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Un atlante della cultura

15 Novembre 2013

Un atlante della cultura

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L'ambizione di una piattaforma che vuole combattere la dispersione delle idee e della realtà generando flussi informativi.

Open Culture Atlas è il nuovo progetto del magazine online Tropico del libro: una mappa delle persone, dei luoghi e degli eventi della cultura in Italia. Ne abbiamo chiesto ragione a Francesca Santarelli, cofondatrice di Tropico.

Quale problema volete risolvere grazie a Open Culture Atlas?

La dispersione. In pratica rilanciamo, visto che Tropico del Libro è nato due anni fa con lo stesso obiettivo. A essere dispersa è la cultura, come un bagnante su una spiaggia affollata, mentre l’altoparlante lo richiama invano: Open Culture Atlas è la nostra incursione sul territorio – sempre passando dal web – con l’obiettivo di andarla a recuperare prima che sia troppo tardi.

Le parole d’ordine oggi sono fare rete e immaginare: provare a farle combaciare è complicato, considerata l’assenza delle istituzioni. Le cose stanno cambiando? Spiacenti, non ci crediamo. Ci si è rassegnati a fare da soli, tramite libera iniziativa dal basso. Ed è meglio continuare a insistere, reclamando quanto meno quel che la cosa pubblica potrebbe dare senza troppo sforzo: spazi abbandonati da riconvertire, per cominciare.

Non utilizzare una ricchezza che si possiede è colpevole. Ancora non si intravedono all’orizzonte serie politiche di valorizzazione della cultura, minacciata da uno statalismo che sceglie sempre i soliti noti – concentrando le poche risorse messe sul piatto in pochissime mani – o un neoliberismo che la pretende identica a qualsiasi altro prodotto, un barattolo su uno scaffale.

Open Culture Atlas è appena nato, ma già aggrega informazioni.

Open Culture Atlas è appena nato, ma già aggrega informazioni.

I grandi gruppi editoriali affondano e come reagiscono? Lanciano in acqua il loro canotto di salvataggio con l’illusione che resti a galla soltanto perché col pennarello ci hanno scritto sopra io galleggio. Questo per dire che in Italia abbiamo un problema legato ai manager della cultura, che sono poi quelli che influenzano le politiche pubbliche: non lo diciamo noi, lo dicono sindacati e ricerche internazionali sul mercato del lavoro.

L’atlante mostra dove e come pullula di vita culturale il Paese: cultura è un nome collettivo, che include opportunità e problematiche, e solo una visione d’insieme e allo stesso tempo «profonda» può aiutare a gestirla al meglio. Luoghi, eventi e persone interessate a essa a qualsiasi titolo possono ribadire quale spazio occupano, ma senza perdere mai una visione comunitaria che renda più facile immaginare alleanze. Tropico del Libro, che tra pochi giorni sarà ufficializzata come associazione culturale no profit, a sua volta non vede l’ora di stringerne.

Open Culture Atlas ha un modello di business?

Contiamo su cinque linee di intervento: aprire l’associazione a soci sostenitori; stabilire partenariati e sponsorizzazioni etiche; cercare di vincere bandi; percepire una percentuale sulla vendita di prodotti culturali che su Atlas hanno una vetrina (libri, ingressi ai festival e conferenze, ma anche altro).

Quali caratteristiche devono avere gli eventi, i luoghi e le persone che vengono inserite su Open Culture Atlas?

Forti dell’esperienza di Tropico del Libro e per avere un primo banco di prova, abbiamo deciso di partire con una versione dedicata all’editoria. Presto creeremo sinergie con altri settori della cultura e con altri paesi.

Abbiamo scelto di permettere e promuovere una visione il più possibile completa della produzione culturale europea: tutti possono inserire tutto, sì, ma con un controllo nostro volto a tenere in ordine i contenuti. Quindi, piattaforma orizzontale ma curata, e non solo come moderazione formale: la redazione di Tropico del Libro e Open Culture Atlas infatti cucirà in una fase successiva particolari percorsi di lettura a partire da quella base dati, valorizzando i migliori eventi e luoghi e iniziative, secondo i valori della sostenibilità (culturale, sociale, ecologica, economica).

Ultimo dettaglio, sulle persone: ad Atlas si possono iscrivere solo singoli con il loro nome e cognome vero. Unica eccezione, le associazioni di promozione della lettura, quelle di categoria, e le riviste e blog letterari. Ovvero tutte quelle realtà che agiscono collettivamente. Questo per permettere una relazione diretta tra persone e non marchi e allo stesso tempo valorizzare chi riesce a fare rete.

Come sono strutturate le informazioni raccolte? È possibile esportare i dati per altri utilizzi?

Tutto il flusso di informazione immesso è organizzato in tre macrocategorie – eventi, luoghi, persone – con relative tipologie-categorie. I dati sono in formato MySQL e la possibilità tecnica di esportarli va costruita, non esiste da sé o con un clic e richiede non poco sforzo. Una volta entrato a regime il progetto avremo spero il tempo di poter valutare bene, e provvedervi anche a seconda delle eventuali richieste specifiche che dovessero pervenirci. In caso di esportazione verrà scelto il formato più opportuno in relazione all’utilizzo che sarà previsto.

Già ora tuttavia stiamo immaginando di contribuire all’arricchimento del database di OpenStreetMap con mapping party sulla falsariga di quelli già organizzati da alcuni membri della comunità… ma per ora non possiamo dire di più.

Open Culture Atlas mi sembra un ottimo esempio di piattaforma, nel senso migliore del termine. Intendete dare la possibilità di costruire applicazioni che partono da Open Culture Atlas, magari mettendo a disposizione una API?

Manda a dire l’ironico nostro sviluppatore, Massimo Ciccolini:

Se ci fossero quindici persone al mio posto, potremmo pensarci. Se poi giungessero richieste specifiche, potremmo ragionarci.

Ecco, abbiamo appena cominciato.

L'autore

  • Ivan Rachieli
    Ivan Rachieli, 30 anni, laurea in letteratura russa, master in editoria. Ha lavorato in GeMS con gli ebook, e in ZephirWorks con le applicazioni web. Un giorno mollerà tutto e se ne andrà sul lago Bajkal, per dedicarsi finalmente alle cose serie, come ad esempio la caccia col falcone. Se avete voglia di conoscerlo meglio, potete fare due chiacchiere con lui su Twitter @iscarlets o leggere il suo blog.

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