata sarà comunque “too late, too little”. E nel caso della proposta Schumer esiste il rischio concreto di mettere la volpe a guardia del pollaio. Lo sostiene Ray Everett-Church, consulente per ePrivacyGroup.com nonché membro del direttivo di Coalition Against Unsolicited Commercial E-mail. Notando come la stesura dell’elenco “do not spam” sarebbe affidata alla Federal Trading Commission, che poi lo passerebbe alle stesse aziende di marketing “allo scopo di adeguarvisi,” l’esperto spiega: “Come è possibile esser certi che l’elenco non finisca in mani sbagliate? Se ciò dovesse accadere, costituirebbe un documento assai prezioso… per prevenirlo occorrono enormi risorse e grande sicurezza, prima che la gente possa affidarsi seriamente a una simile lista.” Senza infine dimenticare altri problemi più strettamente tecnici, poiché la proposta regolerebbe delle tecnologie specifiche, potendo così spingere verso possibili mutamenti di standard e protocolli. In particolare la contrapposizione tra indirizzi e-mail con “nomi di dominio” e gli indirizzi numerici, neppure considerati dal disegno legislativo.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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