Altra grana in arrivo per Microsoft, che è stata citata in giudizio, il 30 settembre scorso, da una signora californiana che l’ha ritenuta responsabile per il furto dal suo PC, avvenuto -dice – via Internet, di suoi dati personali, tra cui nome, numero di sicurezza sociale, numero della carta di credito, ecc.
La signora imputa questa usurpazione di dati a Microsoft, essendo stata effettuata da un pirata informatico che, evidentemente, ha scoperto le falle del sistema operativo e di un software – entrambi prodotti da Microsoft – installati sul proprio computer. La ricorrente invoca, perciò, una legge californiana relativa alla protezione dei consumatori.
Nella denuncia, però, non figura il modus operandi del “ladro”, né il nome del software.
La ricorrente ha affermato che la posizione dominante di Microsoft nella produzione di software per PC rappresenta un rischio su scala mondiale per la sicurezza degli utenti, essendo Internet sempre minacciato “da guasti massivi, concatenanti a cascata”.
La cosa più fastidiosa per Microsoft, è che l’astuta signora californiana ha domandato che la sua azione venga qualificata come “ricorso collettivo” (class-action).
La ricorrente ha inoltre chiesto alla Corte che Microsoft venga condannata a migliorare l’attuale sistema con cui vengono comunicati i problemi di sicurezza che vengono riscontrati nei suoi prodotti.
Dal suo punto di vista, infatti, quest’ultimo risulta essere più nocivo che utile per gli utenti, perché ogni comunicazione di Microsoft è, in realtà, utilizzata innanzitutto dagli hacker, per scopi illeciti.