Di fronte alla perdurante e insoddisfatta domanda interna, l’Estonia ha lanciato da pochissimo l’iniziativa Tiigrihüppe (Balzo della Tigre), che prevede di esporre alla programmazione i bambini della scuola dell’obbligo, da subito, previa fornitura di formazione, equipaggiamento, materiali didattici online e organizzazione di competizioni per docenti e studenti, il tutto finanziato con abbondanza di fondi provenienti dall’Unione Europea.
È auspicabile che la programmazione diventi in pratica una disciplina di base, come l’italiano o le scienze? Per il no si schiera Jeff Atwood di Coding Horror, che in un post intitolato Per favore non imparate a programmare afferma:
I would no more urge everyone to learn programming than I would urge everyone to learn plumbing.
Dall’altra parte si trovano invece progetti come Hackasaurus della fondazione Mozilla e, per quanto non specificamente dirette ai piccoli, app come Codea di Two Lives Left.
Istintivamente direi il programmatore è un mestiere come l’idraulico (plumber), solo che tutti arriviamo volenti o nolenti (senza la scuola!) ad affrontare il rubinetto che gocciola, mentre oggi l’idraulico che ha bisogno di un sito non sa da dove cominciare.
Robert Heinlein, in Lazarus Long, l’immortale, era a favore, naturalmente a suo modo:
Un essere umano deve essere in grado di cambiare un pannolino, pianificare un’invasione, macellare un maiale, guidare una nave, progettare un edificio, scrivere un sonetto, tenere la contabilità, costruire un muro, aggiustare un osso rotto, confortare i moribondi, prendere ordini, dare ordini, collaborare, agire da solo, risolvere equazioni, analizzare un problema nuovo, raccogliere il letame, programmare un computer, cucinare un pasto saporito, battersi con efficienza, morire valorosamente. La specializzazione va bene per gli insetti.
Ma è così semplice?