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Usa: deduzioni fiscali per il software libero?

29 Marzo 2006

Usa: deduzioni fiscali per il software libero?

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La proposta di uno sgravio del 20% a chi sviluppa codice aperto promette ritorni di rilievo per l´economia americana e per il settore del software. Le reazioni della comunità

Nei giorni scorsi il Center for American Progress, think-tank progressista con base in Washington, DC, ha lanciato una proposta che interessa direttamente l´ambito informatico, e che sta facendo discutere parecchio online. Sotto il titolo di An Open Source Tax Credit, il centro ha diffuso una ricerca che pone al governo statunitense una richiesta apparentemente inconsueta ma innovativa: la riduzione delle tasse per i singoli che si dedicano allo sviluppo di programmi open source. Definizione quest´ultima che più correttamente dovrebbe essere software libero, viste le ampie caratteristiche che vengono citate nella ricerca stessa (software che può essere liberamente scaricato e usato, con il codice visibile e modificabile dall´utente).

Un´idea che ha come obiettivo primario l´incoraggiamento dello sviluppo e della diffusione del codice aperto, nonché il livellamento del terreno tra l´ambito individuale e la moltitudine di software house esistenti. Secondo gli estensori della proposta, un simile tax credit avrebbe costi minimi per il Tesoro federale con il vantaggio invece, nei tempi medio-lunghi, di ampi ritorni per l´economia nazionale, e per quella software in particolare. Per non parlare della grossa spinta simbolica che una simile decisione offrirebbe soprattutto rispetto all´innovazione, elemento-chiave di questo settore trainante.

Il cuore del ragionamento seguito dai due esperti del centro che hanno redatto il documento, John Irons e Carl Malamudsi, si basa sul fatto che mentre le aziende e i liberi professionisti possono dedurre le spese connesse allo sviluppo di software libero o proprietario che sia, non così per i semplici individui. Questi ultimi, in altri termini, non hanno modo di scalare alcuna spesa relativa alle risorse utilizzate nel lavoro volontario di sviluppo di Free Libre Open Source Software, il quale andrebbe invece equiparato ad altre deduzioni e crediti riservati al singolo contribuente. Il valore del tempo donato da quest´ultimo non verrebbe calcolato, in maniera simile a quanto avviene per donazioni di beneficenza. Tuttavia le spese vive, tipo le tariffe per il web hosting, il deprezzamento di capitali in uso (computer, periferiche) e le spese di viaggio per partecipare a convegni legati allo sviluppo di software, e altri costi di base, andrebbero dedotti nella misura del 20%.

Le premesse cruciali di quest´iniziativa tornano altresì utili per ribadire la crescita positiva del settore: nel 2004 si stima che 1,2 milioni di cittadini statunitensi abbiano contributo in qualche modo a progetti open source—solo SourceForge.net, l´archivio più esteso, ne contiene oltre 100.000. Il software libero, spiega ancora il documento, è parte essenziale delle operazioni di centinaia di milioni di computer intorno al mondo ed è diventato il fulcro dell´infrastruttura di Internet. Senza contare che il codice aperto stimola la creazione di nuovi pacchetti anche in ambito proprietario, e viene usato negli ambiti più disparati. A fronte di questi aspetti positivi, esiste invece un chiaro squilibrio per quanto concerne gli incentivi fiscali tra le aziende for-profit e i singoli sviluppatori. E la Open Source Tax Credit mira proprio a riportare equilibrio in questo contesto.

Diffusa a ridosso della scadenza annuale per la denuncia dei redditi (negli Stati Uniti è il 15 aprile), la notizia ha attivato un´ampia serie di commenti, con una buona parte di addetti ai lavori che dimostra scetticismo sull´effettiva implementazione, pur lodando l´iniziativa in sé. Qualcuno propone invece al governo, nel caso dovesse essere d´accordo con la premessa di base del documento (l´importanza del software libero per l´economia) di commissionare progetti specifici ai programmatori. Analogamente, c´è chi si spinge più in là, suggerendo che tutto il software realizzato per il governo, o che comunque riceva fondi statali, venga rilasciato sotto una licenza copyleft o quantomeno compatibile con la GNU GPL.

La nota comunità di Slashdot non risparmia, come al solito, commenti assai motivati sul tax break, così viene scioltamente definita la proposta. C´è chi chiede quali sarebbe i criteri per essere ammessi alle deduzioni: gli sviluppatori che abbiano fornito contributi rilevanti? Oppure solo i lead developer? E, ampliando leggermente la questione, per chi dona il codice a un´organizzazione nonprofit, tipo la Free Software Foundation, ciò vale come somma deducibile al pari della beneficenza? Tutte domande rilevanti e dettagliate, a testimonianza dell´attenzione riservata dalla comunità a queste ed analoghe questioni economiche. Inclusa la doccia fredda che qualcun altro non esista a lanciare: «sembra più qualcosa di cui sia facile abusare, consentendo a qualsiasi programmatore di dedurre il 20% di tutto l´hardware che ha acquistato…. Oppure, vogliamo che sia il governo decidere cosa vada qualificato come open source e cosa no?»

Filone questo tutt´altro che nuovo, la poco gradita ingerenza governativa, il quale sfocia in un´argomentazione diffusa: qualsiasi tax break o sussidio statale è una cattiva idea perché offrirebbe al governo la scusa di poter controllare la direzione di qualsiasi progetto di Floss che possa arrivare a guadagnare qualcosa. E pone lo sviluppatore in una strana posizione nel caso quel software violi qualche norma vigente – scenario tutt´altro che utopico, viste ad esempio le restrizioni imposte dal Digital Rights Management e la relativa proliferazione online di programmi liberi e gratuiti atti ad aggirare tali restrizioni.

Comunque sia, l´attenta analisi del Center for American Progress ha il merito, tra gli altri, di lanciare una sorta di ponte tra i singoli programmatori, la comunità di sviluppo e le strutture politico-amministrative—e non è poco, in un settore high-tech troppo spesso dominato dai giganti e potentati. Oltre che suggerire delle linee-guide concrete per una tendenza che potrebbe trovare pratica applicazione in futuro, e non solo negli Stati Uniti. Ovviamente sempre tenendo conto degli opportuni suggerimenti “dal basso” e sfruttando al meglio l´idea di fondo per cui l´offerta di incentivi a sostegno del Floss finirebbe per incrementare l´efficienza economica del settore e finanche dei paesi coinvolti.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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