Il 7 maggio 2003, la US District Court of Northern Georgia ha condannato Howard Camark di Buffalo, meglio noto come “Buffalo Spammer”, a pagare 16,4 milioni di dollari, a titolo di risarcimento danni, a EarthLink, il terzo fornitore d’accesso americano.
“Buffalo Spammer” aveva utilizzato delle carte di credito rubate per aprire centinaia di conti d’accesso a Internet e inviare 825 milioni di messaggi di posta elettronica non sollecitati di ogni genere.
Gli argomenti dei messaggi spaziavano tra i più svariati oggetti: dalla vendita di afrodisiaci o di prodotti per perdere peso, a metodi per diventare ricchi facilmente. Altri messaggi ancora esortavano ad inviare messaggi non sollecitati attraverso “Buffalo Spammer”.
Per non essere identificabile in alcun modo, il gruppo di “Buffalo Spammer” non utilizzava lo stesso indirizzo di posta elettronica per più di due giorni.
In totale, 343 indirizzi sono serviti come copertura per le loro operazioni di spamming.
La decisione si è fondata sulle disposizioni del Computer Fraud and Abuse Act, che consentono ai fornitori d’accesso a Internet di citare direttamente in giudizio coloro che si presume abbiano inviato numerosi messaggi di posta elettronica indesiderati e quelli per i quali la carta di utilizzo della fornitura d’accesso a Internet vieta un tale uso.
Questa, comunque, non è la prima decisione in materia. Già nel 2002, EarthLink aveva ottenuto la condanna a 25 milioni di dollari di uno spammer che aveva inviato un miliardo di e-mail. Nel 1998, allo stesso modo, un giudice aveva condannato “il re dello Spamming”, Sanford Wallace, a versare alla società 2 milioni di dollari.
Così come EarthLink, molti altri fornitori d’accesso hanno deciso di intraprendere la loro lotta contro lo spamming. Per esempio, il 25 ottobre 2002, anche AOL ha vinto la causa contro una società che inviava numerosi messaggi a contenuto pornografico.
Per EarthLink, l’importanza di questa pronuncia non riguarda tanto l’ammontare del risarcimento al quale lo spammer è stato condannato, quanto piuttosto l’interdizione dello stesso dall’inviare messaggi non sollecitati e dall’aiutare altri a farlo.
Oltre ad adire i tribunali, le società fornitrici d’accesso hanno deciso di intraprendere un’altra forma di lotta allo spamming, proponendo ai propri clienti soluzioni tecniche di filtraggio delle e-mail.