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Usa, la banda larga rallenta (e i prezzi non calano)

25 Agosto 2008

Usa, la banda larga rallenta (e i prezzi non calano)

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Il mercato della connettività americana sembra avvicinarsi a un punto di saturazione, ma la velocità rispetto al prezzo risulta modesta. E il dilemma è: abbassare i prezzi per includere più persone o aumentare la velocità e i costi per coloro che già ne usufruiscono?

La crescita della banda larga negli Stati Uniti pare aver raggiunto un momento di crisi che obbliga le aziende a una riflessione strategica, da cui molti sviluppi (non solo commerciali) potrebbero dipendere. Sebbene il 55% delle linee telefoniche americane sarebbe raggiunto dalla banda larga e la penetrazione arriverebbe a superare il 23%, infatti, i tassi di crescita risultano inferiori a quelli dell’anno precedente.

Secondo un report del LeichtmanResearch Group, nel secondo trimestre di quest’anno sono stati stipulati la metà di nuovi contratti rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso dalle compagnie telefoniche. I nuovi abbonamenti via cavo sono andati meglio, ma sono comunque in calo, con l’85% di nuovi abbonamenti rispetto all’anno precedente. Ciò giustifica i timori di possibile saturazione del mercato. Pare che molti cittadini non utilizzatori di questo servizio non sentano particolare esigenza di abbonarsi alla banda larga. Le ragioni potrebbero essere le stesse già analizzate per il contesto europeo (di cui abbiamo discusso in queste pagine), ovvero: la percezione che non sia necessaria, la mancata disponibilità del servizio in alcune zone e il prezzo eccessivamente alto per gli stipendi americani.

Il rapporto qualità-prezzo e il prezzo che non cala

Alcuni esperti però ritengono che la vera questione stia proprio nel rapporto fra qualità dell’offerta e prezzo. La rete a banda larga degli Stati Uniti è inaspettatamente lenta rispetto agli standard delle aree più avanzate del pianeta. La velocità media in download sarebbe infatti di soli 2,35 Mbps, un’inezia se confrontata con i 63,6 Mbps della Finlandia e i 21,7 Mbps del Giappone. Le aree del territorio americano con velocità davvero competitive sono poche e tutte concentrate sulla costa est. In particolare, le velocità mediane più alte sono registrate in due stati piccolissimi, Delaware e Rhode Island, con circa 6 Mbps in download e poco più di 1 Mbps in upload.

Davvero paradossale, invece, la situazione della California. A dispetto dell’elevato numero di attività hi-tech che lo caratterizza, lo stato occidentale ha una velocità di scaricamento media di 2,5 Mbps circa, il che lo colloca solo al 25° fra gli Stati dell’Unione. Al suo interno la velocità varia da zona a zona, con punte di 8,1 Mbps, ma anche con picchi negativi, proprio a Hollywood, di 0,5 Mbps. Per gli abbonati californiani i conti non tornano: questa velocità è infatti sensibilmente inferiore a quella nominale offerta dalle compagnie, che reclamizzano servizi con velocità compresa fra i 5 e i 20 Mbps. Velocità che però, come accade spesso, sono teoriche e dipendono dalla zona e dal numero di utenti connessi.

Alcuni analisti ritengono che le attuali offerte attorno ai 20 dollari mensili (più l’eventuale costo della linea fissa) per velocità così modeste siano poco competitive per il mercato di fascia bassa, e che, data la situazione economica complessiva, la soluzione per aumentare il tasso di abbonamento sarebbe di offrire servizi a velocità anche inferiori, ma abbassando i prezzi in modo da renderli abbordabili per gli stipendi medio-bassi. In fondo non a tutti servono 5Mbps

Se cala la domanda, aumentiamo l’offerta

La mossa delle aziende sembra invece quella di lavorare per aumentare la qualità dell’offerta, cioè la banda passante effettiva, da offrire in servizi premium di costo più alto. Di mungere cioè le mucche che sono già nella stalla, per usare una metafora cara ai cowboy d’oltreoceano. L’effetto di una tale politica sarebbe però deleterio per il digital-divide interno degli Stati Uniti: avremmo una minoranza di cittadini, la fascia più ricca della popolazione, connessa a velocità elevate, mentre le famiglie più povere dovrebbero accontentarsi del modem a 56 Kbps. Con tutte le conseguenze del caso: usare o non usare la banda larga cambia infatti qualitativamente l’uso della rete, e man mano che i servizi, anche pubblici, si spostano online, diventa un fattore di vantaggio o svantaggio sociale. Creando net-citizens di serie A e di serie B, insomma, le cui reciproche posizioni, invece di tendere progressivamente ad avvicinarsi, non farebbero che allontanarsi e stratificarsi infine in sempre maggiori difficoltà nell’accesso ai servizi, alle informazioni rilevanti, alla possibilità di usare la rete anche per instaurare relazioni attraverso le tecnologie più moderne.

Fattore di accesso democratico o selezionatore sociale?

La strategia delle aziende potrebbe tradire dunque il vero interesse strategico assegnato alla banda larga. I meno abbienti costituiscono un mercato non molto interessante (e comunque aggredibile in qualunque momento, una volta garantito un servizio premium agli altri). Mentre le fasce sociali più elevate potrebbero non soltanto pagare di più per connessioni più veloci, ma, finalmente, pagare per i contenuti e i servizi rapidi, la tv e la voce via Internet, e tutta una fascia di mercato dei contenuti che al momento ancora langue ma che trarrebbe giovamento dall’esistenza di una banda ultralarga.

La situazione potrebbe prefigurare un dilemma per le politiche commerciali e sociali non solo negli USA, ma anche in Europa, dove la penetrazione del broadband è in percentuale simile a quella statunitense, anche se da noi non si parla ancora di saturazione. Però da noi la velocità media è già più bassa di quella americana: solo 1 Mbps, con enormi differenziazioni al suo interno (e il mercato dei contenuti online ne soffre di conseguenza). Si sta lavorando da più parti per la costruzione di reti superveloci, mentre una parte rilevantissima della popolazione europea (40%) non ha mai navigato (dati ripresi dal report annuale della Commissione europea). Quelli americani, nonostante le differenze nella struttura del mercato, paiono insomma essere problemi che ci potremmo trovare ad affrontare prima o poi anche noi.

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