Circa una settimana fa ho sostenuto che chi, ancora oggi, si presenta alle imprese come esperto SEO è, bene che vada, uno di quei consulenti che si fan pagare per dire che ore sono guardando il vostro orologio. Viceversa, chi in azienda popola il sito di buoni contenuti è la persona che veramente può fare la differenza tra un sito non indicizzato e un sito che Google segnala volentieri, perché costui può fare un sito autorevole e ben scritto, che diverrà un sito popolare, che verrà stimato da Google (e non solo).
Vorrei ribadire il concetto affrontandolo da un altro punto di vista. Parliamo di indirizzi URL. Come formulare l’indirizzo migliore possibile per una pagina web? Alcuni esperti SEO (solo i peggiori, in verità) vociferano che per vendere torte al limone servano URL del tipo torte-limone.apogeonline.com/gustose-torte-limone/economiche-torte-limone/migliore-torta-limone.html. Come spiegavo la scorsa settimana, qualsiasi trucco destinato a convincere Google a indicizzare un sito meglio di quanto gli sia dovuto sulla base della sua autorevolezza è un trucco destinato a smettere di funzionare. Questo particolare mezzuccio, sappiatelo, ha smesso di funzionare nel 2003. È un fatto tipico:
Come ogni motore di ricerca, Google classifica le pagine di sua conoscenza mediante un sistema algoritmico. Tutti i motori applicano periodicamente cambiamenti ai propri algoritmi nell’intento di offrire risultati di ricerca migliori. Piccole modifiche possono produrre minime differenze, mentre grandi cambiamenti possono avere impatti spettacolari.
Una buona URL è gradita a Google, non dico di no, così come del resto è più amichevole verso gli esseri umani. Questi ultimi, per la verità, potrebbero anche non vederla: Apple, per dirne una, oggigiorno le nasconde non solo sugli iPhone dove lo schermo piccolo rende la cosa molto comprensibile, ma anche su iPad e persino su Mac.
Una buona URL è come un buon titolo per un articolo. Memorabile se possibile, significativa se possibile. Non ha alcun senso ripetere nella URL più e più volte le parole che si vorrebbe “spingere” su Google, ma menzionarle sì. (Da questo punto di vista, gli articolisti come il sottoscritto che amano usare giochi di parole per i titoli sono una disgrazia. Anche da altri punti di vista, stando a mia moglie, ma quello è un altro discorso).
Se vogliamo aiutare Google, bisogna imparare a farlo per bene. Per esempio, carissima La Stampa, mangiarsi le lettere accentate e titolare Legge di stabilit, tutte le novit è da incapaci. Non guasta togliere dalla URL quei termini, come gli articoli e le preposizioni e i verbi servili, che non dicono nulla a Google: il titolo Se non hanno il pane allora mangino https funziona meglio se viene reso come pane-mangino-https
, caro il mio WordPress. Non c’è bisogno di fare a mano, basta avere una blacklist di parole insignificanti per Google e applicarlo: si avranno assieme URL amichevoli e una memoria da elefante che diventeranno…