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Un computer pieno di buon senso

03 Giugno 2002

Un computer pieno di buon senso

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Spiegare a cosa sta lavorando Chris McKinstry non è semplice e dire che il suo scopo è la creazione di una gigantesca banca dati di informazioni comuni a tutti gli abitanti della Terra può suonare piuttosto oscuro

Eppure, il progetto di questo ricercatore canadese, che lavora part-time all’osservatorio di Paranal, in Cile, è a dir poco affascinante perché, in realtà, McKinstry ha come obiettivo quello di rendere i nostri computer più intelligenti. Per farlo, secondo lui, è necessario iniziare a comunicare loro ciò che noi umani sappiamo.

La sua banca dati, alla quale sta lavorando in collaborazioni con migliaia di volontari che lo aiutano nell’impresa via Internet, contiene, semplicemente, le nostre conoscenze di base: l’acqua bagna, vero; il cielo è blu, vero; i cerchi sono quadrati, falso. Ognuna di queste affermazioni viene classificata come “item” (voce) o “mindpixel“, elemento di base dello spirito umano, e va a comporre la banca dati stessa. “Per pensare da soli – spiega McKinstry – i computer hanno bisogno di avere l’equivalente di ciò che noi chiamiamo il senso comune”.

Di conseguenza, un computer che pensa è un computer che impara e combina delle informazioni semplici per fare delle cose complicate. In realtà, non si possono costruire modelli matematici del comportamento o del pensiero umano; si tratta di processi troppo complessi e aleatori. Per arrivare a riprodurli, bisogna sperimentare altri metodi di ricerca, ed è quello che fa l’Intelligenza Artificiale: osservare come si comporta un essere umano in una data situazione, scomporre la sua azione o la sua riflessione in una serie di atti semplici, programmabili e gestibili da un software.

Nel 1994 Chris, da sempre affascinato dall’Intelligenza Artificiale, con l’aiuto del cognato, ha lanciato un primo progetto per raccogliere “items” su Internet. Dopo aver lasciato il Canada ed essersi stabilito in Cile, ne ha avviato un secondo, più complesso e affidabile, che ha battezzato GAC (pronunciare “jack”) che sta per “Generic Artificial Consciousness”. Tra una decina d’anni la banca dati potrà servire ad addestrare un sistema basato su una rete di neuroni per “mimare” l’essere umano. Christopher McKinstry spera addirittura che una rete di neuroni “formata” da GAC sia, in futuro, indistinguibile da un essere umano quando si tratti di rispondere “sì” o “no” a una precisa domanda. Anche nel caso in cui GAC – ed è questa la cosa più importante – non abbia avuto modo di confrontarsi con la domanda precedentemente.
Uno degli aspetti più affascinanti del progetto Mindpixel è che chiunque può partecipare dando il suo contributo.

È sufficiente recarsi sul sito, registrarsi e quindi iniziare a “parlare” con GAC. Attenzione però, perché la banca dati raccoglie solo informazioni di buon senso (o senso comune); le domande devono prevedere le stesse risposte da parte di tutti. Per esempio, domande o affermazioni come “Sono bello?” oppure “Io sono il più bello”, non saranno convalidate, l’autore verrà identificato e gli sarà interdetto l’accesso in caso di recidiva.

Chris McKinstry non è il solo a lavorare a un progetto di questo tipo e il programma Openmind, lanciato più o meno nello stesso periodo, ha obiettivi simili. Così come il progetto di ricerca di Push Singh del Media Lab di Boston. Anche lui canadese e, come McKinstry, da sempre affascinato dall’Intelligenza Artificiale, Singh, di origini indiane, ha elaborato un sistema le cui informazioni sono “open source”, cioè chiunque può scaricarle e utilizzarle, rispettando poche e semplici regole. Inoltre, non raccoglie informazioni su fatti, ma storie e immagini. In realtà, gli obiettivi dei due ricercatori sono identici, tanto che hanno deciso, con molta intelligenza, di mettere in comune gli “items” raccolti nelle rispettive banche dati.

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