Recentemente l’industria high-tech aveva fatto pressioni, coronate da successo, sul Congresso USA per l’approvazione di norme atte ad accrescere il numero di lavoratori stranieri. Si tratta di personale specializzato, per lo più programmatori e computer engineer, da impiegare temporaneamente nelle maggiori società informatiche con base all’interno del territorio nazionale. Ora la stessa industria sembra volerci ripensare e va analizzando meglio la questione. Secondo Paul Kostek, presidente di IEEE-USA, “i lavoratori dell’info-tech ci sono, ma non vengono utilizzati.” Anziché offrire training specifico ai propri impiegati, ad esempio, molte aziende preferiscono ricorrere a personale straniero. Ciò soprattutto per risparmiare tempo e investimenti, vista la tipica avversione imprenditoriale al training e all’aggiornamento della propria forza-lavoro.
Nel frattempo il Ministero del Lavoro pone il settore informatico e dell’elaborazione dati al primo posto della crescita industriale del decennio in corso (+ 117 per cento tra il 1998 e il 2008). Nello stesso periodo, le occupazioni specifiche in netta salita sarebbero, nell’ordine: computer engineer (+ 108 per cento), addetti all’assistenza informatica (+ 102 per cento), analisti di sistema (+ 94 per cento), amministratori di database (+ 77 per cento), specialisti di desktop publishing (+ 73 per cento).